Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7632 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31725/2020 R.G. proposto da :
ASSESSORATO ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE REGIONE SICILIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE ECONOMICO SOCIALI, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE
– controricorrente nonché ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1473/2020 depositata il 06/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 1473/2020, depositata il 6.10.2020, ha rigettato le domande avanzate da RAGIONE_SOCIALE (Istituto di Studi e Ricerche Economico Sociali) dirette ad accertare il suo diritto di trattenere le somme, pari ad € 137.681,89 ad essa erogate dall’Assessorato Istruzione e Formazione Professionale della Regione Sicilia a seguito dell’aggiudicazione di una gara poi annullata dalla pronuncia del giudice amministrativo.
Il giudice di primo grado ha ritenuto, altresì, infondata, la domanda risarcitoria di I.R.E.S., svolta in via subordinata, diretta a sanzionare l’Amministrazione per aver violato il suo legittimo affidamento, con condanna di quest’ultima al pagamento della somma di € 155.884,19 (ovvero la sorte capitale di € 137.681.89 oltre interessi), ovvero la somma già sostenuta dall’I.R.E.S. in costanza di rapporto, e, conseguentemente, dichiarare la compensazione ex art. 1243 c.c. con le somme di cui l’Amministrazione ha chiesto la restituzione a seguito dell’annullamento della aggiudicazione.
In via ulteriormente subordinata, la I.R.E.S. aveva, altresì chiesto la compensazione delle somme da restituire all’Assessorato Regionale con l’indennizzo ex art. 2041 c.c., a titolo di ingiustificato arricchimento.
La Corte d’appello di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello, ha parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno, dichiarando non ripetibile dell’Assessorato la somma di € 68.840 ,00 (pari alla metà della somma già erogata).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Assessorato Istruzione e Formazione Professionale della Regione Sicilia (‘dora in poi Assessorato), affidandolo a quattro motivi. La I.R.E.S. ha resistito in giudizio con controricorso, depositando, altresì, ricorso incidentale e memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale l’Assessorato ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 119 e 133, comma 1, lett e), n. 1, d.lgs. 104/2010 e 7 L. 205/2000.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello ha esaminato una domanda risarcitoria derivante dall’annullamento di una procedura di gara ad evidenza pubblica che sarebbe, invece, attratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il motivo è infondato.
Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (cfr., recentemente, Cass. 19677/2020) quello secondo cui è devoluta al giudice ordinario, la domanda con cui il destinatario di un provvedimento illegittimo ampliativo della sua sfera giuridica chieda il risarcimento del danno subito a causa della emanazione e del successivo annullamento di tale provvedimento, posto che la causa petendi di detta domanda, non è la illegittimità del provvedimento amministrativo, bensì la lesione dell’affidamento dell’attore nella legittimità del medesimo (vedi anche Cass., S.U. n. 17586/2015, Cass. .U. n. 12799/2017; Cass. S. U. n. 1564/2018).
In particolare, le Sezioni Unite hanno evidenziato che la lesione che in tal caso viene in rilievo non è infatti causata dal provvedimento favorevole (illegittimo – e, perciò, giustamente annullato – ma non dannoso per il suo destinatario), bensì dalla fattispecie complessa costituita dall’emanazione dell’atto favorevole illegittimo, dall’incolpevole affidamento del beneficiario nella sua legittimità e dal successivo (legittimo) annullamento dell’atto stesso: la lesione, cioè, discende non dalla violazione delle regole di diritto pubblico
che disciplinano l’esercizio del potere amministrativo che si estrinseca nel provvedimento, bensì dalla violazione delle regole di correttezza e buona fede, di diritto privato, cui si deve uniformare il comportamento dell’amministrazione, regole la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 e 324 c.p.c., 1218, 1226,1227, 2033, 2055, 2056 c.c.
Espone il ricorrente principale che l’ordinamento richiede, ai fini dell’affermazione della responsabilità risarcitoria, quantomeno l’elemento della colpa, che, invece, è stata esclusa dal Giudice Amministrativo con statuizione avente efficacia di giudicato anche nei confronti di IRES (è per questo che il ricorrente invoca la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.).
