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Rinuncia servitù di passaggio: è sempre valida?

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza un caso complesso riguardante la validità della rinuncia alla servitù di passaggio. Il caso nasce dalla divisione di un fondo tra due fratelli, con un atto che escludeva future servitù. Successivamente, uno dei proprietari ha richiesto una servitù coattiva per accedere con mezzi meccanici, lamentando un’interclusione relativa. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, ritenendo valida la rinuncia in caso di accesso solo ‘scomodo’ e non ‘impossibile’. La Cassazione ha ritenuto la questione di tale rilevanza da meritare una trattazione approfondita.

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Rinuncia servitù di passaggio: quando un accordo privato può bloccare il diritto di accesso?

La rinuncia servitù di passaggio è un tema di grande interesse nel diritto immobiliare. È possibile, tramite un accordo, rinunciare preventivamente al diritto di chiedere un passaggio sul fondo del vicino, anche se in futuro l’accesso alla propria proprietà dovesse diventare difficile? Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha messo in luce la complessità di questa domanda, decidendo di rinviare il caso a una pubblica udienza per una valutazione più approfondita.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un atto di divisione del 1987, con cui due fratelli si spartivano un terreno. Nell’atto era stata inserita una clausola specifica: i due lotti venivano liberati “da qualsiasi asservimento e di qualsiasi genere”, includendo una rinuncia reciproca a future servitù. Anni dopo, l’erede di uno dei fratelli citava in giudizio l’altro, chiedendo la costituzione di una servitù coattiva di passaggio. Il suo fondo, pur confinando con la via pubblica, era di fatto accessibile solo con grande difficoltà, specialmente con mezzi meccanici, configurando una situazione di ‘interclusione relativa’.

La Decisione della Corte d’Appello e la validità della rinuncia servitù di passaggio

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la rinuncia servitù di passaggio contenuta nell’atto di divisione era perfettamente valida. La Corte ha argomentato che una tale rinuncia sarebbe invalida solo se compromettesse in modo “irrimediabile” il diritto di proprietà, come nel caso di un’interclusione assoluta (cioè la totale mancanza di accesso). Nel caso di specie, invece, si trattava di interclusione relativa: l’accesso non era impossibile, ma solo “meno agevole” o più scomodo. Pertanto, la volontà contrattuale delle parti doveva prevalere.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

I proprietari del fondo disagevole hanno presentato ricorso in Cassazione. La Seconda Sezione Civile, investita del caso, non ha emesso una sentenza definitiva, ma un’ordinanza interlocutoria. Riconoscendo che il ricorso solleva “questioni di diritto di particolare rilevanza”, la Corte ha deciso di rinviare la causa a nuovo ruolo per una trattazione in pubblica udienza. Questo strumento procedurale viene utilizzato quando i giudici ritengono che il caso meriti un dibattito più ampio e approfondito rispetto alla trattazione standard in camera di consiglio.

Le Motivazioni

La motivazione dietro l’ordinanza risiede nella delicatezza del bilanciamento tra due principi fondamentali: da un lato, l’autonomia contrattuale, che permette alle parti di regolare i propri rapporti e quindi di inserire clausole di rinuncia; dall’altro, la tutela del diritto di proprietà, che per essere effettivo necessita di un utilizzo pieno e funzionale del bene, garantito anche attraverso l’istituto della servitù coattiva. La Corte si interroga, in sostanza, sui limiti di questa autonomia contrattuale. Può una clausola di rinuncia servitù di passaggio prevalere sempre e comunque quando l’accesso, pur esistente, diventa estremamente difficoltoso e pregiudica lo sfruttamento economico del fondo? La distinzione operata dalla Corte d’Appello tra interclusione assoluta e relativa è sufficiente a giustificare la validità della rinuncia? Queste sono le domande complesse che hanno spinto i giudici a chiedere una discussione pubblica.

Le Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria non fornisce una risposta, ma apre a una riflessione cruciale. La decisione finale, che verrà presa dopo l’udienza pubblica, avrà importanti implicazioni pratiche. Chiarirà fino a che punto i proprietari possano vincolarsi con clausole di rinuncia a diritti futuri e se la necessità di un comodo accesso, fondamentale per l’utilizzo di un immobile, possa prevalere su un accordo stipulato in passato. Per ora, il caso insegna che le clausole di rinuncia negli atti di divisione o compravendita devono essere redatte con estrema cautela, poiché la loro efficacia potrebbe essere messa in discussione qualora le condizioni di accesso a una proprietà mutino in modo significativo.

È possibile rinunciare preventivamente al diritto di chiedere una servitù di passaggio?
Sì, è possibile inserire una clausola di rinuncia in un contratto, come un atto di divisione. Tuttavia, la sua validità può essere messa in discussione. La Corte d’Appello l’ha ritenuta valida in caso di semplice ‘scomodità’ di accesso, ma la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione talmente complessa da richiedere una trattazione in pubblica udienza.

Qual è la differenza tra interclusione assoluta e relativa?
L’interclusione è ‘assoluta’ quando un fondo non ha alcun tipo di accesso alla via pubblica. È ‘relativa’ quando l’accesso esistente è inadatto o insufficiente a soddisfare le esigenze del fondo (ad esempio, è troppo stretto o ripido per il passaggio di veicoli necessari alla coltivazione).

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte di Cassazione non ha deciso il merito della controversia. Con un’ordinanza interlocutoria, ha stabilito che le questioni legali sollevate dal ricorso sono di ‘particolare rilevanza’ e, pertanto, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una discussione più approfondita prima di emettere una sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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