Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10107 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10107 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38043/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente- contro
IMPRESA RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-ricorrente incidentale-
nonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 4055/2019, depositata l ‘ 1/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. In relazione a un contratto d’appalto l’impresa edile RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Venezia la committente NOME COGNOME chiedendo di accertare l’inadempimento della convenuta e di condannarla a pagare il residuo di quanto dovuto, ossia euro 349.285,75, nonché al risarcimento dei danni. COGNOME si è costituita e ha chiesto di rigettare la domanda dell’attrice e, in via riconvenzionale, di dichiarare la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento dell’appaltatrice e di condannare la medesima e il direttore dei lavori arch. NOME COGNOME che ha chiesto di chiamare in causa, a risarcire i danni causati dai vizi delle opere realizzate. COGNOME si è costituito in giudizio e ha, a sua volta, chiamato in causa l’ing. NOME COGNOME progettista e direttore dei lavori relativamente alle opere strutturali in cemento armato. COGNOME si è costituito e ha chiamato in causa la propria compagnia di assicurazione, Unipol Assicurazioni s.p.a.
Il Tribunale di Venezia ha condannato COGNOME a pagare in favore dell’impresa la somma di euro 23.146,91 e ha condannato l’impresa, COGNOME e COGNOME al risarcimento dei danni in favore di
COGNOME, liquidati nell’importo di euro 13.000,00 per ciascuno; ha quindi condannato Unipol a tenere indenne Croce di quanto dovuto a COGNOME in base alla sentenza; ha respinto le ulteriori domande delle parti e ha compensato fra le stesse le spese del processo.
La sentenza di primo grado è stata impugnata in via principale dall’impresa COGNOME; appello incidentale è stato proposto da COGNOME, da COGNOME, da Unipol Sai e da COGNOME.
Con la sentenza n. 4055/2019, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello principale dell’impresa COGNOME, ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale di COGNOME e ha accolto quello di COGNOME; in parziale riforma dell’impugnata sentenza, per il resto confermata, ha respinto le domande formulate nei confronti di Croce e, per l’effetto, ha dichiarato assorbito l’appello incidentale di Unipol. La Corte d’appello ha dichiarato compensate le spese tra l’impresa COGNOME, COGNOME e COGNOME e ha dichiarato tenuti e ha condannato l’impresa COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME in via solidale, e nei rapporti interni ciascuno per un terzo, al rimborso delle spese sostenute da Croce e da Unipol.
Avverso la sentenza ricorre in via principale NOME COGNOME.
Resiste con controricorso e fa valere ricorso incidentale l’impresa edile RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso NOME COGNOME
Gli intimati NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE non hanno proposto difese.
L’impresa edile COGNOME che si è costituita con nuovo difensore il 16 dicembre 2022 a seguito del decesso di uno dei difensori, ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale di NOME COGNOME è articolato in tre motivi.
Il primo motivo contesta violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c., in quanto la Corte
d’appello, dopo averne accertato l’ammontare, non si è pronunciata sulla nuova ripartizione dei danni a carico dell’impresa COGNOME e del direttore dei lavori COGNOME, conseguente all’esclusione della responsabilità pronunciata nei confronti di COGNOME
Il motivo non può essere accolto.
La ricorrente ha ragione nel contestare alla Corte d’appello di essersi limitata a rigettare le domande formulate nei confronti di COGNOME senza puntualizzare in dispositivo che la condanna formulata in primo grado dal Tribunale a pagare 39.000 euro – nella misura di 13.000 euro per ciascuno nei confronti dell’impresa COGNOME, di COGNOME e di COGNOME – deve intendersi, a fronte della mancata condanna di COGNOME, come condanna dell’impresa e di COGNOME a pagare euro 19.500,00 ciascuno. Tale pronuncia va però ricavata, e in tale senso deve essere interpretata la sentenza, leggendo la motivazione e il dispositivo della sentenza d’appello (cfr. in particolare le pagg. 21-23, ove Croce viene assolto da ogni responsabilità), alla luce della motivazione e del dispositivo della sentenza di primo grado (vedere in particolare le pagg. 8, 9 e 12).
2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 106 e 91 c.p.c.: COGNOME non ha mai svolto nei confronti di COGNOME domande che sono state svolte soltanto da COGNOME, come si evince dalla sua costituzione in primo grado e in grado d’appello; pertanto, solo COGNOME, eventualmente con l’impresa COGNOME, doveva essere condannato a rifondere le spese di giudizio nei confronti di COGNOME.