Inoltre, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione dell’art. 1227 comma 1° c.c., che presuppone che sia stata riconosciuta la colpa del creditore danneggiato (IRES) concorrente con quella del debitore-danneggiante (assessorato) a sua volta responsabile quantomeno per colpa. Tuttavia, nel caso di specie, manca il presupposto applicativo della norma, ovvero la colpa della P.A. esclusa dalla sentenza del giudice amministrativo con efficacia di giudicato.
Il ricorrente invoca la falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. da parte della Corte d’Appello che ha ripartito il danno non in proporzione alla colpa, ma in proporzione all’assenza di colpa.
Con il terzo motivo è stata denunciata la ‘ motivazione assente (o, al più, soltanto apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile) ‘ della sentenza.
Espone il ricorrente che la Corte d’Appello non ha spiegato in che cosa sia consistito il presunto errore colposo, in cui sia il danneggiato che il danneggiante sarebbero incorsi – posto che il Giudice amministrativo aveva escluso ogni profilo di colpa in capo
alla P.A. -ma si è limitato ad addebitarlo pariteticamente ad entrambe le parti, senza neppure spiegare perché un errore al 50% si sia tradotto automaticamente nel dimezzamento dell’importo dovuto in restituzione da IRES alla P.A., non avendo la sentenza impugnata dato conto del ragionamento seguito per la determinazione dell’entità del danno.
Con il quarto motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
Espone il ricorrente che la Corte d’Appello non ha considerato che sul profilo della assenza di colpa della P.A. è intervenuto un giudicato amministrativo.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentano concomitanti profili di inammissibilità ed infondatezza.
Va, in primo luogo, osservato che l’assessorato ricorrente principale non ha colto la ratio decidendi della sentenza impugnata nella parte in cui quest’ultima ha evidenziato che la mancanza di colpevolezza dell’apparato amministrativo, accertata dal giudice amministrativo, era riferita alla pretesa risarcitoria avanzata dalla ricorrente nel giudizio amministrativo, associazione RAGIONE_SOCIALE e non alla domanda o eccezione di IRES.
Con tale motivazione, l’Assessorato ricorrente non si è minimamente confrontato, essendosi limitato a richiamare le valutazioni del giudice amministrativo che riguardavano il diverso rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e la P.A.
Peraltro, il giudice di secondo grado, nel compiere la valutazione di cui sopra, ha dimostrato di aver esaminato tale giudicato amministrativo, risultando quindi infondata la censura di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (di cui al quarto motivo), che era, inoltre, pure inammissibile, trattandosi di
fatto non decisivo in quanto non riguardante, come detto, i rapporti tra l’Assessorato e la IRES.
Inammissibile è la dedotta violazione dell’art. 1227 c.c., censura svolta sul rilievo che se non vi è colpa dell’Amministrazione nella vicenda che ha portato all’annullamento dell’aggiudicazione, il danno non può essere ripartito ‘in proporzione all’assenza di colpa’.
Anche tale doglianza ignora, e quindi non si confronta, con l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui l’assenza di colpa accertata dal Giudice Amministrativo nel giudizio sfociato nell’annullamento dell’aggiudicazione non attiene al diverso rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e Ires, in relazione al quale il giudice di secondo grado ha, invece, accertato una responsabilità della P.A. da ‘contatto qualificato’, per avere l’associazione confidato nella regolarità e legittimità dell’aggiudicazione.
Infine, in ordine al dedotto vizio di motivazione ex art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., va premesso che, secondo la legislazione vigente, può essere denunciato in sede di legittimità come vizio di motivazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 1522 del 2021 e Cass. n.
26199 del 2021; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022).
Nel caso di specie, la motivazione con cui la Corte d’Appello ha quantificato il risarcimento del danno, nella misura del 50% della somma richiesta dall’Ires, non è perplessa né apparente, indicando in modo chiaro l’iter logico seguito, ancorato all’apprezzamento del concorso di colpa del danneggiato.
Trattasi di valutazione di fatto non censurabile in sede di legittimità.
Con il primo motivo del ricorso incidentale di IRES è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., in ordine al profilo del diritto a trattenere le somme già corrisposte.
Espone il ricorrente incidentale che la cessazione del suo rapporto con l’Assessorato, conseguente alla pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione in sede amministrativa, non comporta l’automatica restituzione delle somme erogate. Evidenzia che il rapporto costituitosi a seguito del decreto di finanziamento poi caducato può essere assimilato a quello di un contratto ad esecuzione continuata. Ires, infatti, a seguito della pubblicazione della graduatoria in cui era risultata vincitrice, aveva avviato l’attività prevista nel rispetto della tempistica prestabilita e l’amministrazione regionale aveva erogato il contributo relativo all’Azione 1 interamente conclusa. Ires aveva quindi già posto in essere prestazioni che non potevano essere travolte dalla cessazione del rapporto contrattuale.
8. Il motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello ha evidenziato a pag. 5 della sentenza impugnata il preciso passaggio motivazionale (che ha virgolettato) della sentenza del TAR in cui tale giudice ha affermato che ‘l’accoglimento del settimo motivo del ricorso introduttivo e del primo motivo del ricorso per motivi aggiunti comporta, alla stregua,
dei principi assieme all’annullamento, per quanto di ragione degli atti presupposti impugnati, l’effetto caducatorio a carico degli atti consequenziali, cioè dei decreti assessoriali di concessione del finanziamento relativo all’Azione 1 in favore dell’associazione RAGIONE_SOCIALE.
Su tale affermazione si è formato il giudicato che, nel prevedere l’effetto caducatorio dei decreti di concessione dei finanziamenti, non può che comportare la restituzione dell’indebito. Diverso ragionamento deve svolgersi con riferimento alla pretesa risarcitoria svolta dalla IRES per aver sostenuto spese confidando nella regolarità e legittimità dell’aggiudicazione.
Il richiamo del ricorrente incidentale ai contratti ad esecuzione continuata, oltre ad essere inconferente, è inammissibile, essendo state allegate circostanze di fatto (come, a titolo di esempio, la continuazione del rapporto dopo la sentenza del TAR su solleciti della P.A. non risultanti dalla sentenza impugnata) che la ricorrente incidentale non ha neppure dedotto di aver sottoposto all’esame dei giudici di merito.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del principio del legittimo affidamento.
Espone la ricorrente di aver svolto le attività e sostenuto ed anticipato spese nella incolpevole convinzione di averne pienamente titolo.
La Corte d’Appello non aveva considerato che la richiesta di restituzione da parte della P.A. aveva comportato una chiara violazione del legittimo affidamento nello svolgimento del rapporto contrattuale, affidamento che era meritevole di tutela e presupponeva l’assenza di colpa del privato. Per questo motivo erronea era stata l’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 1227, comma 1, c.c.., e la riduzione del danno nella misura del 50%.
La Corte d’Appello non aveva considerato la condotta colposa complessiva tenuta dall’Amministrazione, la quale aveva continuato a dare regolare esecuzione al contratto ben oltre la sentenza del TAR Sicilia che annullava parzialmente la gara, richiedendo alla IRES il rispetto dei tempi e delle procedure.
L’IRES Aveva quindi diritto al risarcimento integrale dei danni subiti per avere confidato nell’apparente legittimità dell’aggiudicazione e nel contegno servato dall’Amministrazione successivamente alla sottoscrizione del contratto.
10. Il motivo è inammissibile.
Anche la Ires censura, per le ragioni opposte, e parimenti inammissibili, una valutazione di fatto svolta dal giudice d’appello nella quantificazione del risarcimento del danno, che non è sindacabile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112. c .p.c. per omessa pronuncia della Corte d’Appello di Palermo sulla domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
ll motivo è assorbito, non avendo il giudice d’appello correttamente esaminato la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, avendo accolto quella di risarcimento del danno per incolpevole affidamento svolta in grado poziore.
In ragione della reciproca soccombenza delle parti, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Rigetta il ricorso incidentale.
Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte sia del ricorrente principale che del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il