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Riqualificazione rapporto di lavoro: no indennizzo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1134/2024, ha confermato un importante principio in tema di riqualificazione rapporto di lavoro. Il caso riguardava un collaboratore di un’emittente radiotelevisiva il cui contratto, formalmente autonomo, è stato dichiarato di natura subordinata. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che l’indennizzo forfettizzato previsto dall’art. 32 della L. 183/2010 non si applica in questi casi, poiché l’uso fraudolento di una collaborazione autonoma è considerato più grave della semplice apposizione di un termine illegittimo a un contratto di lavoro subordinato.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Riqualificazione rapporto di lavoro: No all’indennizzo Forfettizzato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di riqualificazione rapporto di lavoro: quando una collaborazione autonoma si rivela essere, nei fatti, un vero e proprio lavoro subordinato, il lavoratore ha diritto al risarcimento integrale del danno e non all’indennizzo forfettizzato previsto da specifiche normative. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela dei lavoratori contro l’uso improprio di forme contrattuali flessibili.

I Fatti del Caso: Dalla Collaborazione Autonoma alla Causa in Tribunale

Il caso trae origine dalla vicenda di un collaboratore che per anni aveva prestato la propria attività per una nota emittente radiotelevisiva nazionale. Sebbene il suo contratto fosse formalmente qualificato come ‘collaborazione autonoma a termine’, le modalità concrete di svolgimento del lavoro presentavano tutti i caratteri della subordinazione (eterodirezione, inserimento nell’organizzazione aziendale, etc.).

Il lavoratore ha quindi adito il Tribunale, che ha accertato la natura subordinata del rapporto e condannato l’azienda al pagamento di una cospicua somma a titolo di risarcimento danni. La decisione è stata poi confermata dalla Corte d’Appello.

L’azienda, non rassegnata, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici di merito avrebbero dovuto applicare un criterio di liquidazione del danno differente e più limitato.

La Questione Giuridica e la Riqualificazione Rapporto di Lavoro

Il nodo centrale del ricorso verteva sull’applicabilità dell’articolo 32, comma 5, della Legge n. 183/2010. Questa norma prevede un indennizzo onnicomprensivo forfettizzato (compreso tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione) per i casi di conversione di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato illegittimo in un contratto a tempo indeterminato.

Secondo la tesi dell’azienda, questo regime risarcitorio avrebbe dovuto essere esteso per analogia anche all’ipotesi di riqualificazione rapporto di lavoro da autonomo a subordinato. La questione posta alla Suprema Corte era, quindi, se le due situazioni potessero essere considerate giuridicamente equivalenti ai fini del risarcimento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza la tesi aziendale, confermando l’orientamento ormai consolidato. Gli Ermellini hanno chiarito che il regime dell’indennizzo forfettizzato rappresenta una norma eccezionale, applicabile esclusivamente all’ipotesi per cui è stata scritta: la conversione di un contratto a termine subordinato viziato.

La ragione di questa distinzione, come sottolineato dalla stessa Corte Costituzionale in passato (sentenza n. 303 del 2011), risiede nella diversa gravità delle violazioni. L’utilizzo fraudolento di un contratto di collaborazione per mascherare un rapporto di lavoro subordinato è considerato un illecito ‘obiettivamente più grave’ rispetto alla semplice apposizione di una clausola a termine illegittima in un contratto che nasce già come subordinato. Le due fattispecie non sono assimilabili e, pertanto, non possono ricevere lo stesso trattamento sanzionatorio.

Di conseguenza, nel caso di riqualificazione da autonomo a subordinato, il danno deve essere liquidato secondo le regole ordinarie, consentendo al lavoratore di ottenere il pieno ristoro dei pregiudizi subiti.

Le Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

L’ordinanza in commento rafforza un baluardo a protezione dei lavoratori. La decisione impedisce ai datori di lavoro di beneficiare di un regime risarcitorio più mite dopo aver fatto ricorso a forme di elusione contrattuale particolarmente gravi. Viene così riaffermato che la riqualificazione rapporto di lavoro non è una mera formalità, ma l’accertamento di una realtà sostanziale che deve portare a un pieno ripristino dei diritti lesi.

Per i lavoratori, questo significa poter contare su un risarcimento commisurato al danno effettivamente patito. Per le aziende, è un chiaro monito a utilizzare correttamente gli strumenti contrattuali, evitando simulazioni che, una volta scoperte, comportano conseguenze economiche ben più onerose rispetto alla gestione trasparente del rapporto di lavoro.

L’indennizzo forfettizzato previsto dalla legge si applica quando un contratto di collaborazione autonoma viene riqualificato come lavoro subordinato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il regime di indennizzo forfettizzato (art. 32, L. 183/2010) si applica solo alla conversione di contratti di lavoro subordinato a termine illegittimi, e non alla riqualificazione di un rapporto di lavoro autonomo in subordinato.

Perché la Cassazione distingue tra le due fattispecie?
La Corte ritiene che l’utilizzo fraudolento di una collaborazione per mascherare un rapporto di lavoro subordinato sia una violazione ‘obiettivamente più grave’ rispetto all’apposizione di una clausola a termine viziata in un contratto già qualificato come subordinato. Pertanto, le due situazioni non possono essere assimilate e non meritano lo stesso trattamento risarcitorio.

Cosa succede se la parte vittoriosa in appello muore prima che venga notificato il ricorso per cassazione?
In base al principio di ultrattività del mandato alla lite, il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento estintivo non fosse avvenuto. Di conseguenza, la controparte può legittimamente notificare il ricorso presso il domicilio del difensore della parte deceduta, e la notifica è considerata valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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