Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20599 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 17209/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliati in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte Suprema di cassazione;
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA n. 167/2019, pubblicata il 6 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati ricorsi depositati presso il Tribunale di Bologna NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto di avere stipulato vari contratti a termine con l’Amministrazione scolastica e hanno chiesto di accertare e dichiarare l’illegittimità del termine apposto ai detti contratti , onde ottenere la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa carriera e la condanna RAGIONE_SOCIALEa P.A. a risarcire i danni.
Il Tribunale di Bologna, riuniti i ricorsi, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 102/2018, ha accolto la domanda risarcitoria e ha dichiarato il diritto dei ricorrenti al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità di servizio per i periodi di lavoro con contratto a termine.
Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 167/2019, ha rigettato.
Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono difesi con controricorso e hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 329 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare il passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALEe statuizioni contenute nella sentenza di primo grado in ordine all’illegittimità dei contratti oggetto di causa.
Sostiene, infatti, di avere contestato la diretta applicabilità RAGIONE_SOCIALEa clausola 5 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro in esame.
La doglianza è inammissibile.
La semplice contestazione, in diritto, RAGIONE_SOCIALEa rilevanza, nella specie, RAGIONE_SOCIALEa citata clausola 5 non poteva includere la censura RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta verifica, in fatto, RAGIONE_SOCIALEa
circostanza che fra le parti fossero intercorsi contratti a termine di durata complessiva superiore a 36 mesi rispetto a supplenze su organico di diritto.
A diverse conclusioni non può giungersi esaminando la parte del ricorso di appello riportata nell’atto di impugnazione la quale, al contrario, conferma come il gravame fosse indirizzato solo contro la decisione di primo grado che aveva ritenuto sussumibile la vicenda nella clausola 5 de quo .
Con il secondo motivo la parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEa clausola 5 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo quadro sul lavoro a tempo indeterminato in quanto il diritto UE non avrebbe sancito alcun obbligo a carico degli Stati Membri in ordine alla durata massima dei contratti a termine e non avrebbe imposto sanzioni specifiche come l’obbligo di risarcimento.
Peraltro, osserva che almeno uno dei lavoratori sarebbe stato, nel frattempo, immesso in ruolo.
La doglianza è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., poiché la sentenza di appello ha deciso la causa in modo conforme alla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento RAGIONE_SOCIALEa stessa.
Infatti, la RAGIONE_SOCIALE ha affermato ormai da molti anni che, in materia di pubblico impiego, un rapporto di lavoro a tempo determinato non è suscettibile di conversione in uno a tempo indeterminato, stante il divieto posto dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, il cui disposto è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale (sent. n. 98 del 2003) e non è stato modificato dal d.lgs. n. 368 del 2001, contenente la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE‘intera disciplina del lavoro a tempo determinato. Ne consegue che, in caso di violazione di norme poste a tutela del diritti del lavoratore, precluso il diritto alla trasformazione del rapporto, residua a favore di quest’ultimo soltanto la possibilit à di ottenere il risarcimento dei danni subiti, per la cui determinazione trova applicazione, d’ufficio ed anche nel giudizio di legittimità, l’art. 32, commi 5 e 7, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 183 del 2010, a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del dator e di lavoro e dalla prova concreta di un danno, trattandosi di indennità forfetizzata e
onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine (Cass., Sez. L, n. 19371 del 21 agosto 2013).
Per l’esattezza, ha chiarito che, in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività RAGIONE_SOCIALEa tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13) sicché, mentre va escluso siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fa ttispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come danno comunitario, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito ( Cass., SU, n. 5072 del 15 marzo 2016; Cass., Sez. L, n. 2175 del 1° febbraio 2021).
Del tutto generica, poi, si presenta la contestazione concernente l’avvenuta immissione in ruolo di uno dei controricorrenti.
Con il terzo motivo parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEa direttiva n. 1999/70/CE, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 124 del 1999, art. 4, del TU n. 165 del 2001, art. 36, e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., nella parte ove sarebbe stata riconosciuta l’illegittimità dei contratti in esame sull’organico di fatto.
La doglianza va dichiarata inammissibile, innanzitutto, in quanto la corte territoriale ha accertato la formazione del giudicato sul punto.
Inoltre, si rileva che, come riportato dalla Corte d’appello di Bologna, il Tribunale di Bologna aveva accertato, con statuizione, appunto, non impugnata, che le supplenze ‘devono essere reputate su organico di diritto’.
Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa P.A. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto, trattandosi di Amministrazione statale esentata dal versamento del detto contributo.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 5.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi , oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, da distrarsi in favore dei difensori dei controricorrenti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione Civile, il 21