Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34113 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34113 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19961/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende.
-ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende.
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di ROMA n. 542/2019, depositata il 24/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con pronuncia n. 542/2019, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’ opposizione proposta da NOME COGNOME deceduto in corso di causa, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da NOME COGNOME per il pagamento di €. 3626,13 per la riparazione del veicolo d ell’opponente.
Disattendendo le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, il Giudice distrettuale ha dichiarato ammissibile e non rinunciata – in quanto non formalmente riproposta all’udienza di precisazione delle conclusioni – la prova per testi volta a dimostrare la conclusione del contratto d’opera, pervenendo ad affermare che effettivamente NOME COGNOME era intervenuto sul luogo del sinistro su richiesta di controparte ed aveva poi eseguito gli interventi di riparazione, avendo diritto al compenso.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso in cinque motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 112, 132 e 342 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost., per mancata e/o apparente motivazione sull’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c..
Il motivo è infondato.
La scelta di definire il giudizio nel merito non è censurabile sull’assunto che il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame per mancanza di una ragionevole probabilità di accoglimento; la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l’appello, che è l’unico provvedimento impugnabile e solo per vizi propri (Cass. 37272/2021).
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112, 132, 342, 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost., lamentando che l’appello, in luogo che essere accolto, doveva esser dichiarato inammissibile per genericità e non pertinenza delle censure.
La censura è inammissibile, perché difetta totalmente dell’illustrazione dei motivi di impugnazione proposte dal resistente in appello, dovendo darsi continuità al principio per cui «quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, il giudice di legittimità «è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate dal codice di rito», in particolare rispetto «alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.)», il che comporta la necessità che il motivo, rispetto al vizio qui denunciato, sia corredato dalla trascrizione dei passaggi dell’atto di appello utili a rendere specifiche e pregnanti rispetto al caso concreto la censure dispiegate, come qui non è avvenuto, in quanto nulla dell’atto di gravame è riportato nel contesto del motivo stesso (Cass. 3612/2022; Cass. 24048/2021; Cass. 29495/2020; Cass. su. 8077/2012).
Non è neppure astrattamente configurabile l’omissione di pronuncia rispetto ad un’eccezione puramente processuale , omissione implicitamente decisa dall’esame del merito (il che di per sé esclude la violazione dell’art. 112 c.p.c.) , ed è irrilevante il difetto di motivazione riguardo agli errores in procedendo, avendo questa Corte il potere di autonomamente rivalutare la censura e la specificità dell’impugnazione , ove la questione sia correttamente veicolata in sede di legittimità.
4. Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112, 189 e 345 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111, commi primo e secondo Cost., del principio del contraddittorio e del potere dispositivo delle parti, per aver la sentenza ammesso la prova per testi non riproposta all’udienza di conclusioni dinanzi al Tribunale e senza che il resistente avesse
chiesto la revoca dell’ordinanza con cui i mezzi istruttori erano stato dichiarati inammissibili.
Il motivo è infondato.
Non può ritenersi che, qualora una prova non sia stata ammessa o sia stata dichiarata inammissibile in istruttoria, la mancata riproposizione o la mancata richiesta di revoca dell’ ordinanza istruttoria all’udienza di precisazione delle conclusioni comporti necessariamente una rinuncia al mezzo istruttorio.
Nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione.
Tale presunzione può ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottate (Cass. n. 33103/2021; Cass. n. 10767/2022).
Nel caso in esame la Corte di merito, interpretando la condotta processuale, il tema del contendere e il contento delle difese, si è detta persuasa, con motivazione del tutto logica, che la resistente non avesse affatto inteso rinunciare alla prova. Anche dalla lettura del ricorso emerge che in entrambi i gradi l’assunzione della prova era tema posto a fondamento delle istanze del resistente, indispensabile per l’accoglimento delle domande, date le contestazioni di controparte, occorrendo dimostrare il conferimento dell’incarico di riparazione e l’esecuzione de lle riparazioni.
5. Il quinto motivo denuncia che la Corte di merito abbia ammesso la prova non avvedendosi della evidente genericità dei fatti capitolati.
La censura è inammissibile.
La valutazione di genericità della prova è compito del giudice di merito ed è sottoposto al controllo di legittimità solo in ordine alla logicità della motivazione (Cass. 34189/2022; Cass. 18222/2004). La prova era stata ritenuta inammissibile perché mancante di riferimenti specifici al luogo e ai tempi dell’incontro tra le parti (coincidente con quello del sinistro in cui il veicolo del ricorrente aveva riportati danni) e l’oggetto dell’ accordo, assunto cui la Corte di merito ha replicato, reputando che i capitoli avessero ad oggetto una circostanza oggettiva ben definita, che non necessitasse di ulteriori specificazioni, quindi in relazione ai fatti da provare collocabili nel contesto delle complessive circostanze dedotte in giudizio (richiesta di intervento sul luogo del sinistro, tipologia delle riparazioni eseguite, etc.), considerato che, contrariamente a quanto sembrano sostenere i ricorrenti, l’indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all’adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, ossia ponendo il loro contenuto in correlazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni dei contendenti, tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi, ai sensi dell’art. 253 c.p.c. (Cass. 14364/2018; Cass. 3280/2008; Cass. 10272/1995).
Il ricorso è respinto, con aggravio di spese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 2.500,00, di cui 200,00 per esborsi,
oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda