Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9959 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22806-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME; COGNOME NOME in proprio e nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti questi ultimi nella qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
principali –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
R.G.N. 22806/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/03/2024
CC
avverso la sentenza n. 336/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/01/2019 R.G.N. 4958/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO
-che, con sentenza del 17 gennaio 2019 la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Nola, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Sant’Anastasia alle cui dipendenze operavano con la qualifica di vigili urbani, volta ad ottenere il risarcimento del danno per non aver goduto, per esigenza aziendale, del riposo settimanale, senza peraltro fruire, in luogo dello stesso, di alcun riposo compensativo;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’appello proposto dal Comune ammissibile e fondato nel merito atteso che in caso di prestazione resa in giornata festiva infrasettimanale o in quella domenicale i dipendenti che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni possono rivendicare unicamente il trattamento retributivo previsto dall’art. 22 del CCNL 14.9.2000 per il personale del comparto Regioni ed RAGIONE_SOCIALE (già 17 d.P.R. n. 268/1987) che compensa interamente sia la prestazione domenicale che il mancato godimento del riposo nel settimo giorno;
-che per la cassazione di tale decisione ricorrono COGNOME NOME ed altri 6 degli originari ricorrenti affidando l’impugnazione a quattro motivi cui resiste, con controricorso il Comune di Sant’Anastasia, che a sua volta propone ricorso incidentale condizionato, articolato su un unico motivo, in relazione al quale gli odierni ricorrenti non hanno svolto alcuna attività difensiva;
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 156, comma 2, c.p.c., imputano alla Corte territoriale l’ error in procedendo dato dal travisamento della questione giuridica posta, da cui discende l’insufficiente esposizione dei fatti e delle ragioni a supporto del gravame;
-che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost, 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., i ricorrenti lamentano il carattere apparente della motivazione e così la nullità dell’impugnata sentenza senza illustrare le ragioni per cui ha inteso disattendere i motivi di gravame;
-che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, i ricorrenti imputano alla Corte territoriale il travisamento dell’oggetto della domanda, dato dal ristoro del pregiudizio derivante dall’aver prestato servizio per una durata eccedente il normale orario di lavoro (ovvero il settimo giorno consecutivo oltre l’orario ordinario delle 36 ore), con conseguente erronea applicazione dell’art. 22 del CCNL di comparto 14.9.2000 in luogo dell’art. 24 del medesimo CCNL che, a detta dei ricorrenti, regola la predetta fattispecie, per di più invocando a comprova documentazione assunta come idonea ad attestare una circostanza di fatto, ovvero l’inserimento dei ricorrenti in turni di lavoro oggetto di programmazione a lungo termine, quando invece risultava priva di quella valenza;
-che, nel quarto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 36 Cost. 2087 e 2109 c.c. è prospettata in relazione all’omessa pronunzia in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa avendo erroneamente ritenuto non impugnata dai ricorrenti e così passata in giudicato la pronunzia di rigetto della domanda relativa al risarcimento del danno da usura psicofisica conseguente alla prestazione di attività lavorativa posta in essere consecutivamente oltre il sesto giorno, questione da ritenersi devoluta al giudice dell’appello in quanto riproposta e da accogliere alla stregua delle disposizioni invocate;
-che, dal canto suo, il Comune ricorrente incidentale, con l’unico motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamenta a carico del primo giudice l’essere incorso nel vizio di ultrapetizione, per aver questi pronunciato in contrasto con il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, avendo riconosciuto agli odierni ricorrenti il diritto alla maggiorazione retributiva per il periodo 13.9.1997/28.2.2007 in difetto della relativa domanda, non versandosi qui nell’ipotesi di una diversa
qualificazione della domanda originaria, per approdare così ad un pronunciamento contrastante con il rigetto della domanda risarcitoria avanzata a fronte del pregiudizio da usura psicofisica dedotto per il periodo successivo all’1.3.2007;
-che, venendo all’esame dei motivi, chiarito in via preliminare che l’oggetto della domanda va individuato nel ristoro dell’usura psicofisica conseguente all’aver i ricorrenti prestato servizio nel settimo giorno consecutivo oltre l’ordinario orario di lavoro di trentasei ore settimanali, tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono esser qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati alla luce dei principi di diritto consolidatisi nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8458/2010 cui adde fra le tante Cass. n. 32905/2021; Cass. n. 19326/2021; Cass. n. 28628/2020) qui di seguito illustrati;
-che in relazione al danno da usura psicofisica questa Corte ha già affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che né la disciplina contrattuale applicabile alla fattispecie né le fonti normative interne e sovranazionali impongono che il godimento del riposo, che deve essere assicurato in ragione di un giorno su sette, debba anche avvenire sempre nel settimo giorno consecutivo e, pertanto, è smentita in radice la tesi dei ricorrenti, secondo cui il mancato rispetto dell’intervallo temporale sarebbe sufficiente a generare un danno da usura psico-fisica, risarcibile a prescindere da ogni allegazione e prova del danno (Cass. n. 41891/2021; Cass. n. 41273/2021);
-che né a diverse conclusioni sono giunti Cass. n. 24563/2016 e Cass. n.24180/2013 che, in continuità con Cass. S.U. n. 142/2013, hanno riconosciuto il danno da usura psico-fisica in ragione della prestazione di lavoro nel settimo giorno consecutivo, perché in quei casi, pur venendo in rilievo il sistema di turnazione imposto da ente territoriale ad appartenenti alla Polizia Municipale, la Corte territoriale aveva accertato la totale soppressione del riposo settimanale, sia pure limitata ad una settimana su cinque, non già il mero spostamento temporale dello stesso;
-che quelle pronunce hanno ribadito che qualora la fruizione del risposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al
lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo, per l’attività lavorativa svolta nel settimo giorno sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato;
-che la risarcibilità del danno da usura psico-fisica, invece, presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 cod. civ., perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito;
-che nella specie la prestazione di lavoro nel settimo giorno consecutivo oltre il normale orario di lavoro è avvenuta nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, dettando l’art. 22 del CCNL 2000 una disciplina diretta a compensare interamente il disagio che deriva dall’articolazione dell’orario risultando rispettato il limite massimo settimanale, mentre l’applicazione dell’art. 24 dello stesso contratto (che i ricorrenti significativamente invocano in parallelo alla pretesa risarcitoria conseguente al pregiudizio da usura psicofisica rivelando il reale bene che si intende conseguire ovvero il l’indennità destinata a coprire il surplus di orario laddove non si sia inseriti come i ricorrenti in turni prestabiliti) che riguarda l’attività prestata in giorno festivo, resta limitata ai casi in cui si verifichi un’eccedenza rispetto al normale orario di lavoro assegnato al turnista, ossia qualora, in via eccezionale ovvero occasionale, al lavoratore venga richiesto di prestare la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato;
-che a tale orientamento si è attenuta la Corte territoriale la quale, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha dato atto dell’avvenuta corresponsione ai ricorrenti, da parte del Comune di Sant’Anastasia, della maggiorazione prevista dall’art. 22 del CCNL ed ha escluso che il compenso potesse sommarsi con quello previsto dall’art. 24, perché la prestazione nel giorno festivo era stata resa nel rispetto dei turni
programmati e senza che si fosse verificata un’eccedenza rispetto all’orario settimanale;
-che il ricorso va dunque rigettato, restando pertanto assorbito il ricorso incidentale condizionato;
-che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali del 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nell ‘a dunanza camerale de ll’8 marzo 2024