Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21865 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21865 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ordinanza sul ricorso n. 34096/2018 proposto da NOME, difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, difeso da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliato a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3670/2018 del 28/7/2018.
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel 2013 NOME COGNOME impugnò per nullità dinanzi al Tribunale di Varese nei confronti del RAGIONE_SOCIALE la delibera condominiale del 17/4/2012 di approvazione del consuntivo del 2011, nella parte in cui le è stata addebitata (come «addebito personale») la somma di € 80, 00 priva di inerenza alla gestione condominiale, nonché per nullità o annullabilità la delibera del 6/5/2013 di approvazione del consuntivo 2012 e del preventivo 2013, con i relativi riparti.
Il Tribunale rigettò le impugnazioni . La Corte di appello rigetta l’appello, confermando così le due delibere.
Ricorre in cassazione l’attrice con otto motivi di ricorso, illustrati da memoria. Resiste il RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Ragioni della decisione
-È da rigettare preliminar mente l’eccezione di inammissibilità del controricorso per difetto di autorizzazione a stare in giudizio in capo al RAGIONE_SOCIALE, sollevata dalla ricorrente a p. 2 s. della memoria. Ivi si censura infatti unicamente il difetto di autorizzazione a resistere al ricorso per cassazione, ma non si contesta che vi sia stata un ‘ autorizzazione iniziale, valevole, come è noto, per tutti i gradi di giudizio (cfr. Cass. n. 11863/2024; n.2584/2010).
-Passando all’esame dei motivi di ricorso, il primo (p. 7) e il secondo (p. 10), sulla mancata ammissione della prova per testi, denunciano ex art. 360 n. 5 c.p.c. che la Corte di appello ha ritenuto che le richieste istruttorie sono state riproposte in modo generico nella precisazione delle conclusioni di primo grado, mentre sono state riproposte in modo analitico. Si deduce violazione degli artt. 189, 345 c.p.c., 24 e 111 Cost. e omesso esame di fatti decisivi.
Nella parte censurata (p. 4), la sentenza argomenta che: « il primo motivo di appello, contenente censure in ordine alla mancata ammissione di prova da parte del Tribunale, deve ritenersi inammissibile, essendosi limitata l’appellante, in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, a reiterare ‘le istanze istruttorie tutte’, indicando solo nelle conclusioni dell’atto di appello i tre capitoli di prova dei quali veniva reiterata la richiesta di ammissione. L’onere di riproposizione delle richieste istruttorie non ammesse non può ritenersi assolto mediante un generico richiamo a tutte le istanze istruttorie formulate nel corso del giudizio e tale mancanza non può essere colmata nel presente grado ».
I primi due motivi sono inammissibili ed in parte anche infondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (cfr. tra le tante, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017).
Nel caso in esame, la ricorrente riproduce (p. 9) il passo rilevante della precisazione delle conclusioni, da cui si desume che i capitoli di prova, specificamente riprodotti, aspirano a dimostrare l’inadempimento dell’amministratore del RAGIONE_SOCIALE rispetto al diritto della condomina di accedere alla documentazione relativa alle deliberazioni da assumere nell’assemblea. Inoltre, si fa valere la disparità di trattamento tra le parti per il fatto che la Corte di appello ha ammesso le prove dedotte dal convenuto e non quelle dell’attrice.
La ricorrente ha censurato solo la prima delle due ragioni giustificatrici della decisione sul punto, che quindi si sorregge sulla seconda, argomentata a p. 5, ove si rileva che i mezzi di prova sono irrilevanti, poiché diretti a supplire all’inadempimento di un onere di cui la ricorrente risponde a titolo di autoresponsabilità: era onere della condomina « il richiedere, eventualmente per iscritto, la visione dei documenti ritenuti necessari, contestando all’amministratore l’eventuale incompletezza della documentazione fornita nel corso dell’accesso, così da consentire all’amministratore di rimediare alle eventuali mancanze ».
Quanto alla censura fondata sulla disparità di trattamento tra le parti, è infondata poiché il giudice ha margine di valutazione fondato sul principio di economia processuale, giustificato nel caso concreto dalla maggiore congruenza dei capitoli di prova proposti dal RAGIONE_SOCIALE.
3. – Il terzo (p. 12), il quarto (p. 12) e il quinto motivo (p. 18) sono connessi, poiché censurano la decisione della Corte territoriale che ha rilevato: (a) che la ripartizione delle spese concerne unicamente le spese di consumo del riscaldamento, mentre essa si estende in realtà alle spese di conservazione (terzo motivo per omesso esame di fatto decisivo); (b) che la ripartizione è avvenuta secondo il criterio dei consumi effettivi, mentre in realtà si tratta di una deroga al criterio dei «millesimi di riscaldamento» con riguardo ad una sola unità immobiliare, la cui quota viene decurtata del 50% per l’uso saltuario che il proprietario ne fa (quarto motivo per omesso esame di fatti decisivi). Con riferimento ai profili precedenti, il quinto motivo denuncia la violazione dei criteri legali e convenzionali ex artt. 1118, 1123 e 113 5 c.c., e la violazione dell’art. 17 co. 4 reg. condominiale («nessun proprietario può rifiutarsi di concorrere alla spesa di riscaldamento né sono ammessi riscaldamenti parziali di locali»). Si deduce violazione degli artt. 11 disp. prel. c.c. con riferimento al richiamo al d.lgs. 102/2014 non applicabile in questo caso, che è anteriore.
