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Risarcimento danni banca per credito inesistente

Un’impresa ha ottenuto in Cassazione l’annullamento della sentenza d’appello che le aveva negato un pieno risarcimento danni. Una banca aveva prima ottenuto un decreto ingiuntivo per un credito non ancora esigibile, poi rivelatosi del tutto inesistente, e aveva segnalato l’impresa alla centrale rischi. La Suprema Corte ha stabilito che la domanda di risarcimento doveva essere interpretata in senso ampio, includendo tutti i danni derivanti dalla condotta illecita della banca, e ha criticato il ricorso alla liquidazione equitativa del danno da parte dei giudici di merito, poiché l’impresa aveva fornito prove specifiche del quantum subito.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento Danni Banca: La Cassazione sulla Pretesa di un Credito Inesistente

Quando un istituto di credito agisce legalmente per recuperare un credito che si rivela essere inesistente, quali sono le conseguenze? Il risarcimento danni banca diventa un diritto per l’impresa ingiustamente danneggiata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su come interpretare la domanda di risarcimento e sui limiti della liquidazione equitativa del danno, offrendo importanti tutele alle aziende.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine anni fa, quando un istituto bancario ottenne un decreto ingiuntivo contro una società per un credito. Successivamente, in seguito all’opposizione della società, i giudici accertarono non solo che il credito non era ancora esigibile al momento dell’azione legale, ma che, in realtà, era del tutto inesistente. Anzi, era la società a vantare un credito nei confronti della banca.

Nonostante la revoca del decreto ingiuntivo, la banca aveva nel frattempo segnalato la società alla centrale rischi e iscritto un’ipoteca a garanzia del presunto credito. La cancellazione di queste misure pregiudizievoli avvenne solo molto tempo dopo. Di conseguenza, l’impresa ha avviato una nuova causa per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti a causa della condotta illegittima dell’istituto di credito.

L’Interpretazione della Domanda di Risarcimento

I giudici di primo e secondo grado avevano interpretato la richiesta della società in modo restrittivo. Avevano ritenuto che il risarcimento fosse stato chiesto solo per i danni derivanti dalla pretesa di un credito inesigibile, e non per quelli, ben più gravi, derivanti dalla pretesa di un credito inesistente. Di conseguenza, avevano rigettato gran parte delle richieste per mancanza di prove.

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa visione. Ha stabilito che i giudici di merito avrebbero dovuto interpretare la domanda in modo più ampio, considerando non solo le parole esatte usate, ma l’intera vicenda e il contenuto complessivo degli atti. La condotta lesiva della banca era unica: aver agito per un credito che non le spettava. Il fatto che questo credito avesse il duplice profilo di essere sia inesigibile che inesistente non crea due condotte separate, ma qualifica la gravità di un unico comportamento illecito. La richiesta di risarcimento, quindi, doveva intendersi riferita a tutti i danni scaturiti da questa condotta.

Il Risarcimento Danni Banca e la Liquidazione Equitativa

Un altro punto cruciale della decisione riguarda la liquidazione del danno. La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’esistenza di un danno patrimoniale dovuto all’illegittima segnalazione in centrale rischi, aveva concluso che non vi fosse prova sufficiente del suo ammontare (quantum) e lo aveva liquidato in via equitativa.

Anche su questo punto, la Cassazione ha censurato la decisione. I giudici supremi hanno ricordato che il ricorso alla liquidazione equitativa è possibile solo quando è provato il danno (an) ma è oggettivamente impossibile o molto difficile quantificarne l’esatto importo. Nel caso di specie, la società aveva prodotto numerosi documenti contabili, bilanci e prove testimoniali per dimostrare le ripercussioni negative subite.

Il giudice di merito non può ignorare tali prove e rifugiarsi nella liquidazione equitativa solo perché la valutazione è complessa. Deve, al contrario, motivare specificamente perché le prove fornite non sono sufficienti a dimostrare l’ammontare del danno, senza poter ricorrere a decisioni arbitrarie.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso della società, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte. Le motivazioni si fondano su due principi cardine.

In primo luogo, il principio di corretta interpretazione della domanda giudiziale (art. 112 c.p.c.), che impone al giudice di valutare la richiesta della parte nel suo complesso, tenendo conto dei fatti narrati e dello scopo perseguito. Limitarsi a una lettura letterale e frammentaria della domanda, come fatto nei gradi di merito, costituisce una violazione di legge.

In secondo luogo, il principio che regola il risarcimento del danno e la liquidazione equitativa (art. 1223 e ss. c.c.). La Corte ha ribadito che la difficoltà nella stima del danno non giustifica di per sé il ricorso all’equità se la parte danneggiata ha fornito elementi probatori concreti. L’argomentazione della Corte d’Appello, secondo cui la situazione economica dell’azienda avrebbe potuto peggiorare comunque per altre ragioni, è stata giudicata illogica, in quanto sposta l’attenzione dall’evento dannoso reale (l’illegittima segnalazione) a un ipotetico controfattuale.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela delle imprese contro le azioni illegittime degli istituti di credito. Stabilisce che una richiesta di risarcimento danni banca per l’ingiusta pretesa di un credito deve essere valutata in tutta la sua portata, comprendendo ogni profilo di illegittimità (inesigibilità, inesistenza). Inoltre, pone un freno all’uso indiscriminato della liquidazione equitativa, obbligando i giudici a un’analisi approfondita delle prove fornite dal danneggiato prima di poter derogare ai criteri ordinari di quantificazione del danno. Per le aziende, ciò significa avere maggiori possibilità di ottenere un ristoro completo e giusto per i pregiudizi subiti.

Come deve essere interpretata dal giudice una domanda di risarcimento danni contro una banca?
Il giudice deve interpretare la domanda non solo basandosi sul tenore letterale, ma considerando l’intera vicenda rappresentata dalla parte, le precisazioni fornite e il risultato concreto richiesto. La domanda va intesa in senso ampio per includere tutti i danni derivanti dalla condotta illecita lamentata, anche se questa presenta più profili di illiceità (es. credito sia inesigibile che inesistente).

Quando un giudice può liquidare un danno in via equitativa?
Il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa solo quando l’esistenza del danno è provata o non contestata, ma risulta impossibile o particolarmente difficile determinarne il preciso ammontare. Non può farlo se la parte danneggiata ha fornito prove (documenti, testimonianze) per quantificare il danno, anche se la valutazione di tali prove è complessa.

È sufficiente che una banca dimostri che la situazione economica di un’impresa sarebbe potuta peggiorare comunque per evitare di pagare i danni?
No. Secondo la Cassazione, questo ragionamento è illogico. Si deve accertare se la condotta illecita della banca (es. illegittima segnalazione alla centrale rischi) ha effettivamente causato un danno. L’ipotesi che l’impresa avrebbe potuto subire difficoltà economiche future per altre ragioni non elimina il nesso di causalità tra la condotta della banca e il danno concretamente verificatosi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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