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Ripetizione indebito: interessi e onere della prova

Un correntista ha citato in giudizio una banca per la restituzione di somme indebitamente addebitate sul conto corrente. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9757/2024, ha chiarito due aspetti fondamentali della ripetizione dell’indebito: primo, che gli interessi sulla somma da restituire decorrono non solo dalla domanda giudiziale ma anche da un precedente atto di costituzione in mora; secondo, che spetta al cliente, e non alla banca, l’onere di provare la natura non solutoria dei versamenti effettuati sul conto scoperto ai fini della prescrizione.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ripetizione dell’Indebito Bancario: La Cassazione Chiarisce Interessi e Onere della Prova

L’azione di ripetizione dell’indebito è uno strumento cruciale per i correntisti che ritengono di aver subito addebiti illegittimi da parte della propria banca. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare luce su due aspetti procedurali di grande rilevanza pratica: la decorrenza degli interessi sulle somme da restituire e la ripartizione dell’onere della prova in merito alla prescrizione del diritto. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: La Controversia sul Conto Corrente

Un cliente citava in giudizio il proprio istituto di credito, sostenendo che sul suo conto corrente, aperto con affidamento, fossero state applicate condizioni illegittime. In particolare, contestava l’addebito di interessi ultralegali non pattuiti, la capitalizzazione trimestrale (anatocismo), commissioni non dovute e l’applicazione di giorni valuta non conformi. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del correntista, condannando la banca alla restituzione di una cospicua somma.

La Decisione della Corte d’Appello

La banca impugnava la sentenza di primo grado. La Corte d’Appello, riformando la decisione precedente, accoglieva l’appello della banca. Secondo i giudici di secondo grado, la domanda del correntista era infondata in quanto il suo credito era stato completamente assorbito dall’importo delle rimesse cosiddette ‘solutorie’ per le quali si era verificata la prescrizione. Inoltre, la Corte d’Appello riteneva errata la decorrenza degli interessi stabilita dal primo giudice.

La Ripetizione dell’Indebito e la Decorrenza degli Interessi

Il primo motivo di ricorso in Cassazione riguardava la decorrenza degli interessi sulle somme oggetto di restituzione. La Corte d’Appello aveva ritenuto che gli interessi dovessero decorrere solo dalla data della domanda giudiziale. La Cassazione ha corretto questa interpretazione. Richiamando un orientamento consolidato, ha stabilito che l’espressione ‘dal giorno della domanda’ contenuta nell’art. 2033 c.c. non si riferisce esclusivamente alla domanda giudiziale. Essa comprende anche gli atti stragiudiziali, come una lettera di messa in mora, che hanno valore di costituzione in mora del debitore. Pertanto, se il cliente ha inviato una richiesta formale di restituzione prima di avviare la causa, gli interessi decorrono da quel momento precedente, a condizione che l’istituto di credito fosse in buona fede (cioè non consapevole di trattenere somme non dovute).

L’Onere della Prova nella Ripetizione dell’Indebito

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla questione della prescrizione e sull’onere della prova. Il correntista sosteneva che, avendo un’apertura di credito, i versamenti sul conto dovessero presumersi ‘ripristinatori’ della provvista e non ‘solutori’ del debito, e che spettasse alla banca dimostrare il contrario per far valere la prescrizione. La Cassazione ha respinto questa tesi. Ha affermato che, in tema di conto corrente bancario con apertura di credito, grava sul cliente che agisce per la ripetizione dell’indebito l’onere di allegare e provare che i versamenti effettuati avevano natura ripristinatoria e non solutoria. Si tratta di un fatto costitutivo della domanda del cliente, e la prova di un fatto negativo (come la non avvenuta estinzione del debito) può essere fornita attraverso presunzioni o la dimostrazione di fatti positivi contrari.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di principi consolidati. Per quanto riguarda la decorrenza degli interessi, ha fatto riferimento a una sentenza delle Sezioni Unite (n. 15895/2019) che ha chiarito l’interpretazione estensiva del termine ‘domanda’ nell’art. 2033 c.c., includendovi anche gli atti di costituzione in mora stragiudiziali. Questo tutela il creditore che si è attivato tempestivamente per richiedere quanto gli spetta. Sul secondo punto, relativo all’onere della prova, la Corte ha ribadito che chi agisce in giudizio per far valere un diritto deve provarne i fatti costitutivi (art. 2697 c.c.). Nel caso della ripetizione di interessi non dovuti su un conto affidato, è il cliente a dover dimostrare che i suoi versamenti non avevano lo scopo di pagare il debito (e quindi non facevano decorrere la prescrizione), ma solo di ripristinare il fido. Non è configurabile un onere a carico della banca di dimostrare quali rimesse avessero carattere solutorio.

Conclusioni

La sentenza offre due indicazioni operative importanti. Per i correntisti, emerge l’importanza di inviare una formale lettera di messa in mora alla banca prima di iniziare una causa, al fine di anticipare la decorrenza degli interessi in caso di vittoria. Inoltre, devono essere consapevoli che, in un eventuale giudizio, spetterà a loro fornire la prova, anche tramite presunzioni, che i versamenti effettuati sullo scoperto di conto non erano finalizzati a estinguere il debito. Per gli istituti di credito, la decisione conferma che l’eccezione di prescrizione può essere sollevata validamente, gravando poi sul cliente l’onere di dimostrare l’infondatezza di tale eccezione.

In un’azione per la ripetizione dell’indebito, da quando decorrono gli interessi sulla somma da restituire?
Secondo la Corte, gli interessi possono decorrere non solo dalla data della domanda giudiziale, ma anche da un precedente atto stragiudiziale con cui il creditore ha messo in mora il debitore, come una lettera formale di richiesta.

Chi ha l’onere di provare la natura dei versamenti su un conto corrente affidato ai fini della prescrizione?
L’onere della prova grava sul cliente. È il correntista che agisce per la restituzione delle somme a dover dimostrare che i versamenti effettuati avevano natura ‘ripristinatoria’ della linea di credito e non ‘solutoria’, cioè finalizzata al pagamento del debito.

La presenza di un’apertura di credito sul conto corrente fa presumere che tutti i versamenti siano ripristinatori?
No. La Corte ha chiarito che la sola presenza di un’apertura di credito non è sufficiente a far presumere la natura ripristinatoria delle rimesse. Il cliente deve comunque fornire la prova che tali versamenti non avessero lo scopo di estinguere il debito maturato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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