Nella parte censurata (p. 5 s.), la sentenza sostiene che l’art. 1123 co. 1 c.c. si riferisce unicamente alle ‘spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti e dei servizi comuni’, «cui risultano estranee le spese per i consumi dei relativi servizi, per le quali appare del tutto legittimo che l’assemblea si sia determinata a rip artire le spese in base ai consumi effettivi, come del resto attualmente è prescritto per le spese di riscaldamento, dal d.lgs. 102/14 che ha recepito la direttiva europea volta alla diminuzione del consumo energetico».
Messo da parte il riferimento al d.lgs. 102/2014, che indubbiamente non è applicabile nel caso attuale poiché è successivo, ma che d’altra parte si aggiunge alla ragione portante, si tratta di esaminare innanzitutto il profilo relativo al fatto che la ripartizione delle spese non ha avuto ad oggetto unicamente le spese di consumo del riscaldamento, bensì anche le spese di conservazione, cfr. indietro, profilo sub (a).
Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono ammissibili e fondati.
Essi sono ammissibili, sia perché non incorrono nella prescrizione ex art. 348-ter co. 5 c.p.c. (la ricorrente evidenzia che le due pronunce si fondano su ragioni almeno in parte diverse), sia perché il canone di specificità/autosufficienza è osservato (cfr. specialmente p. 13 s.).
Sotto il profilo sub (a), indicato all’inizio del paragrafo e ripreso qui, i tre motivi sono fondati. Dall’ elenco delle spese di esercizio 2012 si desume che, quanto al riscaldamento centralizzato (le cui le spese di manutenzione sono necessarie per la prestazione dei servizi nell’interesse comune), la Corte di appello ha operato una riduzione globale, omettendo di considerare che tra le spese vi erano non solo quelle dei consumi, ma anche quelle per la manutenzione e riparazione dell’impianto comune che, come è noto, non hanno alcuna attinenza con la mancata utilizzazione dell’impianto comune .
La necessità di procedere comunque al ricalcolo in sede di giudizio di rinvio suggerisce al Collegio di considerare assorbito l’ulteriore profilo sub (b) (cfr. indietro, all’inizio d el presente paragrafo).
Nei termini appena precisati, il terzo, il quarto e il quinto motivo sono accolti.
4. – Il sesto (p. 22) e il settimo (p. 25) motivo censurano che la Corte di appello ha ritenuto che, a fronte di delibera condominiale assunta legittimamente a maggioranza sul presupposto della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE nella causazione delle infiltrazioni subite dal box di proprietà di un condòmino, non spetti al RAGIONE_SOCIALE dare prova dell’esistenza del presupposto bensì spetti al condòmino dissenziente che assuma l’illegittimità della delibera, dare prova dell’inesistenza di tale presupposto. Si deduc e omesso esame di fatto decisivo (sesto motivo ) e violazione dell’art. 2697 c.c. (settimo motivo). In particolare, la ricorrente allega di aver impugnato la delibera assembleare del 6/5/13, poiché ha ripartito una spesa non afferente alla gestione condominiale, ma relativa ad interventi effettuati a favore di beni immobili di proprietà esclusiva ad alcuni condomini. Ciò non è stato
contestato dal RAGIONE_SOCIALE, a cui quindi spetta la prova del fatto modificativo (la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE nella causazione delle infiltrazioni), che non è stata data (a sostegno della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, si afferma semplicemente che il si nistro è stato denunciato all’assicurazione , senza dare la prova della denuncia e della comunicazione dell’assicuratore).
Il sesto ed il settimo motivo sono infondati.
Sotto la forma di censura di violazione dell’art. 2697 c.c. , si attacca in realtà il margine di discrezionalità di cui l’assemblea del RAGIONE_SOCIALE ha usufruito correttamente nel caso attuale, disponendo il rimborso al condomino proprietario del box danneggiato, sul presupposto del riconoscimento -animato eventualmente da un ammissibile intento conciliativo -della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE. Per un precedente specifico sul valore di riconoscimento del debito del rendiconto in relazione alle poste passive ivi indicate, cfr. Cass. 10153/2011.
Il sesto ed il settimo motivo sono pertanto rigettati.
5. L’ottavo motivo (p. 27) denuncia (relativamente alla delibera del 17/4/2012) che la Corte di appello ha erroneamente qualificato il vizio relativo concernente una spesa non attinente alla gestione condominiale come di annullabilità della delibera (con conseguente pronuncia di tardività dell’impugnazione) e non già di nullità. Si deduce violazione degli artt. 117 e 1123 c.c. Nella parte censurata (p. 7), la sentenza argomenta: «Come correttamente allegato dall’appellante , i motivi di censura della delibera appaiono tutti riconducibili a profili di annullamento e non già di nullità, con la conseguenza che al momento della proposizione dell’impugnativa, svolta con l’atto introduttivo del presente giudizio, erano ampiamente decorsi i tr enta giorni di cui all’art. 1137 co. 2 c.c.».
L’o ttavo motivo è inammissibile per difetto di specificità, poiché omette di argomentare se e come la delibera ha motivato circa il fondamento del carattere personale dell’addebito di € 80 ,00.
-In conclusione, sono accolti il terzo, il quarto e il quinto motivo nei termini indicati nel paragrafo n. 3, sono rigettati i restanti motivi, è cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, è rinviata la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigetta i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma il 6/6/2024.