Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16068 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16068 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
1.La Corte di Appello di Messina ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto le domande di NOME COGNOME, volte a conseguire l’inquadramento nella categoria C3 a far data dal luglio 2001, con conseguente condanna della controparte al pagamento delle differenze retributive anche ai fini assicurativi, previdenziali e assistenziali.
2.Con determina n. 461 del 14.11.1997 l’RAGIONE_SOCIALE aveva indetto una selezione per il reperimento di 400 unità ripartite su base regionale, da nominare nel profilo di ispettore di vigilanza; con determina n. 83 del 25.2.1998, le unità destinate alla selezione erano state aumentate a 700, mentre nel 2001, a seguito dell’approvazione della nuova dotazione organica, il contingente da destinarsi all’attività di vigilanza era stato elevato di altre 500 unità, da prelevare mediante scorrimento della graduatoria degli idonei alla selezione, già precedentemente formata e prorogata di un altro anno con determinazione n. 269/00.
Si era pertanto proceduto ad una nuova selezione, che prevedeva l’ammissione e l’espletamento di un corso di formazione; a tale selezione aveva partecipato il COGNOME.
Con messaggio n.1216 del 12.6.2001 della RAGIONE_SOCIALE l’Istituto aveva previsto che potessero partecipare al corso di formazione solo coloro che avessero superato la VII selezione e che avessero rivestito la posizione C1/C2, e aveva altresì stabilito che ai sensi del CCNL Integrativo gli interessati dovessero esplicitamente rinunciare alla progressione in C3 amministrativo; con messaggio n. 001216 del 12.6.2001 l’Istituto aveva previsto che sarebbero stati ammessi alla selezione solo coloro che avessero superato la selezione di VII livello previa esplicita rinuncia alla progressione in C3 amministrativo ai sensi di quanto previsto dal CCNI, mentre
con messaggio n. 1278 del 19.6.2001 la RAGIONE_SOCIALE regionale dell’Istituto aveva precisato che non era ammessa la rinuncia di coloro che fossero stati già inquadrati con decorrenza retroattiva nella posizione giuridica C3 amministrativo, mentre potevano rinunciare alla progressione non ancora definita in C3 amministrativo i titolari della posizione C1/C2.
NOME RAGIONE_SOCIALE al momento della presentazione della domanda per la selezione finalizzata alla nomina nel profilo di ispettore di vigilanza possedeva ancora l’inquadramento in categoria C2 ed aveva partecipato alla progressione economica orizzontale per l’accesso alla categoria C3 con decorrenza dal 1.7.2001, a seguito di procedura concorsuale indetta con determinazione n. P23/219/2000 del 11.8.2000.
Con nota n. 506 del 28.6.2001 il COGNOME, utilmente collocato in graduatoria, era stato invitato a presentare entro e non oltre il 6.7.2001 il modulo allegato, con il quale avrebbe dovuto manifestare la volontà di partecipare ai corsi di formazione e di rinunciare espressamente alla progressione in C3 amministrativo.
In data 12.7.2001 il COGNOME aveva confermato di accettare tutte le condizioni poste dalla sede regionale, con atto del 23.7.2001 aveva ribadito la propria rinuncia alla progressione in C3 amministrativo, mentre con successiva lettera del 20.8.2001 aveva dichiarato che avrebbe rinunciato alla progressione economica C3 amministrativo solo se avesse superato la prova a contenuto tecnico-pratico; la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva accettato la rinuncia condizionata.
Il COGNOME, inserito in posizione utile nella graduatoria per il conferimento della categoria C3 pubblicata in data 27.2.2002 era stato depennato, in quanto alla data di pubblicazione era risultato inserito, a seguito di selezione, in attività di formazione per il conferimento della nomina ad ispettore di vigilanza.
Non avendo superato il corso teorico-pratico previsto per la formazione degli ispettori di vigilanza, il COGNOME aveva presentato opposizione chiedendo di essere riammesso; il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella seduta del 3.122003 aveva espresso parere favorevole inviando una specifica richiesta di collocamento in
soprannumero in C3 amministrativo nell’RAGIONE_SOCIALE, ma la RAGIONE_SOCIALE non aveva al riguardo assunto alcuna determinazione.
La Corte territoriale ha rilevato che, pur rifacendosi ad un’ipotesi di accordo del 16.5.2001, il CCNI era stato sottoscritto in data 25.7.2001 e riteneva illegittimi i messaggi nn. 1216 del 12.6.2001, 001216 del 12.6.2001 e 001278 del 19.6.2001, in quanto emessi alla luce d’una normativa contenuta in un’ipotesi di accordo e non ancora entrata in vigore, ma che avrebbe trovato applicazione a far data dalla sottoscrizione, avvenuta in epoca successiva al 6.7.2001, data fissata per la presentazione della modulistica di partecipazione alla selezione.
Ha aggiunto che la preclusione al corso di formazione prevista dal CCNL 1998/2001 era riferita alla già avvenuta progressione in C3, mentre il COGNOME era sprovvisto di tale requisito, avendo solo presentato domanda per partecipare alla progressione e solo a seguito dell’approvazione della graduatoria per il conferimento della categoria C3, pubblicata in data 27.2.2002, il COGNOME si era inserito in posizione ‘virtualmente’ utile.
Ha rilevato che solo il conseguimento della progressione avrebbe precluso il corso di formazione e che al COGNOME era stata consentita la partecipazione al corso teorico-pratico proprio perché detta progressione non era stata ancora conseguita, mentre la condizione risolutiva espressa di rinuncia alla progressione era stata prevista solo dal contratto integrativo, non ancora applicabile.
Ha inoltre evidenziato che all’Amministrazione non risultava pervenuta alcuna rinuncia da parte del COGNOME entro il termine del 6.7.2001 fissato dall’RAGIONE_SOCIALE (ha, sul punto, precisato che l’unico documento attestante la rinuncia era del 23.7.2001) e che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva accettato la rinuncia condizionata avanzata nell’agosto 2001; ha pertanto condannato l’RAGIONE_SOCIALE all’inquadramento del COGNOME in C3 amministrativo quale soprannumerario, nonché al pagamento delle differenze retributive maturate dal 1°.7.2001, anche ai fini assicurativi, previdenziali ed assistenziali.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, hanno resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 11 del CCNL 1998-2001 per il personale degli enti pubblici non economici, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto ratione temporis inapplicabili le disposizioni contenute nel CCNI.
Deduce che il contratto integrativo costituisce una fattispecie a formazione progressiva; evidenzia che ai sensi degli artt. 4 e 5 del CCNL, l’ipotesi di accordo non è priva di effetti per la parte datoriale pubblica, ma legittima la futura azione dell’Amministrazione anche senza accordo con le parti sociali.
Argomenta che le parti sociali, raggiunta l’intesa sul contratto integrativo, non sono tenute ad attendere l’esito positivo degli organi di controllo per le materie che non incidono sulla compatibilità dei costi; aggiunge che la positiva valutazione degli organi di controllo concerne solo la parte del contratto integrativo che implica l’erogazione di risorse destinate ai trattamenti economici accessori per l’incentivazione del personale ed ha carattere retroattivo.
Aggiunge che il COGNOME si è volontariamente vincolato alle condizioni richieste dall’Amministrazione per partecipare al corso concorso di Ispettore di Vigilanza, potendo vantare il necessario presupposto della qualifica C1/C2 amministrativa come richiesto.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1363 e 1364 cod. civ. con riferimento al CCIE RAGIONE_SOCIALE 2001, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale valorizzato la volontà delle parti sociali in ordine alla vincolatività dell’accordo preliminare relativo al CCNI del 2001.
Sostiene che il CCNI del 2001, ancorché definitivamente sottoscritto in data 25.7.2001, ha effetto dal 1.1.2001 al 31.12.2001.
Lamenta che la sentenza impugnata ha violato il canone interpretativo secondo cui nell’interpretazione del contratto il giudice deve ricercare la volontà delle parti contraenti come manifestata nell’atto da interpretare, tenendo conto del complesso delle pattuizioni, per trarne la ratio e la volontà delle parti, mentre la sentenza si era basata su un’interpretazione atomistica del testo contrattuale, senza rapportare la clausola concernente l’approvazione del contratto al complesso delle pattuizioni intervenute tra le parti, e senza soffermarsi sul significato delle parole utilizzate nel testo contrattuale.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362, primo comma, cod. civ., 1363 e 1364 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la rinuncia espressa dal COGNOME dovesse essere accettata dall’Amministrazione.
Addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto l’insussistenza di una manifestazione di rinuncia nei termini fissati dall’Amministrazione da parte del COGNOME, e di avere inoltre ritenuto che la rinuncia dovesse essere accettata.
Riporta il contenuto della nota dell’Istituto del 28.6.2008 e delle note del COGNOME del 12.7.2001 e del 23.7.2001, evidenziando che in data 2.7.2001 il COGNOME aveva già espresso la volontà di rinunciare nei termini fissati dall’Amministrazione, come risulta dalla nota del 12.7.2001.
Lamenta l’erronea applicazione dei criteri ermeneutici in materia di negozi unilaterali tra vivi; evidenzia che l’interpretazione di una dichiarazione unilaterale va condotta in modo complessivo, in base alle parole che ne compongono la formulazione letterale, nonché in base all’intenzione del dichiarante.
Il terzo motivo, che per ragioni logiche va trattato per primo, è inammissibile.
La Corte territoriale ha accertato in fatto che all’Amministrazione non era risultata pervenuta alcuna rinuncia entro il termine del 6.7.2001 fissato dall’RAGIONE_SOCIALE, in quanto l’unico documento attestante la rinuncia era del 23.7.2001; tali statuizioni non sono state specificamente censurate.
Il motivo si limita infatti a dedurre che il COGNOME aveva già espresso la volontà di rinunciare nei termini fissati dall’Amministrazione, avendo espresso la propria disponibilità in tal senso in data 2.7.2001 (come risulterebbe dalla nota del 12.7.2001), circostanza, questa, che non risulta dalla sentenza impugnata, né può essere verificata in sede di legittimità, trattandosi di circostanza fattuale.
Deve in proposito rammentarsi che nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione in punto di diritto della sentenza, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi argomenti di fatto dedotti (v. Cass. S.U. n. 19874/2018 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente per cassazione proponga una determinata questione giuridica non trattata nella sentenza impugnata, per evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura deve denunciarne l’omessa pronuncia indicando, in conformità con il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quale atto del giudizio di merito abbia già dedotto tale questione, per dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità e la ritualità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la relativa censura (v. Cass. n.1273/2003; Cass. n. 6542/2004; Cass. n. 3664/2006; Cass. n. 20518/2008; Cass. n. 2190/2014; Cass. n. 18719/2016).
Anche a voler ipotizzare che la disponibilità a rinunciare equivalga a rinuncia, la censura non indica neppure gli atti del giudizio di merito dai quali sarebbe emersa espresso tale disponibilità in data anteriore al 2.7.2001, né localizza tali atti.
Sono parimenti inammissibili i restanti motivi, con cui il ricorso censura la ratio decidendi relativa all’inapplicabilità ratione temporis del CCNI contenente la clausola che imponeva la rinuncia all’inquadramento in C3 amministrativo quale condizione per accedere alla selezione per la formazione di ispettori di vigilanza.
Infatti, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico
e giuridico, l’ infondatezza delle censure mosse riguardo anche ad una sola delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge , con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, antistatario.
D à atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 2 3 maggio 2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME