Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20813 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
Oggetto
Somministrazione
di lavoro
illegittima –
conversione
–
ripristino del rapporto
R.G.N. 4216/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 4216-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 386/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 28/07/2021 R.G.N. 129/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Messina, per quanto in questa sede ancora rileva, in parziale riforma di sentenza del Tribunale di Patti (che aveva rigettato la domanda) condannava RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a NOME COGNOME la somma di € 23.210,29, oltre accessori, a titolo di risarcimento dei danni, determinati in via equitativa, per il maggior aggravio di spese e tempo derivanti dalla distanza tra la sede lavorativa di Giardini Naxos dove il lavoratore era addetto secondo l’ultimo contratto e dove avrebbe dovuto essere riassunto, in esecuzione di sentenza del Tribunale di Catania che aveva riconosciuto il suo diritto alla trasformazione dei contratti di somministrazione intercorsi tra le parti negli anni dal 2000 al 2008 per lo svolgimento di mansioni di autista – e quella di Tortorici dove, invece, era stato assegnato nel 2010 dopo la suddetta sentenza;
2. in particolare, la Corte distrettuale riteneva che l’assegnazione alla sede di Tortorici avesse costituito un illegittimo esercizio dello jus variandi del datore di lavoro, posto che la garanzia concreta dell’effetto ripristinatorio del rapporto di lavoro a seguito di declaratoria di illegittimità di contratti di somministrazione, comportante la costituzione di un rapporto lavorativo a tempo indeterminato dalla data del primo contratto di somministrazione, deve avvenire nel medesimo posto ove il lavoratore aveva prestato da ultimo attività lavorativa (similmente all’ipotesi di riammissione in servizio nel caso di declaratoria di nullità del termine); e che non fosse stata provata dal datore di lavoro l’inesistenza di sede operativa in Giardini Naxos alla data del ripristino, rimanendo quindi indimostrata da parte del datore di lavoro medesimo la
legittimità del trasferimento, con le conseguenze risarcitorie di cui sopra, rapportate ai periodi di viaggio necessari e ai turni del dipendente;
3. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso la società con cinque motivi; resiste il lavoratore con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza ;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per o messa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello per carenza di interesse ad agire;
il motivo è inammissibile;
il vizio denunziato è configurabile solo per le domande e le eccezioni di merito, non anche per quelle di rito (v. Cass. n. 15613/2021); ciò esonera la Corte dall’esaminare il motivo nel suo contenuto di censura;
con il secondo motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 27, comma 1, d. lgs. n. 276/2003, 18 legge n. 300/1970, 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per errata individuazione della sede di riammissione in servizio in esecuzione di sentenza inter partes ;
il motivo è infondato;
la tesi di parte ricorrente della reintegra nel luogo del primo (di numerosi) contratti di somministrazione contrasta con il dato sistematico, perché il ripristino del rapporto di lavoro
ex tunc non significa che lo sviluppo pluriennale del rapporto di lavoro in fatto sia irrilevante, e con il dato normativo letterale, perché la Corte d’Appello non ha applicato l’art. 18 St. lav., ma la disciplina del ripristino del rapporto di lavoro per nullità del termine apposto al contratto;
7. invero, la Corte di Messina ha richiamato espressamente e applicato i principi di diritto espressi da questa Corte in tema di conseguenze del ripristino del rapporto di lavoro a seguito dell’accertamento della nullità del termine apposto al contratto (Cass. n. 25084/18, e altri precedenti di legittimità ivi richiamati), nel senso che la ricostituzione del rapporto di lavoro a seguito della declaratoria di nullità del termine deve avvenire negli esatti termini e condizioni in cui detto rapporto era sorto e s i era svolto sino all’illegittima cessazione per la scadenza di un termine nullo; ciò comporta il reinserimento del lavoratore nella stessa posizione di lavoro e nello stesso luogo in cui tale prestazione veniva da ultimo svolta; l’ eventuale trasferimento può pertanto operarsi solo nel rispetto della norma di cui all’art. 2103 c.c. e dell’ eventuale disciplina contrattuale collettiva che le parti contraenti si sono obbligate a rispettare; in altri termini il datore di lavoro, ottemperando all’ordine di ripristino del rapporto, può certamente disporre un trasferimento di sede, sempre che ne sussistano le condizioni previste dalla normativa e comunque in applicazione dei più generali principi di correttezza di buona fede di cui agli artt.1175 e 1375 c.c.;
