Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5646 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23924/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, domiciliazione telematica in atti
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliati per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (NGLDNT48P16G482G), domiciliazione telematica in atti
– controricorrenti –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di L’AQUILA n. 1332/2019 depositata il 26/07/2019.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 7/11/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME proprietari di diversi immobili in Caramanico Terme, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pescara, l’ANAS affermando che i lavori stradali dalla stessa effettuati per una variante in galleria, per il collegamento tra i due paesi di Caramanico terme e S. Eufemia a Maiella, avevano provocato ingenti danni ai detti loro beni.
LRAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio e resistette alla domanda.
Il Tribunale, espletata l’istruttoria testimoniale e una consulenza tecnica di ufficio, con la sentenza n. 85 del 30/07/2013, accolse la domanda e condannò l’ANAS S.p.a. al pagamento, in favore degli attori COGNOME e a titolo di risarcimento dei danni, della somma di euro 479.899,10, oltre che della somma di euro 2.800,00, nonché alla corresponsione della rivalutazione monetaria e degli interessi legali come precisato in quella sentenza.
La sentenza venne appellata dall’RAGIONE_SOCIALE e i COGNOME resistettero all’impugnazione e proposero appello incidentale.
La Corte d’appello di L’Aquila ha, con la sentenza n. 1332 del 26/07/2019, rigettato l’impugnazione principale e accolt o quella incidentale, liquidando ai COGNOME–COGNOME la maggiore somma di euro 533.315,23, oltre rivalutazione ed interessi come stabilito nella sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’RAGIONE_SOCIALE
Rispondono con un unico controricorso NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME, nonché NOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
La parte controricorrente ha depositato memorie.
Al l’adunanza camerale del 7/11/2024 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente propone i seguenti motivi di ricorso:
violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c.; la sentenza impugnata è inficiata da errore di diritto in quanto ha determinato in € 533.315,23, il costo complessivo dei lavori di sistemazione dei fabbricati lesionati, di proprietà dei resistenti; nello specifico, la Corte territoriale ha motivato la quantificazione del costo dei lavori preferendo, ai fini delle opere di consolidamento, la soluzione dei micropali, suggerita dal consulente tecnico di parte, rispetto a quella delle resine espandenti, proposta dal consulente tecnico di ufficio; tale decisione rientra, in ogni caso, nel merito e nella discrezionalità del giudice e non è sindacabile in sede di legittimità; tuttavia, la quantificazione della somma di € 533,315,23 è errata in quanto non corrisponde alla maggiore incidenza (rispetto alla somma di € 479.899,10 già liquidata dal Tribunale di Pescara) , di € 33.465,70 (relativa al costo dei micropali), più 13% per le spese tecniche, riportata nella parte motiva della sentenza impugnata, nel capo relativo all’accoglimento dell’appello incidentale; invero, seguendo il ragionamento logico-giuridico adottato dalla Corte, in tale capo della sentenza si arriverebbe alla somma di € 517.715,34, così calcolata: € 479.899,10 (somma liquidata dal Tribunale) + € 33.465,70 (aumento netto costo micropali) + 4.350,54 (aumento in percentuale del 13% spese tecniche) e non a quella di € 533.315,23;
II) omessa motivazione ai sensi dell’ art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. relativamente all’accoglimento dell’appello incidentale sotto il profilo del quantum debeatur , relativamente alla condanna al pagamento della somma di € 12.272 ,00, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.p.a. a titolo di “costi indiretti”, inerenti il mancato utilizzo degli
immobili; la sentenza impugnata è da cassare anche per omessa motivazione, con riferimento all’accoglimento dell’appello incidentale sotto il profilo del quantum debeatur relativamente alla condanna a carico di Anas S.p.a. per € 15.600,00 ; la Corte territoriale ha omesso completamente di indicare sia a quale titolo ha liquidato la somma di € 15.600,00, al cui pagamento è stata condannata l’Anas S.p.a. sia la motivazione per cui ha ritenuto di liquidarla;
III) violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.; la sentenza gravata è viziata per violazione del principio del “giudicato interno” in quanto i COGNOME, proponendo appello incidentale, non avevano impugnato il capo della sentenza resa dal Tribunale di Pescara relativo al mancato riconoscimento dei danni inerenti ai “costi indiretti” nella parte inerente al mancato utilizzo dei beni immobili per il periodo relativo alla durata dei lavori con la conseguenza che tale capo della sentenza (di diniego del riconoscimento di tali voci di danno, pari ad € 12.272,00) è coperto da cosa giudicata formale; nonostante ciò la Corte territoriale ha condannato l’Anas S.p.a. al pagamento della somma di € 533.315,23, cioè alla somma stimata dal consulente tecnico di ufficio a pagina 19 della relazione integrativa depositata in data 8/6/2010 che è comprensiva dei “costi indiretti” pari ad € 15.600,00, di cui € 12.272,00, costituiscono quelli relativi al mancato utilizzo dei beni immobili, non riconosciuti dal Giudice di prime cure.
Il primo motivo è infondato: dalle difese di parte controricorrente, che riporta, sia nel controricorso che nella memoria difensiva, il passo rilevante, di cui alla pag. 19, della consulenza tecnica integrativa di ufficio, risulta che effettivamente l’ammontare da riconoscere ai COGNOME, secondo il consulente tecnico di ufficio era, per la soluzione con i micropali,
effettivamente accolta dalla Corte territoriale, di euro 533.31,23, comprensiva di lavori per euro 458.155,10, spese tecniche per euro 59.560,13 e costi indiretti per euro 15.600,00.
La diversa opzione di parte ricorrente che individua una spesa minore e per tanto deduce l’erroneità della sentenza, non trova alcun riscontro in atti di causa, e, invero, la difesa di ANAS non computa la somma di euro 15.600,00 euro che il consulente tecnico di ufficio computa a titolo di costi indiretti.
Il primo motivo di ricorso è, pertanto, infondato.
3. Il secondo motivo è inammissibile in quanto proposto per vizio di omissione di motivazione secondo la previgente formulazione del n. 5 dell’art. 360, comma primo codice di rito civile, che faceva, appunto, riferimento alla motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, mentre quel che ora rileva è l’omesso esame di un fatto storico, inteso in senso naturalistico fenomenico secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 e quindi successivamente Cass. n. 23828 del 20/11/2015 Rv. 637781 – 01) ossia di un fatto storico (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 -01).
Il motivo è, altresì , infondato, avendo la Corte d’appello confermato sul punto la sentenza di primo grado sulla base dell’assunto che i COGNOME avevano agito per il riconoscimento di tutti i danni e li aveva quantificati in euro 900.000,00 e la detta somma di euro 12.720,00 è stata riconosciuta, in sede di impugnazione, a titolo di costi indiretti per il mancato utilizzo degli immobili. La sentenza, sul punto, come risulta dalla stessa prospettazione difensiva di cui al ricorso di RAGIONE_SOCIALE S.p.a., alla pag. 12, è motivata, per relazione alla consulenza tecnica di ufficio, così come ammesso dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4352 del 14/02/2019 Rv.
653010 – 01) e, pertanto, il vizio denunciato non sussiste per detta ulteriore ragione.
Il terzo motivo è inammissibile, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE riportato in ricorso il passaggio dell’appello incidentale dal quale potersi desumere che non era stato impugnato il capo di sentenza relativo all’omesso risarcimento per il mancato utilizzo degli immobili.
In sostanza appare evidente che le censure dell’RAGIONE_SOCIALE.p.a. si incentrano su una incompleta disamina della consulenza tecnica di ufficio, dalla quale tutte le somme poi in concreto riconosciute dalla Corte territoriale in favore dei COGNOME appaiono tratte, senza che risultino critiche specifiche e tempestive, da parte della società ricorrente, svolte nella competente fase di merito, all’elaboratore peritale , posto che (Cass. n. 11482 del 3/06/2016 Rv. 639844 – 01) nel ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice di merito ( a quo ), e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità. Viceversa, ancora secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 10222 del 4/05/2009 Rv. 607766 – 01) una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, in relazione al valore della controversia e dell’attività professionale necessaria, come in dispositivo, con distrazione in favore del difensore dei controricorrenti, che ha reso la rituale dichiarazione di cui all’art. 93, comma 1, c.p.c.
Deve, infine, attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge , con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di