Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12944 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
sul ricorso 21183/2020 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a., in persona del legale rappres. p.t.; elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, rappres. e difesa dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrente –
contro
–
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, rappres. e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 715/2020 de lla Corte d’appello di Firenze , pubblicata in data 01.04.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE liquidazione conveniva, innanzi al Tribunale di Lucca, la RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena s.p.a., chiedendo la restituzione delle somme percepite indebitamente relativamente agli interessi ultralegali, alle commissioni di massimo scoperto e agli interessi anatocistici, come emergenti dal rapporto di conto corrente intrattenuto con la banca convenuta.
Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, condannava la banca al pagamento della somma complessiva di euro 205.376,68 (di cui euro 33.657,56 da detrarre in quanto già corrisposta dalla banca), osservando che: non essendo leggibile la copia del primo contratto di conto corrente, concluso il 21.7.78, doveva ritenersi non dimostrata, per il periodo 21.7.78- 5.6.89 (data di rinegoziazione delle pattuizioni contrattuali), l’esistenza di claus ole determinative di interessi u ltralegali e di c.m.s., mentre la pratica dell’anatocismo emergeva dagli estratti-conto; circa il periodo successivo al 5.6.89, le clausole del secondo contratto erano affette dai vizi di nullità, con specifico riferimento all’anatocismo, agli interessi e alle c.m.s. determinati dagli usi su piazza; la mancata contestazione delle pattuizioni indicate negli estratti-conto periodici, non ne comportava un’accett azione tacita, trattandosi di clausole nulle; era dunque da accogliere la domanda relativa alla debenza degli interessi ultralegali, dell’anatocismo e delle c.m.s.; l’eccezione di prescrizione della banca era parzialmente fondata, in quanto, pur essendo contestato che il conto corrente fosse affidato – stante la mancata apertura del contratto di apertura di credito -l’attrice aveva depositato un CD ROM contenente, per il periodo successivo all’1.1.89, i dati della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia da
cui emergeva l’esistenza di una linea di credito sul conto corrente per un importo nel corso del tempo variato; l’attrice aveva altresì prodotto la lettera datata 19.9.08 con la quale veniva ad essa comunicato, da parte della RAGIONE_SOCIALE MPS, la revoca della linea di credito di euro 50.000,00; quanto al periodo precedente a ll’1.1.89 , la prova dell’affidamento poteva desumersi, in via presuntiva, dalla copia degli estratti-conti periodici da cui emergeva la sistematica applicazione di c.m.s. e di interessi extrafido, pur non essendo possibile determinare – come rilevato dal c.t.u. il tetto dell’affidamento; pertanto, la suddetta eccezione era fondata con riferimento ai pagamenti delle competenze trimestrali non dovute per il decennio anteriore alla notificazione della citazione, per cui l’indebito da restituire, sulla base della c.t.u., ammontava alla somma di euro 33.657,56.
Con sentenza dell’1.4.20, la Corte territoriale accoglieva l’appello della RAGIONE_SOCIALE e, in riforma della sentenza impugnata, condannava la RAGIONE_SOCIALE MPS s.p.a. al pagamento della somma di euro 171.718,44 oltre interessi legali, rigettando l’appello incidentale, osservando che: quanto all’appello incidentale della banca, l’i ncompleta ricostruzione degli estratti-conto e il mancato deposito dei contratti di apertura di cred ito da parte dell’attrice, non incidevano sull’assolvimento dell’onere della prova, laddove risultasse ugualmente possibile ricostruire con attendibilità l’evoluzione del rapporto; nella specie, dall’esame della c.t.u. non si desumeva alcuna incompletezza della ricostruzione del rapporto di conto corrente; al riguardo, non era documentata la pattuizione scritta circa il contenuto del conto corrente, per cui occorreva distinguere tra la parte del rapporto anteriore e quella successiva al 1992 – anno nel quale era entrata in vigore la l. n. 154/92 sulla forma scritta a pena di nullità del contratto di conto corrente – in ordine al calcolo degli interessi ultralegali, espungendo quelli maturati
anteriormente secondo gli usi su piazza, previa sostituzione con il tasso legale, data la nullità della relativa clausola, ed applicando invece il tasso ex art. 117 TUB agli interessi maturati dopo la l. n. 154; non era legittima la capitalizzazione, anche successivamente alla delibera CICR del 9.2.2000, in mancanza di una nuova clausola sottoscritta dal correntista, dato il peggioramento delle condizioni rispetto al periodo precedente, nel quale non era prevista la capitalizzazione; la banca non aveva allegato elementi volti a superare la presunzione della stipula di apertura di credito, i cui indizi emergevano dagli estratti-conto, stante anche la mancata contestazione del contenuto della c.t.u.; circa l’appello principale, era da applicare il principio per cui il termine di prescrizione decorreva dalla chiusura del conto, in ordine alle rimesse ripristinatorie.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria. La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell ‘art. 2697 c.c., per aver la Corte d’appello rigettato il secondo motivo dell’appello incidentale, confermando il rigetto dell’eccezione di difetto di prova, in quanto la società attrice aveva prodotto documentazione incompleta, avendo dunque la Corte erroneamente esonerato la correntista dall’onere della prova, imputandolo alla banca.
Il secondo motivo denunzia violazione dell ‘art. 2033 c.c., per aver la Corte territoriale rigettato il terzo motivo dell’appello incidentale, con il quale era stata censurata l’omessa pronuncia sull’eccezione preliminare d’inammissibilità dell’azione d’indeb ito , di cui l’attrice non aveva fornito la prova con riguardo agli effettivi pagamenti di saldi.
Il terzo motivo denunzia violazione della l. n. 154/92, del d.lgs. n. 385/93, e de ll’art. 117 TUB, per aver la Corte d’appello ritenuto la stipula di contratti di apertura di credito in mancanza di prova dell’attrice, rilevando erroneamente non necessaria la forma scritta per tali contratti anteriori alla l. n. 154, e ritenendo provati i fidi di fatto sulla base degli estratti-conti e delle risultanze della RAGIONE_SOCIALE, quali elementi presuntivi inidonei a fornire la prova in questione. Al riguardo, la ricorrente assume di aver espresso tali critiche in sede di contestazione della c.t.u.
Il quarto motivo impugna il capo della sentenza afferente all’individuazione del termine di decorren za della prescrizione dalla chiusura del conto corrente, e non dalle singole rimesse, avendo la Corte d’appello affermato che nessuna valenza solutoria potesse attribuirsi ai pagamenti effettuati con la medesima somma messa a disposizione del correntista da parte della banca, non essendo in tal caso configurabile alcuno spostamento patrimoniale a favore di quest’ul tima.
Il primo motivo è infondato.
In tema di rapporti bancari, la produzione dell’estratto conto, quale atto riassuntivo delle movimentazioni del conto corrente, può offrire la prova del saldo del conto stesso, in combinazione con le eventuali controdeduzioni di controparte e le ulteriori risultanze processuali; là dove tali movimentazioni siano ricavabili anche da altri documenti, come i cosiddetti riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò è sufficiente alla integrazione della prova di cui il correntista richiedente è onerato (Cass., n. 10293/23). In tema di rapporti bancari, ai fini dell’accertamento del rapporto di dare/avere, è sempre possibile per il giudice di merito, a fronte di una
produzione non integrale degli estratti conto, ricostruire i saldi attraverso l’impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti (Cass., n. 22290/23).
Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti desumersi “aliunde”, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, che forniscano indicazioni certe e complete, anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass., n. 20621/21, che ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda del correntista, le cui scritture contabili – libro giornale e mastrini erano state ritenute non idonee a provare l’effettiva movimentazione registrata in conto).
Nella specie, la Corte d’appello ha correttamente applicato il richiamato orientamento, ritenendo che il correntista abbia provato il credito, avendo ricostruito i movimenti del conto corrente utilizzando gli estratti-conto prodotti, le lettere intercorse tra le parti e le risultanze della centrale-rischi, recependo il contenuto della c.t.u. evidenziando, sul punto, che la banca non aveva espressamente criticato l’argomentazione del giudice di secondo grado.
Il secondo motivo è inammissibile.
La ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciare sul motivo dell’appello incidentale concernente l’eccezione d’inammissibilità dell’azione di ripetizione di addebiti illegittimi. In
particolare, la ricorrente si duole che la stessa Corte non avrebbe tenuto conto che l’azione promossa dalla controparte era stata incentrata esclusivamente sulla base di asseriti illegittimi addebiti e non dell’avvenuto pagamento di saldi, conseguenti a tali addebiti.
Invero, la Corte d’appello, contrariamente a quanto affermato da lla ricorrente, ha pronunciato sulla suddetta doglianza, assumendo che, atteso che l’attrice aveva fatto espresso riferimento al pagamento di somme non dovute, di cui chiedeva la restituzione, il momento del pagamento coincideva con la chiusura del conto (avvenuta nel 2009), per cui era infondato il rilievo per il quale la domanda della RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto ad oggetto solo annotazioni contabili, sulla scorta dei principi elaborati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (V. SU, n. 15895/19, in motivazione, circa l’individuazione dell’atto giuridico qualificabile come pagamento nel caso di rimessa che ecceda l’importo dell’affidamento concesso ).
Il terzo motivo è parimenti inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti circa la questione della stipula del fido la cui sussistenza è stata ritenuta dalla Corte d’appello sulla base della c.t.u. e dei documenti esaminati (dati estratti dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia e lettera di revoca dell’affidamento dell’importo di euro 50.000,00).
Al riguardo, la ricorrente si duole della mancanza di forma scritta, ma la possibilità di stipula di un contratto di apertura di credito per fatti concludenti è ritenuta possibile dalla giurisprudenza di questa Corte per i contratti anteriori alla legge n. 154/92 (Cass., n. 17090/08; n. 3842/96 : ‘n el regime previgente all’entrata in vigore dell’art. 3 della legge 17 febbraio 1992 n. 154, il quale ha imposto l’obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari, era consentita la conclusione “per facta concludentia” di un contratto di
apertura di credito, alla luce del comportamento rilevante della banca ‘).
Il quarto motivo, infine, è infondato. La ricorrente censura il capo della decisione con cui è stato accolto l’appello principale, rilevando, in particolare, che il rapporto di conto corrente aveva registrato periodiche chiusure mensili/trimestrali, con conseguente regolamentazione delle competenze addebitate a chiusura di ciascun periodo; il ricorrente adduce altresì che tale meccanismo prescinderebbe dall’individuazione delle rimesse come solutorie o ripristinatorie.
Orbene, tale doglianza si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacchè il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens” (Cass., SU, n. 24418/10; n. 24051/19; n. 4214/24).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 19 marzo 2024.