8. con il terzo motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 2103 c.c. come modificato dall’art. 13, legge n. 300/1970, 115, 414, 416 c.p.c., art. 41 Cost., 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per e rrata imputazione dell’onere della prova di legittimo utilizzo dello jus
variandi in capo alla società, mentre la stessa si è limitata a inserire in organico il lavoratore nell’unica sede libera, come aveva richiesto di provare, senza che la relativa prova venisse ammessa;
9. il motivo non è fondato;
10. nella specie, la questione della mancata ammissione di capitolo di prova non è decisiva, perché la soppressione della sede rilevava ai fini dell’esercizio del trasferimento ad altra unità produttiva, con dimostrazione, di cui era onerata parte datoriale, delle ragioni tecniche, organizzative e produttive del trasferimento;
11. ma, come già sopra evidenziato (§ 7) l’applicazione dei principi regolanti il ripristino del rapporto di lavoro nel quadro dei principi di buona fede e correttezza è logicamente e giuridicamente precedente l’eventuale trasferimento di sede, sempre che ne sussistano le condizioni previste dalla normativa; ciò significa che il ripristino doveva avvenire nella sede dove da ultimo si era svolto il rapporto, con eventuale successivo (in senso logico) trasferimento, ricorrendone i presupposti di legge;
12. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. e violazione o falsa applicazione dell’art. 20, R.D. n. 148/1931 Reg. All. A ) e dell’art. 1227 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per omessa valutazione del comportamento del lavoratore, che aveva l’obbligo di fissare la propria residenza a Tortorici;
13. il motivo non è meritevole di accoglimento, perché non centrato rispetto alla fattispecie concreta e alla ratio decidendi della sentenza impugnata;
14. in primo luogo, si osserva che la norma invocata (che stabilisce che: ‘
richiesta dall’azienda, carente nel caso in esame; in secondo luogo, perché, come sopra visto, proprio il ripristino del rapporto a Tortorici è stato ritenuto illegittimo e in nesso di causa con il danno patito dal lavoratore;
15. con il quinto motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1226 c.c. e 432 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sostenendo errata liquidazione equitativa del danno poiché in assenza di qualsivoglia prova;
16. il motivo non è accoglibile;
nella sentenza impugnata sono individuati, esplicitati e controllabili i criteri (tempo e chilometri percorsi) per la determinazione di an e quantum del danno risarcibile nel caso di specie;
18. la pronuncia è pertanto conforme ai principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui, in tema di risarcimento del danno, il potere discrezionale del giudice di liquidazione in via equitativa comporta un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno e non è censurabile in sede di legittimità, purché la motivazione dia adeguatamente conto del peso specifico attribuito a ciascuno di essi nel caso concreto e consenta di ricostruire il percorso logico seguito e di verificare il rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento (Cass. n. 341/2025); ai fini della liquidazione equitativa di un danno non patrimoniale è necessario che il giudice di merito proceda, dapprima, all’individuazione di un
parametro di natura quantitativa, in termini monetari, direttamente o indirettamente collegato alla natura degli interessi incisi dal fatto dannoso e, di seguito, all’adeguamento quantitativo di detto parametro monetario attraverso il riferimento a uno o più fattori oggettivi, controllabili e non manifestamente incongrui – né per eccesso, né per difetto idonei a consentire a posteriori il controllo dell’intero percorso di specificazione dell’importo liquidato (Cass n. 20871/2024);
19. in ragione della soccombenza la società ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario;
20. a l rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 27 maggio 2025 .
Il Presidente dott. NOME COGNOME