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Rinvio al giudice civile: le spese del processo penale

Una donna, assolta in sede penale per diffamazione contro un professionista grazie alla provocazione, viene condannata in sede civile al risarcimento. La Cassazione, decidendo sul rinvio al giudice civile, conferma la condanna ma cassa la sentenza perché il giudice non aveva liquidato le spese legali sostenute dal professionista nel processo penale, chiarendo che la valutazione civile è autonoma da quella penale.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinvio al Giudice Civile: Chi Paga le Spese del Processo Penale?

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta una questione complessa e di grande rilevanza pratica: la gestione delle conseguenze civili di un processo penale conclusosi con un’assoluzione. In particolare, la Corte si sofferma sul meccanismo del rinvio al giudice civile previsto dall’art. 622 del codice di procedura penale, chiarendo due aspetti fondamentali: l’autonomia della valutazione civilistica rispetto a quella penale e l’obbligo di liquidare le spese legali dell’intero percorso giudiziario.

I Fatti del Caso: Dalla Denuncia alla Condanna Civile

La vicenda ha origine dalle dichiarazioni diffamatorie rilasciate da una donna ai Carabinieri nei confronti di un professionista e di suo genero, un notaio. A seguito di tali dichiarazioni, la donna veniva sottoposta a procedimento penale per diffamazione, nel quale il professionista si costituiva parte civile per ottenere il risarcimento dei danni.

Nei primi due gradi del giudizio penale, l’imputata veniva assolta. I giudici riconoscevano la sussistenza dell’esimente della provocazione (art. 599 c.p.), ritenendo che le sue parole fossero una reazione a un presunto fatto ingiusto. Tuttavia, la Corte di Cassazione, su ricorso della parte civile, annullava la sentenza di assoluzione ai soli fini civili, disponendo il rinvio della causa al Tribunale civile competente per una nuova valutazione.

Quest’ultimo, in sede civile, ribaltava la situazione: condannava la donna al risarcimento del danno in favore del professionista, liquidando una somma di 2.000,00 Euro. Il Tribunale riteneva che, essendo l’assoluzione penale basata sulla provocazione (che presuppone l’esistenza di un’offesa), la natura offensiva delle dichiarazioni fosse un dato acquisito, configurando così un illecito civile ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Il Ricorso in Cassazione: Spese e Autonomia del Giudizio

Contro la decisione del Tribunale civile, entrambe le parti proponevano ricorso in Cassazione.
– Il professionista (ricorrente principale) lamentava che il giudice civile avesse omesso di pronunciarsi sulla sua richiesta di rimborso delle spese legali sostenute nei due gradi del processo penale.
– La donna (ricorrente incidentale) contestava la decisione del Tribunale, sostenendo che l’esimente della provocazione dovesse escludere l’illiceità del fatto anche in sede civile e che il giudice avesse erroneamente dato per scontata l’antigiuridicità della sua condotta.

Il Rinvio al Giudice Civile e la Valutazione Autonoma del Danno

La Corte di Cassazione respinge integralmente il ricorso della donna. Gli Ermellini chiariscono un principio cardine del rinvio al giudice civile: questo giudizio è completamente autonomo da quello penale. Il giudice civile non è vincolato dalle qualificazioni giuridiche penali ma deve accertare autonomamente se la condotta in esame integri una fattispecie di illecito civile secondo l’art. 2043 c.c.

La natura dell’esimente della provocazione (se sia una causa di giustificazione o di mera non punibilità) è irrilevante in questa sede. Nel sistema civile, la provocazione non elimina l’illiceità del fatto, ma può al massimo essere valutata ai sensi dell’art. 1227 c.c. come concorso di colpa del danneggiato. Pertanto, il Tribunale ha correttamente proceduto a una nuova e autonoma valutazione dei fatti, ritenendoli lesivi dell’onore e della reputazione del professionista e liquidando il danno in via equitativa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema fonda la sua decisione su principi consolidati. Da un lato, ribadisce l’autonomia strutturale tra l’illecito penale e quello civile. Il giudizio di rinvio al giudice civile non è una prosecuzione del processo penale, ma un nuovo e distinto processo governato dalle regole civilistiche, sia sostanziali che probatorie. Il giudice civile non deve verificare la sussistenza di un reato, ma di un danno ingiusto risarcibile.

Dall’altro lato, la Corte accoglie il motivo del ricorso principale del professionista. Viene affermato con forza il principio secondo cui, quando la Cassazione annulla una sentenza penale con rinvio al giudice civile, quest’ultimo deve provvedere alla regolamentazione delle spese legali dell’intero giudizio, comprese quelle delle fasi penali precedenti. Questo perché, in base al principio generale della soccombenza, la parte che risulta vittoriosa all’esito finale del complesso iter giudiziario ha diritto al rimborso di tutti i costi sostenuti. L’omessa pronuncia su questo punto da parte del Tribunale costituisce un vizio della sentenza, che deve essere corretto.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza

L’ordinanza offre due importanti lezioni.
1. Autonomia dei giudizi: Un’assoluzione in sede penale, specialmente se basata su esimenti come la provocazione, non garantisce l’immunità da una condanna al risarcimento in sede civile. Il giudice civile ha il potere e il dovere di riesaminare i fatti con la lente del diritto civile, giungendo a conclusioni diverse.
2. Principio di soccombenza globale: La parte che, alla fine di un lungo percorso giudiziario che transita dal penale al civile, ottiene ragione, ha diritto al rimborso integrale delle spese legali sostenute in tutte le fasi e i gradi di giudizio. Il giudice del rinvio ha l’obbligo di provvedere a tale liquidazione, assicurando una tutela economica completa al vincitore.

Dopo un’assoluzione in sede penale per diffamazione, si può essere comunque condannati al risarcimento in sede civile?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che il giudice civile, a seguito di rinvio, deve compiere una valutazione del tutto autonoma dell’illecito, basata sulle norme civilistiche (come l’art. 2043 c.c.) e non su quelle penali. L’esito del processo penale non è vincolante.

Se il processo viene rinviato al giudice civile dopo una sentenza penale, chi paga le spese del giudizio penale?
Il giudice civile del rinvio deve decidere sulla ripartizione delle spese legali dell’intero percorso giudiziario, comprese quelle delle precedenti fasi penali. La decisione si basa sul principio della soccombenza: la parte che risulta perdente all’esito finale del giudizio civile dovrà rimborsare tutte le spese alla parte vittoriosa.

La provocazione che esclude il reato di diffamazione vale anche a escludere l’illecito civile?
No. Secondo la Corte, l’esimente della provocazione (art. 599 c.p.) opera specificamente nell’ambito penale. In sede civile, non esclude automaticamente l’illiceità del fatto dannoso, ma può essere considerata, al più, per valutare un eventuale concorso di colpa della persona danneggiata ai sensi dell’art. 1227 del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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