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Risarcimento contratti a termine: le regole nel P.A.

Una lavoratrice del settore pubblico, dopo una serie di contratti a termine illegittimi, si è vista negare la conversione del rapporto in tempo indeterminato. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9116/2019, ha confermato il divieto di conversione, ma ha stabilito il suo diritto a un risarcimento del danno. Questo risarcimento per contratti a termine abusivi è presunto dalla legge, quantificato tra 2,5 e 12 mensilità, e non viene annullato da un’eventuale successiva stabilizzazione. La Corte ha così cassato la decisione d’appello che aveva negato ogni indennizzo.

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Risarcimento Contratti a Termine nella P.A.: La Cassazione Fissa i Punti

La questione della precarietà nel pubblico impiego è un tema complesso, che vede contrapporsi le esigenze di flessibilità della Pubblica Amministrazione e il diritto dei lavoratori a una stabilità occupazionale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9116 del 2019, offre un chiarimento fondamentale su un aspetto cruciale: il risarcimento per contratti a termine stipulati in modo abusivo, quando la conversione in un posto fisso è preclusa dalla legge. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Una Lunga Precarietà

Il caso riguarda un’operatrice di sostegno assunta da un Ente Regionale con una pluralità di contratti a tempo determinato succedutisi nel tempo. La lavoratrice ha adito il Giudice del Lavoro per chiedere l’accertamento dell’illegittimità dei termini apposti ai contratti e, di conseguenza, la trasformazione del rapporto in un unico contratto a tempo indeterminato. In aggiunta, ha richiesto il pagamento delle differenze retributive, la regolarizzazione contributiva e il risarcimento dei danni derivanti dall’abuso.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto l’abuso e concesso un cospicuo risarcimento, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione, negando alla lavoratrice qualsiasi indennizzo sul presupposto che il danno non fosse stato specificamente provato. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: Analisi dei Motivi

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza d’appello e stabilendo principi di diritto di notevole importanza pratica.

Il Divieto di Conversione nel Pubblico Impiego

Innanzitutto, la Corte ha ribadito un punto fermo della giurisprudenza: nel settore pubblico, la violazione delle norme sui contratti a termine non può comportare la conversione automatica del rapporto in uno a tempo indeterminato. Questo perché l’articolo 97 della Costituzione impone, come regola generale, l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso pubblico. Tale principio, di natura speciale, prevale sulla disciplina generale prevista per il settore privato.

Il Risarcimento Contratti a Termine: Un Danno Presunto

Il cuore della decisione riguarda la tutela risarcitoria. La Cassazione, allineandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e delle proprie Sezioni Unite (sent. n. 5072/2016), ha affermato che, sebbene la conversione sia esclusa, il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di prevedere una misura sanzionatoria “effettiva e dissuasiva” per punire l’abuso.

Questa sanzione, in Italia, si traduce in un risarcimento del danno che presenta una caratteristica fondamentale: è un danno presunto. Ciò significa che il lavoratore non ha l’onere di dimostrare di aver subito un pregiudizio specifico (come la perdita di altre occasioni di lavoro). L’abuso stesso è la fonte del diritto al risarcimento. La legge (art. 32, co. 5, L. 183/2010) ne prevede la quantificazione in un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Resta salva per il lavoratore la possibilità di provare un danno ulteriore e maggiore.

La Stabilizzazione Successiva Non Annulla il Danno

L’Ente Regionale aveva sostenuto che l’eventuale successiva stabilizzazione della lavoratrice presso una società controllata avrebbe dovuto escludere o ridurre il risarcimento. La Corte ha respinto nettamente questa tesi. La stabilizzazione, specialmente se operata da un soggetto giuridico diverso da quello che ha commesso l’abuso, non costituisce una misura sanzionatoria equivalente e non sana il pregiudizio subito a causa della pregressa e illegittima precarietà.

Le Motivazioni: Tra Normativa Nazionale e Diritto Europeo

La motivazione della Corte si basa su un attento bilanciamento di interessi. Da un lato, la salvaguardia del principio costituzionale del concorso pubblico, che garantisce imparzialità ed efficienza della P.A. Dall’altro, la necessità di dare attuazione alla Direttiva europea 1999/70/CE, che mira a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo dei contratti a termine. La soluzione individuata dal diritto vivente, e consolidata da questa sentenza, è quella di negare la conversione (considerata una misura eccessiva e in contrasto con la Costituzione) ma di accordare una tutela risarcitoria forte. Questa tutela si concretizza nel cosiddetto “danno comunitario”, un danno presunto che agevola la posizione del lavoratore in giudizio, sollevandolo da una prova spesso difficile da fornire. La quantificazione forfettaria tra 2,5 e 12 mensilità rappresenta il punto di equilibrio individuato dal legislatore e avallato dalla giurisprudenza per indennizzare il lavoratore senza creare disparità rispetto al sistema privato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Le conclusioni che si possono trarre da questa pronuncia sono chiare e dirette:
1. Niente Conversione: Un lavoratore pubblico che subisce un abuso nella reiterazione di contratti a termine non può ottenere la trasformazione automatica del suo rapporto in uno a tempo indeterminato.
2. Diritto al Risarcimento: Ha però diritto a un’indennità risarcitoria per il danno subito. Questo diritto sorge per il solo fatto dell’abuso accertato.
3. Onere della Prova Agevolato: Il danno è presunto dalla legge. Il lavoratore non deve dimostrare di aver perso altre chance lavorative; è sufficiente provare la successione illegittima dei contratti.
4. Quantificazione Certa: L’indennizzo è liquidato dal giudice in una misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione.
5. Irrilevanza della Stabilizzazione: Una successiva assunzione a tempo indeterminato, specie se presso un altro ente, non cancella il diritto a essere risarciti per l’abuso precedentemente patito.

L’abuso di contratti a termine nella Pubblica Amministrazione dà diritto alla conversione in un rapporto a tempo indeterminato?
No. La sentenza ribadisce che nel settore pubblico vige il principio costituzionale dell’accesso tramite concorso pubblico (art. 97 Cost.), il quale prevale sulla disciplina generale e impedisce la conversione automatica del rapporto di lavoro.

Se la conversione è esclusa, il lavoratore precario ha comunque diritto a un risarcimento del danno?
Sì. La Corte, in linea con il diritto europeo e la giurisprudenza consolidata, afferma che il lavoratore ha diritto a una tutela risarcitoria per il cosiddetto “danno comunitario”. Questo danno è presunto per legge e non richiede una prova specifica da parte del lavoratore.

Come viene quantificato questo risarcimento e una successiva assunzione a tempo indeterminato ha qualche impatto?
Il risarcimento è quantificato dal giudice in un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La sentenza chiarisce che un’eventuale successiva stabilizzazione del lavoratore, anche presso una società controllata dalla stessa P.A., non elimina il diritto a ricevere questo risarcimento per il pregiudizio già subito a causa dell’abuso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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