LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Risarcimento contratti a termine: sì ai danni nel pubblico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando il diritto al risarcimento per l’abuso di contratti a termine a due docenti. La Suprema Corte ha ribadito che, sebbene nel pubblico impiego sia vietata la conversione del rapporto in tempo indeterminato, l’illegittima reiterazione dei contratti a termine dà comunque diritto a un’indennità risarcitoria per il lavoratore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Abuso di precariato nella scuola: confermato il risarcimento per i contratti a termine

Con l’ordinanza n. 20599/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il mondo della scuola e del pubblico impiego: il risarcimento contratti a termine in caso di loro abusiva reiterazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando le decisioni dei giudici di merito che avevano riconosciuto il diritto dei docenti precari a un indennizzo, pur negando la conversione del rapporto di lavoro.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dal ricorso di due docenti che avevano lavorato per anni per l’Amministrazione scolastica attraverso una successione di contratti a tempo determinato. Ritenendo illegittima tale prassi, si erano rivolti al Tribunale di Bologna per chiedere la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato, la ricostruzione della carriera e il risarcimento dei danni.

Il Tribunale, pur non potendo disporre la conversione a causa del divieto vigente nel settore pubblico, aveva accolto la domanda risarcitoria e riconosciuto il diritto dei lavoratori all’anzianità di servizio maturata. La decisione era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna, spingendo il Ministero a presentare ricorso per cassazione.

Il ricorso del Ministero e il risarcimento contratti a termine

Il Ministero dell’Istruzione ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Errata valutazione del giudicato: L’Amministrazione sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente ritenuto passata in giudicato la questione sull’illegittimità dei contratti.
2. Violazione della normativa europea: Secondo il Ministero, il diritto dell’Unione Europea non imporrebbe agli Stati membri sanzioni specifiche come l’obbligo di risarcimento in caso di abuso di contratti a termine.
3. Erronea qualificazione dei contratti: L’Amministrazione contestava il riconoscimento dell’illegittimità per i contratti stipulati su “organico di fatto”, sostenendo che si trattasse di esigenze temporanee.

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le tesi ministeriali. In primo luogo, ha chiarito che l’appello del Ministero era stato troppo generico nel contestare la decisione di primo grado, rendendo quindi la statuizione sull’illegittimità dei contratti una questione ormai definita (passata in giudicato).

Sul punto centrale, ovvero il diritto al risarcimento contratti a termine, la Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento. Sebbene l’art. 36 del D.Lgs. 165/2001 vieti la conversione dei contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato nel pubblico impiego, ciò non lascia il lavoratore privo di tutela. La violazione delle norme imperative poste a tutela del lavoratore genera il diritto al risarcimento del danno. Tale risarcimento viene quantificato in via forfettaria, facendo riferimento ai parametri della Legge n. 183/2010 (art. 32), che prevedono un’indennità onnicomprensiva senza che il lavoratore debba fornire una prova specifica del danno subito. Questa misura, definita “danno comunitario”, rappresenta una sanzione effettiva e dissuasiva contro l’abuso da parte della Pubblica Amministrazione.

Infine, anche il terzo motivo è stato giudicato inammissibile, poiché la Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che il Tribunale aveva già accertato, con statuizione non impugnata, che le supplenze dovevano considerarsi su “organico di diritto”, e non di fatto.

Le conclusioni

L’ordinanza n. 20599/2024 rafforza un principio fondamentale a tutela dei lavoratori precari del settore pubblico. Pur con il limite della mancata conversione del contratto, l’abuso nella reiterazione dei rapporti a termine da parte della Pubblica Amministrazione non rimane impunito. La decisione conferma che il lavoratore ha diritto a un’indennità risarcitoria che, sebbene non possa sostituire la stabilità di un posto fisso, costituisce una sanzione concreta e un ristoro per il pregiudizio subito. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato l’Amministrazione anche al pagamento delle spese legali, ponendo fine alla vicenda.

Un contratto a termine nel settore pubblico può essere convertito in un contratto a tempo indeterminato in caso di abuso?
No, la sentenza ribadisce che nel settore del pubblico impiego vige il divieto di conversione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato, come stabilito dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Cosa spetta al lavoratore pubblico in caso di illegittima reiterazione di contratti a termine?
Anche se non è possibile la conversione del contratto, al lavoratore spetta il risarcimento del danno subito. La giurisprudenza ha stabilito che tale risarcimento si concretizza in un’indennità forfetizzata e onnicomprensiva, calcolata secondo i parametri dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010, che non richiede una prova specifica del danno da parte del lavoratore.

Perché il ricorso del Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per diverse ragioni: i motivi erano in parte generici, in parte si basavano su questioni già decise e non contestate in appello (giudicato), e in parte si scontravano con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato della stessa Corte di Cassazione, senza offrire nuovi elementi per modificarlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati