Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8293 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8293 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10143/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 2294/2018, depositata il 20/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in due motivi avvero la sentenza n. 2294/2018 della Corte d’appello di Palermo, depositata il 20 novembre 2018.
Resiste con controricorso il INDIRIZZO INDIRIZZO.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4quater , e 380 bis.1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria. In tale memoria è stata formulata istanza di riunione del presente procedimento al procedimento parimenti pendente dinanzi a questa Corte recante il n. RNUMERO_DOCUMENTOG. 22448/2020. Tale istanza va disattesa: si tratta di ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati procedimenti e la riunione richiesta, pur attenendo a cause connesse, non garantisce l’economia ed il minor costo dei due giudizi, né favorirebbe la loro ragionevole durata.
La controversia concerne un ‘ opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali per l’importo di € 11.009,06, oltre accessori, intimato dal INDIRIZZO alla condomina COGNOME a titolo di rate di spese condominiali straordinarie dovute in forza di deliberazione assembleare del 29 novembre 2011 di approvazione del rendiconto consuntivo per il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2010. Con tale rendiconto erano stati definitivamente ripartiti i costi necessari per i lavori di riparazione di alcuni appartamenti interessati da lesioni e infiltrazioni d’acqua provenienti dal sovrastante terrazzo in uso esclusivo alla condomina COGNOME.
La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva respinto l’opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo solo per una parte dell’importo di contributi condominiali
intimato, avendone accertato l’avvenuto versamento di altra parte, condannando comunque la COGNOME al pagamento di € 10.926, 91.
I giudici del gravame hanno affermato che fosse qualificabile come annullabilità, e non come nullità, il dedotto vizio di invalidità della delibera su cui era fondata l’ingiunzione, per la ripartizione delle spese inerenti ai soffitti operata non secondo le tabelle millesimali, ma ai sensi dell’art. 1126 c.c., ovvero ponendo a carico della COGNOME un terzo della somma occorrente per le riparazioni. Pertanto, secondo la Corte d’appello, le delibere di riparto di tali spese erano ‘semplicemente annullabili’ e quindi ‘non autonomamente impugnabili in sede di opposizione a decreto ingiuntivo’, ulteriormente rilevando la ‘intervenuta decadenza, per il decorso del trenta giorni previsti dall’art. 1137 c.c., ritualmente eccepita dal RAGIONE_SOCIALE‘.
La sentenza impugnata ha altresì definito ‘nuova’, e perciò inammissibile ex art. 345 c.p.c. la questione inerente alla condotta colposa del RAGIONE_SOCIALE nella causazione dell’evento dannoso, in quanto ‘adombrata’ nell’atto di introduttivo della lite, ma ‘mai tradotta in una richiesta di diminuzione degli importi dovuti dalla COGNOME e in una prova concreta del maggior danno derivante dall’omesso tempestivo intervento del RAGIONE_SOCIALE per riparare il lastrico e impedire l ‘ aggravamento delle condizioni degli immobili sottostanti. E ciò anche a voler tacere che il consulente tecnico nominato in sede di RAGIONE_SOCIALE ha rappresentato che risulta quanto mai difficile quantificare gli oneri a carico dei vari condomini’.
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1137, 1123 e 1135 c.c.
La censura deduce ‘ la palese nullità delle delibere assembleari adottate dal condominio INDIRIZZO, rispettivamente, in data 25.02.2010 e 29.11.2011, poste a
fondamento dell’originaria ingiunzione di pagamento’, avendo l’assemblea ‘ ritenuto legittimo imputare <> la responsabilità dell’evento dannoso patito da alcuni condòmini … per le lesioni e infiltrazioni subite nei rispettivi appartamenti’, e conseguentemente imposto arbitrariamente alla ricorrente il pagamento nella misura di 1/3 dei costi di ristrutturazione’. Il motivo precisa che la condomina COGNOME non aveva mai riconosciuto la propria ‘responsabilità’ , né mai la stessa era stata accertata giudizialmente, ed anche che lo stesso elaborato peritale aveva escluso tale responsabilità. Mancando l’ammissione o comunque l’accertamento della responsabilità della COGNOME, l’assemblea avrebbe dovuto ripartire le relative spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (art. 1123 c.c.), tra tutti i condòmini, mentre i danni per cui è causa erano stati suddivisi per 1/3 a carico della ‘ incolpevole signora COGNOME e per i restanti 2/3 a carico di tutti i condòmini’, e quindi neppure nel rispetto dell’art. 1126 c.c. Di qui la modifica dei criteri legali di riparto delle spese e la nullità delle delibere.
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 c.c. nonché degli artt. 112 e 345 c.p.c. quanto alla ritenuta tardività dell ‘ allegazione della concorrente o esclusiva responsabilità del condominio, per non essersi lo stesso attivato tempestivamente nella realizzazione delle opere di manutenzione. La censura espone che l’atto introduttivo del giudizio aveva ‘più volte fatto riferimento all’assenza di colpa’ in capo alla ricorrente ‘e, comunque, al contributo causale del condominio nell’evento dannoso’. Si deduce che l’attrice, nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, aveva posto riferimento alle diffide ad eseguire con urgenza i lavori inoltrate al RAGIONE_SOCIALE, quale custode coobbligato alla manutenzione del lastrico. Inoltre, la causa delle infiltrazioni
d’acqua negli appartamenti sottostanti era da dipesa da un sottodimensionato sveltimento delle acque piovane, come evidenziato in sede peritale. Conseguentemente, si assume, la Corte d’appello di Palermo, ‘ piuttosto che qualificare sbrigativamente la dedotta concorrente o esclusiva responsabilità del condominio come domanda nuova, avrebbe dovuto procedere, anche d’ufficio, alla valutazione della condotta dello stesso e, pertanto, verificare il suo apporto causale o esclusivo nella determinazione dell’evento dannoso’.
I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, giacché connessi, e si rivelano inammissibili per carenza di specifica riferibilità alla essenziale ratio decidendi della sentenza impugnata (Art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.1. Si è in presenza di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali, intimato dal INDIRIZZO alla condomina COGNOME a titolo di rate di spese condominiali straordinarie approvate dall’assemblea ed inerenti ai lavori di riparazione di alcuni appartamenti interessati da lesioni e infiltrazioni d’acqua provenienti dal sovrastante terrazzo in uso esclusivo della medesima condomina COGNOME. La Corte d’appello di Palermo ha affermato che tali spese erano state ripartite ai sensi dell’art. 1126 c.c., ponendo a carico della COGNOME un terzo della somma occorrente per le riparazioni.
5.2. Alla stregua dei principi enunciati da Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento
contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca soltanto vizi comportanti l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
5.2. La doglianza della ricorrente, secondo cui la delibera assembleare, su cui fondava il decreto ingiuntivo intimatole, aveva illegittimamente suddiviso le spese per provvedere alla manutenzione degli appartamenti sottostanti al terrazzo di suo uso esclusivo secondo il criterio di cui all’art. 1126 c.c. (che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico o della terrazza e per i restanti due terzi a carico dei condomini a cui il bene serve), e non invece a norma dell’art. 1123 c.c. (ovvero in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno dei condomini), non depone affatto per la nullità dell’atto collegiale, come suppone il primo motivo di ricorso. Invero, alla stregua dei principi enunciati dalla stessa sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, mentre sono meramente annullabili (e perciò soggette al termine perentorio di cui all’art. 1137 c.c.) le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi.
5.3. Il dato che una delibera intenda stabilire o modificare i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, e non si limiti invece a violare tali criteri nel procedere in concreto ad una determinata ripartizione
tra i condomini delle spese relative a quell’esercizio o a quell’affare deve necessariamente emergere dal testo stesso della deliberazione, la quale è soggetta al requisito della forma scritta, desumendosi la prescrizione di tale requisito formale dall’art. 1136, ultimo comma, e dall’art. 1130 n. 7), c.c., che ne prevedono la verbalizzazione e la trascrizione nel registro delle assemblee tenuto dall’amministratore, dovendosi, conseguentemente, escludere la possibilità di una modifica dei criteri di riparto delle spese per il tramite di comportamenti concludenti dei condomini.
5.4. Esulano, parimenti, dal tema dell ‘ opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali ripartiti dall’assemblea ai sensi dell’art. 1126 c.c., nell’ambito delle sue attribuzioni legali, per far fronte ai danni cagionati agli appartamenti sottostanti per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal terrazzo a livello deteriorato per difetto di manutenzione (Cass. Sez. Unite n. 9449 del 2016) sia il profilo del riconoscimento o dell’accertamento della responsabilità individuale per fatto illecito, sia il profilo della inerzia colpevole del condominio che sia stato tempestivamente informato dell’esistenza di guasti, vizi o difetti del terrazzo da cui il danno è derivato.
5.5. In particolare, quanto al secondo motivo, al di là dei profili processuali che esso pone, inerente alla allegazione del concorso di colpa del condominio (se fosse, o meno, stata spiegata già nella fase introduttiva del giudizio di primo grado e se comunque, in quanto mera difesa, non dovesse essere esaminata e verificata dal giudice d’appello anche d’ufficio), va evidenziato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., vengono in gioco le norme relative alla ripartizione tra condomini delle spese di riparazione o ricostruzione di parti comuni, e non le norme che disciplinano la responsabilità aquiliana ai
fini della liquidazione del danno, ove deve tenersi conto del grado del contributo delle rispettive condotte colpose del danneggiante e del danneggiato alla causazione dell’evento.
6. Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza.
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione