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Riqualificazione personale giustizia: la Cassazione frena

Due dipendenti del Ministero della Giustizia avevano ottenuto in primo e secondo grado il diritto alla riqualificazione in un’area funzionale superiore. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Ministero, ha ribaltato la decisione. L’ordinanza chiarisce che la normativa sulla riqualificazione personale giustizia ha natura programmatica e non crea un diritto soggettivo automatico all’inquadramento superiore, il quale resta subordinato all’espletamento di specifiche procedure selettive e alla disponibilità di risorse.

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Riqualificazione personale giustizia: non è un diritto automatico

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione di grande interesse nel pubblico impiego: la riqualificazione personale giustizia. La Suprema Corte ha chiarito che le norme che la prevedono hanno natura programmatica e non conferiscono ai dipendenti un diritto automatico e azionabile in giudizio per ottenere l’inquadramento superiore. Questa decisione ribalta i precedenti giudizi di merito e delinea con precisione i confini tra le aspettative dei lavoratori e le prerogative della Pubblica Amministrazione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal ricorso di due dipendenti del Ministero della Giustizia, inquadrati nella seconda area funzionale, i quali avevano chiesto al Tribunale di accertare il loro diritto a essere inquadrati nella terza area funzionale. Inizialmente, il Tribunale aveva accolto parzialmente le loro richieste, riconoscendo il diritto alla riqualificazione e condannando l’Amministrazione al pagamento delle differenze retributive.

La decisione era stata confermata anche in secondo grado dalla Corte d’Appello, che aveva rigettato l’appello del Ministero. L’Amministrazione, non arrendendosi, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente l’errata interpretazione delle norme che regolano la materia.

I motivi del ricorso e l’analisi della Cassazione sulla riqualificazione del personale

Il Ministero ha basato il suo ricorso su tre motivi, ma quello decisivo è stato il secondo, con cui si denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 21-quater del d.l. n. 83/2015 e del successivo Accordo del 26 aprile 2017. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avevano erroneamente interpretato queste disposizioni come immediatamente precettive, ovvero capaci di creare un diritto soggettivo pieno in capo ai dipendenti.

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, ritenendo il motivo fondato e decisivo per la risoluzione della controversia.

Le Motivazioni

La Suprema Corte, richiamando un suo precedente orientamento (Cass. n. 16999/2023), ha spiegato in modo approfondito perché la normativa in questione non può essere interpretata come fonte di un diritto automatico. L’art. 21-quater si limita ad autorizzare il Ministero, nei limiti delle risorse disponibili, a indire procedure di contrattazione collettiva per definire i passaggi di area. Si tratta, quindi, di una norma programmatica che delinea un percorso e fissa un obiettivo, ma non un diritto immediatamente esigibile.

Il testo della legge è chiaro: ogni effetto economico e giuridico delle procedure di riqualificazione decorre solo dalla “completa definizione delle relative procedure selettive”. Di conseguenza, in assenza di tali procedure, non sorge alcun diritto all’inquadramento superiore.

Lo stesso ragionamento è stato applicato all’Accordo sindacale del 2017. Anche questo atto è stato qualificato come programmatico, in quanto rinvia l’attuazione a successivi provvedimenti, da adottarsi “nei limiti dei posti disponibili” e “con procedure selettive”. Pertanto, l’accordo non può fondare un automatismo nello scorrimento di graduatorie né, tantomeno, una pretesa di riqualificazione da far valere in tribunale a prescindere dagli atti gestionali dell’Amministrazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda originaria dei dipendenti. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale per la riqualificazione personale giustizia: non è un diritto che sorge automaticamente per legge, ma una possibilità subordinata all’iniziativa della Pubblica Amministrazione. Quest’ultima deve attivare le procedure di contrattazione, bandire le selezioni interne e operare nel rispetto dei vincoli di bilancio. I dipendenti, quindi, non possono agire in giudizio per ottenere una riqualificazione che non sia stata preceduta da questi passaggi amministrativi obbligatori.

Un dipendente pubblico può ottenere in via giudiziale la riqualificazione a una qualifica superiore basandosi sull’art. 21-quater del D.L. 83/2015?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa norma ha natura “programmatica”, cioè si limita a fissare un obiettivo per l’Amministrazione, ma non crea un diritto soggettivo immediato e azionabile in tribunale per il dipendente.

Cosa significa che una norma o un accordo sono di natura “programmatica”?
Significa che tali atti non sono immediatamente precettivi. Essi delineano un programma o autorizzano un’azione (in questo caso, la riqualificazione), ma la loro concreta attuazione dipende da successivi passaggi, come l’emanazione di specifici provvedimenti, lo svolgimento di procedure selettive e la verifica della copertura finanziaria.

L’Accordo sindacale del 26 aprile 2017 ha creato un diritto automatico alla riqualificazione?
No. Anche l’accordo è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione di natura programmatica. Esso rinvia esplicitamente all’espletamento di necessarie procedure selettive e agisce nei limiti delle risorse disponibili, escludendo quindi qualsiasi automatismo o diritto immediato alla progressione di carriera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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