Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9116 Anno 2019
Civile Sent. Sez. L Num. 9116 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2019
SENTENZA
sul ricorso 789-2014 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
INDIRIZZO difende
– ricorrente –
2018
contro
4310 REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, GLYPH presso RAGIONE_SOCIALE lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa legale difesa
4
n
b GLYPH .
APPELLO
avverso la sentenza n. 559/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/06/2013 R.G.N. 671/2012; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/12/2018 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME pubblica udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per parziale accoglimento per quanto di ragione;
udito l’Avvocato NOME COGNOME udito l’Avvocato NOME COGNOME udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega Avvocato NOME COGNOME per COGNOME ; Avvocato
R.G.00789/2014
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME assunta con il profilo operatore di sostegno, categoria C, posizi economica C2, del CCRL del comparto unico della Valle d’Aosta, in forza di una pluralità di contratti a tempo determinato succedutisi nel tempo, proponeva ricorso Giudice del lavoro: a) per far dichiarare, previo accertamento dell’illegit dell’apposizione del termine, la trasformazione dei contratti in un unico rapport lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della Regione Valle d’Aosta a far data della stipulazione del primo contratto; b) per la corresponsione delle differ retributive e la regolarizzazione contributiva, anche per i periodi non lavorati der dalle varie interruzioni intercorrenti tra una scadenza contrattuale e una nu stipula; c) per sentire accertare il proprio diritto al risarcimento dei danni d dall’abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato, da liquidarsi anche i equitativa.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Aosta, ritenuta la fondatezza delle ragi illegittimità prospettate a fondamento del ricorso, ma negata la conversione d rapporto di lavoro, stante il divieto di cui all’art. 97, terzo comma, Cost. e dell secondo comma, D.Lgs. n. 165/2001, riconosceva il diritto della ricorrente risarcimento del danno conseguente all’abusiva reiterazione e, in applicazion analogica dell’art. 18 L. n. 300/70, liquidava il danno nella misura di venti men dell’ultima retribuzione globale di fatto; riconosceva, in caso di continuità dei c a tempo determinato con la sola interruzione dell’attività scolastica coincidente co vacanze estive, la retribuzione illegittimamente non pagata (pari a complessivi eu 31.071).
Tale sentenza era impugnata da entrambe le parti, la Regione autonoma Valle d’Aosta con appello principale e la COGNOME con ricorso incidentale.
La Corte di appello di Torino, accogliendo parzialmente l’appello della Region Autonoma Valle d’Aosta e respingendo l’appello incidentale della lavoratrice, h negato il diritto di quest’ultima al risarcimento del danno riconosciuto dal giudice ed ha conseguentemente riformato il capo della sentenza di primo grado che aveva condannato la Regione al pagamento, in applicazione analogica dell’art. 18 legge n. 300/70, di venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, o euro 31.071 per i periodi feriali estivi illegittimamente non pagati.
4.1. La Corte d’Appello di Torino, per quanto ancora interessa nella presente sede, ha osservato che: a) i contratti a tempo determinato erano stati stipulati in viola
della L.R. n. 68 del 1989 e della L.R. n. 22 del 2010, art. 42 che, con norme d’ident contenuto, stabiliscono che il ricorso ai contratti a termine da parte della Regione d essere giustificato da esigenze straordinarie e temporanee, prevedendo il limit temporale di nove mesi;
va respinta la domanda volta ad ottenere la conversione in rapporto di lavoro tempo indeterminato, in quanto pretesa contrastante con l’art. 97 Cost. e con il D.Lgs n. 165 del 2001, artt. 35 e 36; tali disposizioni hanno carattere speciale e prevalg sulla disciplina del contratto a termine dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, c affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 14350 del 2010, Cass. n. 3 del 2012); c) in conformità alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 392 del 2 cit.), il danno non può ritenersi in re ipsa, ma deve essere dimostrato in giudizio e la lavoratrice non aveva fornito alcuna deduzione o allegazione in merito al danno patito
Per la cassazione di tale sentenza l’originaria ricorrente ha proposto ricorso affid a tre motivi. Resiste, con controricorso, la Regione Autonoma Valle d’Aosta.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., richiamando principi espressi da Sez.Un. n. 5072 del 2016, in ordine alla risarcibilità del c.d. comunitario;
la Regione Valle d’Aosta ha depositato memoria, allegando l’avvenuta stabilizzazione della ricorrente, a seguito di superamento di procedura selettiva, ne RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge in relazione a diret comunitarie, sostenendo che, secondo un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione, le disposizioni di cui al d.lgs. 165 del 2001 andrebbero interpretate q deroga al divieto di conversione statuito dall’art. 36 per il caso di reiter illegittima di contratti a tempo determinato da parte della Pubblica Amministrazione.
Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 3 D.Lgs. n. 165 del 2001 e della clausola n. 5 dell’Accordo quadro europeo CES, UNICE e CEEP in tema di contratti a termine, recepito dalla direttiva europea 1999/70/CE parte ricorrente censura la sentenza là dove questa ha negato il diritto al risarcime del danno quale conseguenza immediata e diretta dell’accertato ricorso abusivo da parte del datore alla stipulazione di contratti a tempo determinato.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione ag 1218, 1223, 1226, 1227, 2056 e 2697 cod. civ. e alla clausola n. 5 dell’Accor nonché vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che la rico non avesse fornito alcuna allegazione né deduzione probatoria in merito al dann patito e nella parte in cui ha riformato la sentenza di primo grado escludendo il al risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite nel periodo fe Assume che, a norma degli artt. 1218 e 1223 cod.cív., devono essere risarcit pregiudizi patiti dal creditore a titolo di perdita subita e/o mancato guadag siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del debitore. La Corte territoriale aveva omesso di considerare sia il fatto costituito dallo disoccupazione derivante dalla perdita del posto di lavoro, sia il fatto deter dalla perdita della retribuzione per i periodi non lavorati, tutti imputabili posto in essere dalla Pubblica Amministrazione.
Quanto ai primi due motivi, occorre premettere che vi è giudicato interno s statuizione con cui la Corte di appello, confermando la pronuncia di primo grado, accertato la reiterazione abusiva della stipulazione dei contratti a tempo determin
In ordine alla mancata conversione del rapporto di lavoro, giova innanzitu richiamare il consolidato orientamento della Corte costituzionale, cui si è uniform costante giurisprudenza di questa Corte.
L’art. 36, comma 8, del d.lgs. n. 29 del 1993 (poi trasfuso nel)’art. 36, comma d.lgs. n. 165 del 2001), secondo il quale la violazione di disposizioni impe riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubb amministrazioni non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a te indeterminato, si riferisce a tutte le assunzioni avvenute al di fuori di una pr concorsuale, operando anche nei confronti dei soggetti che siano risultati solame idonei in una procedura selettiva ed abbiano, successivamente, stipulato con la P. un contratto di lavoro a tempo determinato fuori dei casi consentiti contrattazione collettiva, dovendosi ritenere che l’osservanza del principio sa dall’art. 97 Cost. sia garantito solo dalla circostanza che l’aspirante abbia concorso. Né tale disciplina viola – come affermato dalla sentenza n. 89 del 2003 d Corte costituzionale – alcun precetto costituzionale, in quanto il principio dell’ mediante concorso rende palese la non omogeneità del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni rispetto al rapporto di lavoro dipendenze di datori privati e giustifica la scelta del legislatore di ricoll violazione delle norme imperative, conseguenze solo risarcitorie e patrimonial
luogo della conversione del rapporto a tempo indeterminato prevista per i lavorato privati); né contrasta, infine, con il canone di ragionevolezza, avendo la stessa no costituzionale individuato nel concorso, quale strumento di selezione del personale, strumento più idoneo a garantire, in linea di principio, l’imparzialità e l’efficie pubblica amministrazione. (v. ex plurimis, tra le più risalenti, Cass. n. 11161 del 2008; conf., tra le più recenti, in fattispecie del tutto analoga a quella in esame, n. 7982 del 2018).
Difatti, il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di access ruoli delle pubbliche amministrazioni, anche delle Regioni, pure se a statuto speci (vedi, per tutte: Corte cost. sentenze n. 211 e n. 134 del 2014; n. 227 del 2013 62 del 2012; n. 310 e n. 299 del 2011; n. 267 del 2010; n. 189 del 2007).
L’eccezionale possibilità di derogare per legge al principio del concorso p reclutamento del personale è prevista dall’art. 97, comma terzo, Cost., deve rivela a sua volta maggiormente funzionale al buon andamento dell’amministrazione e corrispondere a straordinarie esigenze d’interesse pubblico, individuate dal legisla in base ad una valutazione discrezionale, effettuata nei limiti della non manif irragionevolezza (vedi, per tutte, Corte cost. sentenze n. 134 del 2014; n. 217 2012; n. 89 del 2003; n. 320 del 1997; n. 205 del 1996).
Nessun vincolo al riguardo può ravvisarsi in una pretesa esigenza di uniformità trattamento rispetto alla disciplina dell’impiego privato, visto che ad esso il pr del concorso è del tutto estraneo (Corte Cost. sentenza n. 89 del 2003, cit).
Quanto alla giurisprudenza della CGUE, la clausola 5, punto 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato a direttiva 1999/70/CE del Consiglio, non istituisce un obbligo generale degli S membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato de contratti di lavoro a tempo determinato, né prescrive a quali precise condizion possa far ricorso a questi ultimi: essa lascia, infatti, un certo potere discrezio materia agli Stati membri (sentenza del 7 settembre 2006, COGNOME e COGNOME, C-53/04, EU:C:2006:517, punto 47). Da ciò discende che la clausola 5 dell’Accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino different al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipul successione, a seconda che tali contratti o rapporti siano stati conclusi con un da di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante settore pubblico (sentenza del 7 settembre 2006, COGNOME e COGNOME, C-53/04, EU:C:2006:517, punto 48). Tuttavia, affinché una normativa nazionale che vieta, ne
solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indetermin di una successione di contratti a tempo determinato, possa essere considerata conforme all’Accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva destin evitare e, se del caso, a sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contra tempo determinato (sentenza del 7 settembre 2006, COGNOME e COGNOME, C-53/04, EU, C:2006:517, punto 49).
