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Risarcimento danni demansionamento: la Cassazione decide

Un dipendente pubblico, vicecomandante della polizia municipale, ha subito un demansionamento a seguito di un procedimento penale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso volto a ottenere un risarcimento danni demansionamento maggiore di quello liquidato in appello. La Suprema Corte ha confermato i criteri di calcolo del danno, distinguendo tra il ruolo del procedimento penale e quello del demansionamento nel causare il danno alla salute e chiarendo i limiti del giudizio di legittimità.

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Risarcimento danni demansionamento: la Cassazione fissa i paletti

Quando un dipendente subisce un demansionamento illegittimo, ha diritto a un risarcimento. Ma come si calcola? E cosa succede se altre vicende, come un procedimento penale, contribuiscono a causare un danno alla sua salute? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31248/2024, ha fornito importanti chiarimenti sul risarcimento danni demansionamento, respingendo il ricorso di un dipendente pubblico e definendo i limiti del giudizio di legittimità sulla quantificazione del danno.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un vicecomandante della polizia municipale (categoria D) che, a seguito dell’apertura di un procedimento penale a suo carico, veniva distaccato presso una società partecipata e adibito a mansioni puramente impiegatizie (categoria B). Questo periodo di demansionamento si è protratto per circa due anni e mezzo, dal dicembre 2008 al giugno 2011.

Il lavoratore si è rivolto al Tribunale, che ha riconosciuto l’illegittimità del demansionamento e ha condannato l’Ente Pubblico al risarcimento dei danni. Successivamente, la Corte d’Appello, pur confermando l’illegittimità della condotta del datore di lavoro, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo l’importo del risarcimento.

In particolare, la Corte territoriale ha:
1. Ricalcolato il danno patrimoniale: Escludendo dal calcolo l’indennità di posizione a partire dalla data in cui l’incarico sarebbe comunque scaduto.
2. Ridotto il danno non patrimoniale: Ritenendo che la principale causa della patologia depressiva riscontrata nel lavoratore fosse la pendenza del procedimento penale e non il demansionamento, il quale avrebbe avuto solo un ruolo di prolungamento della sofferenza preesistente.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando proprio questi criteri di quantificazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul risarcimento danni demansionamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Gli Ermellini hanno stabilito che le censure del lavoratore non riguardavano violazioni di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa nel giudizio di legittimità.

La Corte ha ritenuto che il lavoratore, dietro l’apparente denuncia di violazioni di norme, stesse in realtà criticando l’apprezzamento del giudice di merito, che è insindacabile in Cassazione se, come in questo caso, è logicamente motivato.

Le Motivazioni

La Cassazione ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo chiarimenti cruciali.

Sulla quantificazione del danno patrimoniale: La Corte ha affermato che la decisione di escludere l’indennità di posizione dal calcolo del risarcimento a partire dalla sua naturale scadenza è una valutazione di merito corretta e logica. Il ricorrente non ha fornito prove concrete per sostenere l’ipotesi di un rinnovo automatico dell’incarico, basando le sue critiche su ragionamenti ipotetici. Inoltre, la Corte ha ribadito il principio secondo cui il danno va calcolato sulla retribuzione netta, non lorda, per evitare un ingiustificato arricchimento del danneggiato.

Sulla quantificazione del danno non patrimoniale e il nesso causale: Questo è il punto più delicato. La Cassazione ha chiarito che la Corte d’Appello non ha negato un legame tra demansionamento e danno alla salute. Piuttosto, ha correttamente valorizzato le conclusioni della consulenza tecnica (CTU), secondo cui il procedimento penale è stato l’evento ‘scatenante’ della patologia depressiva. Il successivo demansionamento ha agito come concausa, non originando la malattia ma ‘prolungando’ le conseguenze pregiudizievoli di una condizione già esistente. Di conseguenza, è corretto valutare il ruolo del demansionamento come un ‘autonomo segmento causale’ che ha aggravato una situazione preesistente, liquidando il relativo danno in misura ridotta. Questa operazione non viola il principio della causalità, ma applica correttamente l’art. 1223 c.c. nella valutazione del danno risarcibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. I ricorsi che, come questo, criticano la valutazione delle prove o la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, sono destinati all’inammissibilità.

Dal punto di vista sostanziale, la decisione offre una lezione importante sul risarcimento danni demansionamento in presenza di concause. La giustizia non opera in modo automatico: il giudice deve ponderare attentamente il contributo di ogni singolo fattore nel determinare il danno finale. Attribuire un ruolo ‘preponderante’ a un evento (il procedimento penale) rispetto a un altro (il demansionamento) è un’operazione logica che permette di liquidare un risarcimento equo e proporzionato alla reale responsabilità del datore di lavoro.

Come viene calcolato il danno patrimoniale da demansionamento se durante tale periodo scade un incarico che dà diritto a un’indennità specifica?
La Corte d’Appello ha ritenuto corretto escludere l’indennità di posizione dal calcolo del risarcimento a partire dalla data in cui l’incarico sarebbe comunque scaduto. La Cassazione ha confermato che questa è una valutazione di merito legittima, specialmente se il lavoratore non fornisce prove concrete che l’incarico sarebbe stato rinnovato.

Se un dipendente subisce un danno alla salute causato sia da un demansionamento che da un altro evento (es. un procedimento penale), come viene ripartita la responsabilità?
La Corte ha stabilito che il giudice deve valutare il ruolo causale di ogni singolo evento. Nel caso di specie, il procedimento penale è stato considerato l’evento ‘scatenante’ della patologia, mentre il demansionamento ha agito come concausa, prolungando e aggravando una condizione preesistente. Il risarcimento a carico del datore di lavoro è stato quindi liquidato tenendo conto solo del danno specificamente attribuibile al demansionamento.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile anche se il ricorrente ritiene ingiusta la quantificazione del danno?
Il ricorso in Cassazione è inammissibile se le critiche non riguardano una violazione di legge (vizio di legittimità), ma contestano la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dal giudice di merito (vizio di merito). La Cassazione non può sostituire il proprio apprezzamento a quello del giudice delle precedenti istanze, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica o inesistente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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