Il motivo è infondato. Come sottolinea il controricorrente COGNOME con l’appello incidentale ha chiesto di condannare l’impresa e COGNOME ‘eventualmente con l’ing. NOME COGNOME in solido o comunque ciascuno pro quota spettante in relazione alla rispettiva responsabilità’ a risarcirle i danni subiti e le spese sostenute per l’eliminazione dei vizi.
3. Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione agli artt. 24 Cost., 12 e ss. delle
disposizioni sulla legge generale, nonché dell’art. 132 c.p.c.: la Corte d’appello ha erroneamente compensato integralmente le spese tra l’impresa COGNOME e la ricorrente, senza motivazione esauriente al riguardo, e questo a fronte della soccombenza quantomeno maggioritaria dell’impresa.
Il motivo è infondato: secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, ‘la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente’ (in tal senso v. ex multis Cass. n. 30592/2017).
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
Il ricorso incidentale dell’impresa COGNOME è articolato in due motivi.
Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa e apparente motivazione per essersi la Corte d’appello riportata integralmente alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svoltasi in primo grado, consulenza che, a sua volta, era basata sull’elaborato predisposto dal consulente tecnico in sede di accertamento tecnico preventivo.
Il motivo è infondato, non ravvisandosi il vizio di motivazione meramente apparente. Come hanno precisato le sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 8038/2018) il sindacato svolto da questa Corte di legittimità sulla motivazione è ridotto al controllo del cosiddetto minimo costituzionale, cosicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, violazione di legge che non è ravvisabile nel caso in esame. La Corte d’appello ha infatti analiticamente esaminato l’operato dei due consulenti
d’ufficio, nominati in sede di accertamento tecnico preventivo e nel corso del giudizio di primo grado (cfr. le pagg. 8-17 della sentenza impugnata), con particolare attenzione ai rilievi critici sollevati dall’impresa COGNOME, con specifico esame dei 18 punti nei quali, in appello, sono state rinnovate le doglianze relative alla parte in cui il consulente d’ufficio ha determinato le opere realizzate dall’impresa e il valore delle stesse (v. in particolare le pagg. 12 -17).
2. Il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.: la Corte d’appello ha condannato l’impresa RAGIONE_SOCIALE a rifondere in via solidale le spese sostenute da Croce e da Unipol Sai per entrambi i gradi di giudizio, limitandosi ad affermare che tali spese vanno poste in via solidale e per quote uguali a carico delle altre parti processuali; l’impresa aveva però proposto la propria domanda nei soli confronti di COGNOME ed è stata COGNOME a chiedere la condanna sia dell’impresa che dell’arch. COGNOME che, a sua volta, ha esteso la domanda nei confronti dell’ing. COGNOME che ha chiamato in manleva Unipol Sai; nel proprio atto d’appello, l’impresa chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale per fare accertare integralmente il proprio credito nei confronti di COGNOME, COGNOME che, in via di appello incidentale, chiedeva la condanna in solido dell’impresa, di COGNOME e di COGNOME. Il motivo è fondato. Il processo è stato instaurato dall’impresa Rampazzo, che ha convenuto in giudizio la committente COGNOME e nei suoi confronti ha fatto valere la domanda di condanna al pagamento di quanto ancora dovuto e al risarcimento dei danni. È stata la convenuta a chiamare in causa il direttore dei lavori COGNOME che, a sua volta, ha chiamato in causa COGNOME. L’impresa, pertanto, non ha dato causa alla chiamata in giudizio di COGNOME e anche con il suo appello incidentale si è limitata a chiedere di condannare COGNOME e, a differenza di quest’ultima, non ha proposto alcuna domanda nei confronti di COGNOME e di COGNOME.
III. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito e va annullata la statuizione della sentenza d’appello che ha condannato l’impresa RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese processuali, così come determinate dal giudice d’appello, sostenute da Croce e da Unipol Sai, spese alle quali, in via solidale, restano condannati, ciascuno per metà, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Quanto alle spese del processo, va confermata la regolamentazione e liquidazione delle spese dei due gradi di giudizio operata dalla Corte d’appello; per il presente giudizio vanno compensate le spese tra la ricorrente principale e la ricorrente incidentale e la ricorrente principale va condannata al pagamento delle spese del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à̀ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettato il primo motivo del medesimo, e rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, annulla la statuizione di condanna della ricorrente incidentale impresa edile RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese in favore di Mario Croce e Unipol Sai Assicurazioni. Confermate le spese del giudizio d’appello, la Corte compensa le spese del presente giudizio tra la ricorrente principale e la ricorrente incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente Croce, che liquida in euro 2.400, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione