Rinuncia Ricorso Cassazione: Come si Conclude un Processo?
La rinuncia al ricorso in Cassazione rappresenta uno strumento processuale decisivo che consente di porre fine a una controversia legale in modo definitivo e consensuale. Questo meccanismo, seppur tecnico, ha implicazioni pratiche significative per le parti coinvolte, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle spese legali. Un recente decreto della Corte di Cassazione illumina la procedura e gli effetti di tale scelta, confermando come l’accordo tra le parti possa semplificare la chiusura del contenzioso.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda trae origine da un contenzioso che vedeva contrapposte due società. Una di queste, dichiarata in fallimento, aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello di Torino, presentando ricorso presso la Corte di Cassazione. La società controparte si era costituita in giudizio per difendere la decisione a lei favorevole.
Tuttavia, in una fase successiva, la società ricorrente ha cambiato strategia, decidendo di non proseguire con l’impugnazione. Ha quindi formalizzato la propria intenzione di ritirarsi dal giudizio.
La Decisione Strategica: La Rinuncia al Ricorso in Cassazione
Il punto di svolta del processo è stata la comunicazione formale, da parte della società in fallimento, della propria rinuncia al ricorso in Cassazione. Questo atto unilaterale, per produrre il suo effetto principale (l’estinzione del giudizio), necessitava di un ulteriore passaggio: l’accettazione da parte della controparte.
La società resistente ha prontamente accettato la rinuncia. Questo consenso è fondamentale, poiché segnala che entrambe le parti sono d’accordo nel porre fine alla lite senza attendere una decisione della Corte. L’accordo ha spianato la strada a una rapida conclusione del procedimento.
L’Estinzione del Giudizio Secondo la Cassazione
Preso atto della rinuncia e della relativa accettazione, la Corte di Cassazione ha applicato le norme del codice di procedura civile che regolano questa specifica situazione. La Corte ha emesso un decreto con cui ha dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni alla base del decreto sono prettamente procedurali e si fondano su una chiara base normativa. La Corte ha verificato che la rinuncia presentata dal ricorrente e l’accettazione del controricorrente rispettassero i requisiti richiesti dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile.
In particolare, l’articolo 391 c.p.c., a seguito delle modifiche introdotte nel 2016, consente di dichiarare l’estinzione non più necessariamente con un’ordinanza collegiale, ma con un più agile decreto emesso dal presidente. Questa semplificazione procedurale accelera la definizione dei ricorsi in cui le parti hanno già trovato un’intesa.
Un aspetto cruciale della decisione riguarda le spese legali. La Corte ha specificato che, data l’accettazione della rinuncia da parte della controricorrente, non era necessario statuire nulla sulle spese. L’accettazione, infatti, presuppone un accordo tra le parti anche su questo punto, che di solito porta alla loro compensazione, con ciascuna parte che si fa carico delle proprie.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione offre importanti spunti pratici. Dimostra come la rinuncia al ricorso in Cassazione, se accettata, sia uno strumento efficace per chiudere definitivamente e rapidamente una controversia legale. Per le parti, ciò significa evitare i tempi lunghi e i costi di un giudizio di legittimità, raggiungendo un punto fermo.
L’implicazione più rilevante è quella economica: l’accordo sulla rinuncia permette di neutralizzare la condanna alle spese, un elemento spesso oneroso che grava sulla parte soccombente. Questa pronuncia ribadisce che la volontà concorde delle parti di porre fine al processo è valorizzata dall’ordinamento, che fornisce procedure snelle per formalizzare tale accordo e decretare l’estinzione del giudizio.
Cosa succede se chi ha fatto ricorso in Cassazione decide di rinunciare?
Se la parte che ha presentato il ricorso (ricorrente) vi rinuncia e l’altra parte (controricorrente) accetta tale rinuncia, il giudizio di Cassazione si estingue, cioè si conclude senza una decisione nel merito della questione.
È necessaria una sentenza per dichiarare l’estinzione del giudizio per rinuncia?
No, secondo l’articolo 391 del codice di procedura civile, come modificato nel 2016, l’estinzione può essere dichiarata con un semplice decreto, rendendo la procedura più snella e veloce rispetto al passato.
Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso accettata dalla controparte?
Nel caso esaminato, la Corte ha stabilito che nulla è dovuto per le spese, poiché la parte controricorrente ha accettato la rinuncia. Generalmente, l’accettazione della rinuncia implica che ogni parte si faccia carico delle proprie spese legali.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19629 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 1 Num. 19629 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 16/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 19769/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n.2148/2018 depositata il 18/12/2018.
letta la rinuncia al ricorso del ricorrente e la contestuale accettazione del controricorrente;
ritenuto che la rinuncia ha i requisiti richiesti dagli articoli 390 e 391 c.p.c.;
che l’estinzione può essere dichiarata con decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., come modificato dal d.l. n. 68 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 197 del 2016;
che nulla va statuito sulle spese, stante l’accettazione della rinuncia da parte della controricorrente
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 16/07/2025