Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20926 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20926 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
P.U. 11/06/2024
RAGIONE_SOCIALE
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, PHOTO LABOR DI RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in INDIRIZZO, INDIRIZZO;
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con elezione di domicilio informatico all’indirizzo pec: EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 143/2018, pubblicata il 16 gennaio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11 giugno 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il P.G., in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi gli AVV_NOTAIOti COGNOME NOME, per i ricorrenti, e COGNOME NOME, per il controricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato il 26 febbraio 2018 al Condominio ‘Centro RAGIONE_SOCIALE‘, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, i RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE proponevano appello avverso la sentenza n. 13509/2015 emessa dal Tribunale di Milano, con la quale era stata rigettata la loro domanda di annullamento della delibera condominiale adottata all’assemblea del 9 luglio 2012, relativamente al punto 1), con cui erano state approvate le spese riguardanti il bilancio consuntivo straordinario dell’impianto di raffrescamento, ripartite in base ai criteri previsti dalla tabella ‘C’ di gestione dello stesso impianto.
In particolare, con la formulata impugnativa, i citati appellanti avevano chiesto -previo accertamento della nullità e/o annullabilità e, comunque, dell’invalidità e/o inefficacia della suddetta delibera condominiale – che ne venisse, per l’appunto, dichiarata la nullità e/o
annullabilità, con la conseguente condanna alla restituzione, ‘pro quota’, in loro favore di quanto già corrisposto in eccedenza rispetto all’importo effettivamente dovuto sulla base della tabella millesimale di proprietà, ordinando, altresì, al Condominio la restituzione di quanto medio tempore dai medesimi appellanti versato in esecuzione della sentenza di primo grado.
Nella costituzione dell’appellato Condominio, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 143/2018, previa reiezione delle eccezioni di inammissibilità ricondotte alla dedotta violazione degli artt. 342 e 348 -bis c.p.c., respingeva l’appello, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
A fondamento dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava, in primo luogo, che l’impugnativa investiva una delibera meramente annullabile e non nulla, dal momento che, con la stessa, era stata approvata una ripartizione basata sull’applicazione della tabella ‘C’, la quale era già stata precedentemente approvata all’unanimità con delibera condominiale del 9 marzo 2005.
Osservava, poi, la Corte milanese che la delibera oggetto di impugnazione non si poneva nemmeno in contrasto con la normativa codicistica in materia di riparto delle spese di cui all’art. 1123 c.c., poiché l’impianto di raffrescamento in questione serviva solo i negozi posti al piano terra e le parti comuni situate sempre in tale piano, ma non risultava di alcuna utilità alle parti dell’edificio nella disponibilità del Supermercato e del Centro RAGIONE_SOCIALE ubicate al primo piano.
Aggiungeva, altresì, il giudice di appello che, ferma la non contestazione dell’adozione della tabella ‘C’, era infondata la contestazione degli appellanti circa le condizioni per la sua applicabilità, posto che essa si sarebbe dovuta ritenere estendibile anche al riparto delle spese straordinarie e non soltanto rilevante per la determinazione delle spese correlate al ‘solo uso e consumo’, e ciò anche sulla scorta dell’assunto che la delibera presupposta di approvazione all’unanimità
di detta tabella riguardava ‘sia i criteri e sia i millesimi ricavati come da tabelle fornite’.
Contro la citata sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi, i soli appellanti COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’intimato Condominio Centro commerciale ‘La RAGIONE_SOCIALE‘.
Sia il P.G. che il difensore del controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione dell’art. 1123 c.c. per aver la sentenza impugnata erroneamente ritenuto applicabili, al caso di specie, i commi 2 e 3 di detta norma, poiché la ripartizione delle spese (straordinarie) per la sostituzione del ‘chiller’ dell’impianto di raffreddamento andava invece effettuata secondo i millesimi di proprietà (come da tabella allegata al regolamento condominiale contrattuale) e non in base ai millesimi di gestione, in virtù di una diversa tabella adottata dai condomini solo per la gestione ordinaria del citato impianto comune.
Con il secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione del combinato disposto degli artt. 1123, 1135 e 1137 c.c., sotto il profilo dell’impugnabilità della delibera condominiale in questione (adottata il 9 luglio 2012) per nullità, prospettando l’erroneità della sentenza di appello nella parte in cui aveva ritenuto potenzialmente annullabile tale delibera anziché nulla, perché con la stessa era stata operata una modifica – a semplice maggioranza – dei criteri di riparto delle spese comuni in difformità da quanto previsto dal regolamento condominiale contrattuale, peraltro conforme all’art. 1123, comma 1, c.c.
Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti hanno, in subordine, lamentato – con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione dell’art. 1137 c.c., sotto il profilo dell’ammissibilità dell’impugnazione della suddetta delibera in ragione della sua annullabilità nonché, per due condomini, in applicazione del principio di non intervenuta contestazione ai sensi dell’art. 115 c.p.c.
In particolare, con questa censura, i ricorrenti hanno inteso sostenere che la Corte di appello, nel ritenere la delibera in discorso impugnabile solo ai sensi dell’art. 1137 c.c. sotto il profilo dell’annullabilità, avrebbe conseguentemente escluso illegittimamente la possibilità di impugnazione per due condomini su quattro (compresi tra gli stessi ricorrenti, ovvero il COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE) perché non espressamente indicati tra i dissenzienti, pur essendo, per un verso, emerso che la volontà degli stessi di impugnare la delibera condominiale fosse stata ammessa dalla controparte e, comunque, non contestata espressamente in relazione alla previsione del citato art. 115 c.p.c. e, per altro verso, che la mancata indicazione dei soggetti contrari per esclusiva colpa dell’amministratore (o di chiunque) verbalizzante non potesse impedire la proposizione dell’impugnazione (atteso che, anzi, avrebbe integrato un autonomo motivo di invalidità della delibera).
Prima di passare all’esame dei distinti motivi, si profila opportuno evidenziare che, in punto di fatto, sono rimaste accertate -sulla scorta della vicenda come complessivamente desumibile dalla sentenza impugnata e dagli stessi atti delle parti -le seguenti tre circostanze: la prima è che l’impianto di raffreddamento oggetto di interventi comportanti lavori di straordinaria manutenzione serve solo i locali posti al piano terra e le parti comuni ubicate allo stesso piano dell’edificio condominiale e non anche gli immobili insistenti al primo piano (dotati di impianto di condizionamento autonomo); – la seconda è che, in considerazione della particolare struttura dell’impianto in questione, era stata -con delibera adottata il 9 marzo 2005
all’unanimità approvata la tabella ‘C’ di gestione dei costi dello stesso impianto (sulla base di apposito accertamento tecnico); – la terza è che, con successiva delibera del 9 luglio 2012 (oggetto, poi, di impugnazione costituente la materia del contendere del giudizio in questione), l’assemblea straordinaria del Condominio approvava, all’unanimità dei presenti comunque rappresentanti la maggioranza necessaria per legge, la spesa di euro 73.809,15 per i lavori relativi all’impianto in questione, applicando la suddetta tabella di gestione preventivamente approvata e, quindi, limitandosi a procedere alla ripartizione secondo i criteri dalla medesima previsti, ragion per cui la delibera si sarebbe dovuta considerare meramente annullabile e non nulla e, quindi, assoggettabile al rispetto del termine decadenziale previsto dall’art. 1137 c.c.
Ciò premesso, rileva il collegio che il primo motivo è infondato.
A tal proposito si osserva che la Corte di merito (oltretutto confermando la sentenza di primo grado) ha compiuto un’operazione di sussunzione interpretativa del tutto plausibile (senza che, peraltro, risulti dedotta specificamente una violazione nell’applicazione di criteri ermeneutici) circa la riferibilità legittima dell’oggetto della delibera impugnata (solo annullabile: cfr. Cass. n. 6714/2010), comprendendo, in relazione alla concreta situazione dei luoghi e alle risultanze degli atti, non solo gli interventi di ‘uso e consumo’, ma anche quelli di straordinaria manutenzione -fondata su quella presupposta del 2005 di approvazione all’unanimità della tabella ‘C’ relativa ai costi di gestione dell’impianto in discorso alla ripartizione delle spese relative a quest’ultimo, comprese quelle straordinarie, accollandole soltanto ai condomini che effettivamente si servivano delle utilità dell’impianto (e, quindi, solo a quelli del piano terra).
In tal senso, la Corte di appello ha correttamente escluso l’applicabilità della tabella ‘A’ riguardante la suddivisione delle spese secondo i millesimi di proprietà, in virtù delle quali avrebbero dovuto concorrere anche i condomini proprietari degli immobili ubicati al secondo piano,
ancorché non fruenti di alcuna utilità dall’impianto di raffreddamento, per il quale non era nemmeno prevista la predisposizione di una diramazione che ne consentisse il collegamento (cfr., sul punto, ad es., Cass. n. 5197/1992 e Cass. n. 4270/1996).
Del resto, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, tale delibera applicativa dell’approvata tabella ‘C’ risulta conforme allo stesso apparato normativo risultante dai commi 2 e 3 dell’art. 1123 c.c., che consente di far ricorso ai criteri di ripartizione delle spese in correlazione e in proporzione all’uso che i singoli condomini ne fanno e alle utilità che in concreto ritraggono dalle opere condominiali (con esclusione, quindi, di quelli che non ne ricevono alcuna utilità, come nel caso di specie quelli titolari degli immobili ubicati al primo piano dello stabile condominiale).
6. Il secondo motivo è altrettanto privo di fondamento perché, sulla base di quanto esplicato con riferimento al primo, la sentenza impugnata ha legittimamente ritenuto che la delibera impugnata fosse annullabile e non nulla, essendosi in presenza di una delibera applicativa di una precedente (quella del 2005 relativa all’adozione della tabella ‘C’) adottata all’unanimità con riferimento all’individuazione dei criteri di ripartizione delle spese di gestione dell’impianto in esame, da cui la legittimità con la successiva delibera del 2012 -della previsione della suddivisione delle spese in base ai millesimi di gestione e non di proprietà, anche -per come già posto in risalto in conformità a quanto stabilito nei citati commi 2 e 3 dell’art. 1123 c.c.
Al riguardo è appena il caso di ricordare che le Sezioni unite di questa Corte (con la sentenza m. 9839/2021) hanno chiarito che sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa
impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c. (già in questi termini cfr., in precedenza, Cass. n. 6714/2010).
Il terzo ed ultimo motivo è inammissibile e, in ogni caso, non coglie nel segno.
Sotto il primo aspetto, si rileva che, nella sentenza qui impugnata, la Corte di appello (v. pag. 4) -proprio con riferimento alla doglianza circa la mancata indicazione, nel verbale della delibera impugnata, dei nominativi dei soggetti favorevoli o contrari -ha rilevato che trattavasi di domanda (o, comunque, eccezione) nuova, da cui la sua inammissibilità ai sensi dell’art. 345 c.p.c.
Orbene, al riguardo, i ricorrenti non hanno né dedotto la possibile violazione di quest’ultima norma né, in ogni caso, indicato specificamente quanto, dove e come avessero posto la questione nel giudizio di primo grado affinché non si fosse potuta considerare nuova in appello.
Pertanto, il motivo difetta di specificità.
In ogni caso, la Corte di appello -con una valutazione di merito, insindacabile in questa sede, circa la posizione e l’indicazione dei nominativi dei condomini partecipanti alla delibera oggetto di impugnazione (e senza che possa ritenersi essersi venuta in rilievo una ipotesi di ‘non contestazione’ da parte del Condominio) ha accertato che, mentre i condomini COGNOME, COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME risultavano essere stati dissenzienti (e che, in quali tali, sarebbero stati legittimati ad impugnare la delibera solo annullabile), COGNOME e i condomini dallo stesso rappresentati (dissenzienti) insieme alla COGNOME (risultata assente) non avevano concorso all’adozione della delibera in questione, ragion per cui questi ultimi avevano impugnato legittimamente la delibera stessa, rispetto alla quale, quindi, il Tribunale aveva deciso sul merito di quanto approvato, ritenendo giustamente la delibera stessa -per quanto prima evidenziato -legittima.
E’ evidente, quindi, che, comunque ed indipendentemente da eventuali vizi inficianti la verbalizzazione delle operazioni dell’assemblea, come la possibile mancata indicazione specifica dei nominativi dei condomini favorevoli o contrari, un’anomalia del genere non ha determinato sotto il profilo della causalità -alcuna conseguenza negativa in danno dei condomini lamentatisi di tale irregolarità perché, comunque, la delibera è stata ritenuta legittimamente impugnata da altri condomini ed è stato deciso sul merito della stessa in via giudiziale, ritenendola valida.
8. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna delle parti ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della