Tali principi sono stati di recente ribaditi dalla Corte di Giustizia, con la sent 7 marzo 2018, C-494/16 (NOME COGNOME contro Comune di Valderice e Presidenza del Consiglio dei Ministri), adita in sede di rinvio pregiudiziale dal Tribunale Trapani. In tale occasione, la CGUE ha affermato che, in tema di contratti conclusi c un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico e di misure dirette a sanziona ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato, la clausola 5 dell’Accordo quad dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rient nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro tempo indeterminato, bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indenni compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavorat accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento inte del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolar egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice d rinvio verificare. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale pronuncia consente di ritenere validato l’orientamento interpretativo espres dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 5072/2016, che ha enunciato i seguent principi di diritto:
“In materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazi contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13) sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui a
32, comma 5, della I. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi un posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo agevola l’onere probatorio del danno subito” (Il principio è stato ribadito da Cass. nn. 4911, 4912, 4913, 16095, 23691 del 2016 e da nn. 8927 e 8885 del 2017 e da molte altre successive).
“In materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui all’ comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non deriva dalla mancata conversione del rapporto, legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per qu europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguar l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte della P.A., ed è configurabile perdita di “chance” di un’occupazione alternativa migliore, con onere della prov carico del lavoratore, ai sensi dell’art. 1223 c.c.”.
La sentenza impugnata, risalente ad epoca anteriore al citato orientamento interpretativo, va dunque cassata, dovendo il giudice di rinvio riesaminare il m della domanda risarcitoria applicando le regole di giudizio sopra enunciate.
Va da ultimo esaminata l’incidenza sulla risoluzione della fattispe dell’argomento introdotto dalla Regione in sede di memoria difensiva ex art. 37 c.p.c., secondo cui, l’intervenuta stabilizzazione a opera della società contro (“RAGIONE_SOCIALE Valle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE“) – a seguito di procedure selettive fina a valorizzare l’esperienza professionale maturata dal lavoratore in virtù di contr termine siglati con l’Amministrazione – escluderebbe l’operatività dei suddetti pri in tema di agevolazione probatoria del danno, il quale dovrebbe altresì ritenersi tutto escluso nella fattispecie.
In proposito, è sufficiente richiamare quanto già affermato da questa Corte fattispecie del tutto analoghe, con le pronunce nn. 7982, 7059, 6902 e 6901 del 2018 secondo cui, in materia di pubblico impiego privatizzato, la stabilizzazione, all’e una reiterazione abusiva di contratti a termine, ad opera di un ente diverso da que che ha realizzato l’abuso, ancorché si tratti di società controllate o vigila stesso, non costituisce misura sanzionatoria equivalente, dovendo trovare comunque applicazione il principio di agevolazione probatoria del danno, quantificato t minimo di 2,5 ed un massimo di dodici mensilità, ai sensi dell’art. 32, comma 5, de I. n. 183 del 2010, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto.
D’altra parte, neppure sono validamente richiamabili, al suddetto fine, affermati da questa Corte per il personale stabilizzato del Comparto Scuola per i lavoratori precari assunti dal Ministero della Giustizia (Cass. 3 lug 16336), atteso che le fattispecie ivi esaminate – diverse tra loro omologabili alla presente, in quanto caratterizzate da interventi di stab previsti da leggi statali e contenenti discipline particolari.
In merito al terzo motivo, deve rilevarsene l’infondatezza nella parte rel pretesa concernente le retribuzioni per gli intervalli non lavorati. L’esclus de iure della conversione dei contratti di lavoro a termine in un unico rapporto d tempo indeterminato rende i singoli contratti del tutto autonomi. La poss riconoscere la retribuzione per gli intervalli non lavorati (nel caso in statuizione accolta dal primo giudice, ma riformata dalla Corte di appello, e riconosciuti gli emolumenti per il periodo di mancata prestazione la coincidente con il periodo feriale) presuppone l’unicità del rapporto di lavo indeterminato e dunque una conversione che non è configurabile nella speci resto, l’esame del motivo resta assorbito dalla cassazione con rinvio statui n.9.
In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione e l impugnata va cassata in ordine alle statuizioni relative al risarcimento del rinvio alla Corte di appello di Torino, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Stante l’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processu versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo d unificato introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso nei sensi di cui in m rigetta il primo motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche pe del presente giudizio, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.
Così deciso in Roma, alla Pubblica Udienza dell’Il dicembre 2018