Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16348 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16348 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16048/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO, MILANO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3906/2019, depositata il 26/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. Nell’aprile 2017 il Condominio di INDIRIZZO, in Milano, conveniva dinanzi al Tribunale di Milano la società RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare, in ragione dei vizi e difetti dell’opera appaltata, al pagamento ex art. 1668 c.c. della somma di euro 23.700, equivalenti al costo delle opere rimediali indicate nel procedimento per accertamento tecnico preventivo. Il Condominio deduceva di avere incaricato RAGIONE_SOCIALE dell’esecuzione dei lavori di rifacimento dell’impermeabilizzazione della rampa dei box, lavori terminati nel gennaio 2015 e interamente pagati. Pochi mesi dopo l’ultimazione dei lavori si erano verificate copiose infiltrazioni d’acqua in alcuni locali condominiali, in corrispondenza della vasca di raccolta delle acque meteoriche impermeabilizzata dalla RAGIONE_SOCIALE; l’appaltatrice, a seguito di diffida inoltrata dall’amministratore, si era impegnata a rimuovere i vizi con un nuovo intervento, eseguito nel dicembre 2015, che però non era risultato risolutivo, tanto che nel mese di aprile 2016 si erano verificate ulteriori nuove infiltrazioni. Stante l’inerzia di RAGIONE_SOCIALE, il Condominio aveva promosso un giudizio di accertamento tecnico preventivo, che aveva stabilito la sussistenza dei vizi denunciati e quantificato in euro 23.770 i costi necessari per la loro rimozione.
Con la sentenza n. 7047/2018 Il Tribunale accoglieva la domanda attorea, condannando l’appaltatrice a pagare al Condominio, a titolo di adempimento per equivalente ex art. 1668 c.c., euro 23.770.
2. La sentenza era impugnata da RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 3906/2019, rigettava l’impugnazione. In particolare, per quanto interessa il presente giudizio, ad avviso della Corte di Milano la domanda accolta va qualificata non come domanda di adempimento per equivalente, ma quale domanda di risarcimento commisurato
all’equivalente economico dei costi necessari per porre rimedio ai vizi e difetti delle opere appaltate, in ragione della causa petendi e del petitum posti a fondamento della stessa; la domanda aveva infatti ad oggetto la condanna dell’appaltatrice al pagamento della somma, quantificata in sede di accertamento tecnico preventivo come necessaria per porre rimedio ai vizi e difetti riscontrati.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso il Condominio di INDIRIZZO, in Milano.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è affidato a due motivi.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, degli artt. 112 c.p.c. e 1668 c.c.: la Corte d’appello non è rimasta nell’ambito del petitum e della causa petendi prospettati dal Condominio, così violando il disposto dell’art. 1668 c.c., come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, per il quale il committente può solo chiedere la condanna dell’appaltatore a eliminare il vizio e, solo in caso di inadempimento, può poi ottenere l’eliminazione del difetto a spese dell’appaltatore.
Il motivo è infondato. Ad avviso della ricorrente la disposizione di cui all’art. 1668 c.c. imporrebbe al committente, che lamenta l’esistenza di difetti dell’opera svolta dall’appaltatore, di richiedere la condanna di quest’ultimo alla eliminazione del vizio e solo ove questi non provveda può chiedere che i difetti siano eliminati a sue spese. Tale convincimento si pone in contrasto con la lettera della disposizione, secondo la quale ‘il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore’ e con l’interpretazione di questa Corte. È infatti costante l’affermazione secondo la quale
‘nel contratto d’appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell’opera, può richiedere, a norma dell’art. 1668, comma 1, c.c., che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell’appaltare mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall’art. 2931 c.c., oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi’ (così Cass. 24035/2017 e Cass. n. 6181/2011). Non si tratta pertanto di rimedi tra di loro successivi, come sembra appunto ritenere la ricorrente, ma di rimedi tra loro alternativi. La Corte d’appello, nell’interpretare la domanda del Condominio quale domanda di risarcimento del danno parametrato al costo della eliminazione dei vizi e nel riconoscere in favore del medesimo tale risarcimento del danno non si è pertanto posta in contrasto con l’art. 1668 c.c. e non ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1668, comma 1 c.c., per avere la Corte d’appello condannato l’appaltatore al pagamento della somma complessiva di euro 23.770, nonostante il corrispettivo dell’appalto oggetto di esecuzione fosse stato fissato in euro 13.800, così condannando la società al pagamento di costi per l’esecuzione di opere ulteriori rispetto a quelli indicati nel preventivo.
Il motivo è infondato. Come sottolinea la Corte d’appello (pag. 9 della sentenza impugnata), la ricorrente è stata condannata a pagare la somma di euro 23.770 a titolo di risarcimento del danno, appunto parametrato al costo necessario per l’eliminazione dei vizi, e non al compenso stabilito dalle parti per l’esecuzione dell’opera (v. al riguardo Cass. n. 21327/2018, che evidenzia come la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente per i difetti dell’opera non ammetta limitazioni, dato che l’art. 1668,
comma 1, c.c. pone a carico dell’appaltatore tutte le conseguenze dell’inesatto adempimento).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in euro 2.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione