Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16611 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16611 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 602-2019 proposto da:
CENTUORI NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME;
Oggetto
R.G.N. 602/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/12/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1067/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/06/2018 R.G.N. 2273/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di Appello di Bari, in riforma della decisione di prime cure, ha rigettato la domanda dell’attuale ricorrente volta ad ottenere la declaratoria di irripetibilità delle somme pretese dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a titolo d’indebito e la condanna dell’ente alla corresponsione delle somme già trattenute sui trattamenti pensionistici, IR e SR in godimento;
in particolare, riteneva la Corte di merito ripetibile l’indebito formatosi per avere l’ente previdenziale dato esecuzione al decisum della sentenza di primo grado, favorevole al pensionato, con conseguente riforma in appello e pretesa restitutoria dell’RAGIONE_SOCIALE per avere eseguito pagamento non dovuto;
avverso tale sentenza Centuori Luigi Carlo ha proposto ricorso affidato a 4 motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , con controricorso;
il P.G. non ha rassegnato conclusioni scritte;
CONSIDERATO CHE
premesso che nel giudizio di legittimità è ininfluente la perdita di capacità della parte (v., fra tante, Cass. n. 3471 del 2016),
con i motivi di ricorso si deduce nullità della sentenza, per avere omesso di accertare e dichiarare l’abbandono dell’indebito da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e la cessazione della materia del contendere (primo motivo); violazione dell’art. 474 cod.proc.civ. e dei principi relativi alla riforma, in appello, della sentenza di primo grado (secondo mezzo), reiterando la denunzia anche come omesso esame di un fatto decisivo (terzo mezzo); l’ultimo mezzo, con doglianza di violazione di legge, involge la regolazione delle spese, per avere disatteso la dichiarazione reddituale per beneficiare dell’esonero, già prodotta in primo grado;
il ricorso è da rigettare;
la Corte di merito ha riconosciuto il diritto dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di ripetere, tramite trattenuta sulla pensione in godimento, l’indebito pensionistico a carico dell’assicurato, titolare di pensione diretta e di pensione di reversibilità, indebito formatosi a seguit o dell’esecuzione della sentenza del Tribunale di Lucera, n.1476 del 2013, con la quale l’ente veniva condannato al pagamento dell’integrazione al minimo sulla pensione di reversibilità ; l’ente, in ottemperanza al decisum , aveva riliquidato le due prestazioni e, al contempo, gravato la sentenza con esito favorevole all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE riportava le due prestazioni alla misura di legge ed avviava il recupero rateale dell’indebito scaturito dall’esecuzione della sentenza riformata, tramite trattenuta sulla pensione di reversibilità;
la pretesa dell’assicurato è, in sintesi, incentrata sul diverso operato dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che, a suo avviso, ben avrebbe potuto ricorrere alla trattenuta mensile sulla pensione in pagamento per recuperare l’indebito nonostante la decisione della Corte d’appello di riforma della decisione di primo grado non costituisca titolo esecutivo;
nessuno dei motivi svolti è fondato;
le doglianze svolte con il primo non sono suffragate, inammissibilmente, dall’allegazione dell’inesistenza del debito o dell’intervenuta cessazione della materia del contendere introdotte tempestivamente nel giudizio di merito, con allegazione dei relativi atti difensivi dai quali dovrebbe emergere, fra l’altro, l’avvenuto recupero d ell’indebito contestato;
l’inottemperanza al requisito dell’autosufficienza del ricorso comporta che acquiescenza e cessazione della materia del contendere sono rimaste solo evocate dal ricorrente, in questa sede di legittimità, e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, pertanto, all’esito favorevole del gravame, ha diritto al recupero dell’indebito;
il secondo mezzo è infondato per avere la Corte di merito fatto corretta applicazione della regola iuris relativa alla riforma in appello della sentenza di primo grado e del diritto dell’appellante vittorioso a ripetere quanto pagato in esecuzione della decisione riformata e a vedere ripristinato il proprio patrimonio nella situazione precedente;
in particolare, il creditore, se non ha proposto domanda di restituzione nel procedimento di appello, può o munirsi del titolo esecutivo ed ottenere l’ordine di pagamento nei confronti del debitore di tutta la somma in unica soluzione per poter poi procede ad esecuzione forzata in caso di mancato adempimento, oppure, sussistendone le condizioni, può realizzare il proprio credito attraverso la compensazione tra reciproci debiti e crediti liquidi ed esigibili;
si richiamano, al riguardo, i principi già affermati da questa Corte con la sentenza n. 21556 del 2017, ed altre coeve e successive conformi, in tema di proponibilità dell’azione restitutoria proposta dalla parte vittoriosa nel giudizio d’impugnazione ( in quel precedente, relativo al giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, in applicazione dei principi enunciati da Cass.,Sez.Un., 20 aprile 2016,n. 7950);
si rammenta che l’art. 336 cod. proc. civ. (nel testo novellato dell’art. 48 della legge 26 novembre 1990, n. 353), disponendo che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che, con la pubblicazione della sentenza di riforma, venga meno immediatamente l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione della somma pagata e di
ripristino della situazione precedente (v.Cass. n. 10863 del 2012);
inoltre, la predetta garanzia di ottenere, al più presto, la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, anche nelle forme del giudizio sommario, come nella specie, verrebbe all’evidenza frustrata accedendo alla tesi prospettata dalla parte ricorrente, e fondata sull’azionabilità delle domande restitutorie solo innanzi al giudice, del gravame, che ha pronunciato la sentenza cassata senza rinvio (Cass., n, 21556 del 2017 cit. );
in ogni caso, la trattenuta mensile a compensazione non ridonda in trattamento sfavorevole per il pensionato e, in ogni caso, in questa sede di legittimità, quanto al meccanismo della compensazione, è comunque rimasto del tutto incontestato l’ an della pretesa;
il diverso profilo di censura illustrato con il terzo mezzo sconta, invero , l’inadeguata deduzione del vizio motivazionale per omesso esame in luogo di un ‘ omessa pronuncia, all’evidenza mal devoluta a questa Corte di legittimità investita, secondo un inappropriato paradigma del motivo di censura, d ell’omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dell’esecuzione avviata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE pur in assenza di un titolo esecutivo;
20.
miglior sorte non segue l’ ultimo mezzo, che non si confronta con la sentenza impugnata che ha analiticamente indicato l’inadeguatezza della dichiarazione di esonero perché non
conforme alla prescrizione normativa -perché in fotocopia, relativa solo all’anno 2004 e priva della data di formazione/sottoscrizione) -sicché per incrinare tale esito il ricorrente avrebbe dovuto allegarne la sintesi ed indicare ove allegata, nel grado di merito, la richiamata dichiarazione reddituale per suffragare la censura e consentire, alla Corte di legittimità, il riscontro ex actis ;
in definitiva, il ricorso è rigettato;
segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo, non risultando allegata la dichiarazione reddituale per fruire dell’esonero;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre