Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 74 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 74 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 15607 – 2021 R.G. proposto da:
MINISTERO delle INFRASTRUTTURE e della M OBILITA’ SOSTENIBILI -PROVVEDITORATO INTERREGIONALE alle OPERE PUBBLICHE per il VENETO, TRENTINO/ALTO ADIGE e FRIULI/VENEZIA NOME -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del Ministro pro tempore , RAGIONE_SOCIALE -c.f. NUMERO_DOCUMENTO – in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici, in Roma, alla INDIRIZZO, domiciliano per legge.
RICORRENTI
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE resp. lim. -c.f./p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliate in
Venezia – Mestre, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che le rappresenta e difende in virtù di procure speciali su fogli allegati in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTI
avverso la sentenza n. 855/2021 della Corte d’Appello d i Venezia, udita la relazione nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto ritualmente notificato la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ soc. coop. a resp. lim. citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Venezia il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino/Alto Adige e Friuli/Venezia Giulia nonché l’Agenzia del Demanio .
Premettevano che il Magistrato RAGIONE_SOCIALE aveva, nel periodo 1995/2005, rilasciato autorizzazioni provvisorie per lo svolgimento di attività di allevamento ittico nella laguna di Venezia al ‘Consorzio RAGIONE_SOCIALE. a resp. lim. (cfr. ricorso, pagg. 1 – 2) .
Premettevano che con riferimento all’anzidetto periodo temporale l’Erario si era assunto creditore de l ‘Consorzio’ – sottoposto nel 2007 a procedura di liquidazione -per canoni demaniali non corrisposti per l’importo di euro 541.032,07, così determinato in esito alla escussione della polizza fideiussoria dell’1.6. 1995, di euro 51.645,69, costituita a garanzia (cfr. ricorso, pag. 2) .
Premettevano che in data 19.9.2012 il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era stato cancellato dal registro delle imprese e che a seguito del deposito del bilancio finale la
procedura di liquidazione era stata definita per insussistenza di attivo (cfr. ricorso, pag. 2) .
Premettevano che con nota del 17.4.2014 -ribadita con atto del 14.7.2015 -dell’Agenzia del Demanio e del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino/Alto Adige e Friuli/Venezia Giulia era stato intimato ad esse attrici il pagamento della somma di euro 592.934,09, comprensiva di interessi legali maturati sino al 30.4.2009, in ragione della loro partecipazione al ‘Consorzio’ e dei servizi resi dal ‘Consorzio’ in loro nome e per loro conto (cfr. ricorso, pag. 2) .
Indi esponevano che in relazione al credito ex adverso preteso non erano passivamente legittimate in dipendenza del l’applicabilità alle cooperative dell’art. 2495 cod. civ. siccome richiamato dall’art. 2519 cod. civ.; che il credito ex adverso invocato doveva reputarsi prescritto in dipendenza del decorso del termine quinquennale di prescrizione; che in ogni caso il quantum del l’asserito credito era da commisurare alle porzioni lagunari effettivamente e concretamente occupate, sicché in ragione della cospicua decurtazione che ne sarebbe derivata l’avversa creditoria non avrebbe ecceduto l’ammont are dalla P.A. riscosso a seguito dell’escussione della polizza fideiussoria rilasciata a garanzia (cfr. ricorso, pag. 3) .
Chiedevano dunque accertarsi e darsi atto dell’insussistenza della pretesa creditoria oggetto dell’intimazione .
Si costituivano il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio.
Deducevano che nella specie operava la responsabilità diretta e solidale delle imprese consorziate in dipendenza dell’attività svolta in loro nome e per loro conto dal ‘Consorzio’ (cfr. ricorso, pag. 3) .
De ducevano inoltre che le imprese aderenti al ‘Consorzio’ avevano fruito di tutte le superfici lagunari autorizzabili (cfr. ricorso, pag. 3) .
Instavano per il rigetto dell’avversa domanda ed in via riconvenzionale per l’accertamento del credito invocato e per la condanna delle attrici al relativo pagamento se del caso per il periodo non coperto da prescrizione.
Con sentenza n. 2659/2017 il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda delle attrici e dichiarava non dovute le somme richieste con la nota del 17.4.2014 e con l ‘atto del 14.7.2015 (cfr. ricorso, pag. 4) .
In applicazione del principio della ‘ragione più liquida’ in rapporto ai plurimi argomenti addotti dagli attori a sostegno dell’invocato accertamento negativo, il tribunale opinava nel senso della inutilizzabilità della documentazione informatica allegata dalle Amministrazioni convenute onde dar ragione dell’interruzione, in epoca ante riore al l’aprile del 2014, del corso della prescrizione, sicché i canoni maturati antecedentemente al 2010 dovevano reputarsi prescritti. Ed opinava inoltre nel senso della dirimente valenza della veste di cooperativa del ‘RAGIONE_SOCIALE , atta a giustificare l’applicabilità dell’art. 2495 cod. civ., sicché, in dipendenza altresì della mancata percezione di importi in sede di liquidazione -liquidazione definita per assenza di attivo – era da escludere qualsivoglia responsabilità dei consorziati.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia del Demanio proponevano appello.
Resistevano la ‘C ooperativa RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ soc. coop. a resp.
Con sentenza n. 855/2021 la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame, confermava il primo dictum e condannava in solido gli appellanti alle spese del grado.
Premetteva la corte che le Amministrazioni appellanti avevano articolato i motivi d’appello secondo un ordine di graduazione non coincidente con l’ordine logico delle questioni esaminate e decise dal tribunale (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Premetteva in particolare che le Amministrazioni appellanti avevano chiesto che fosse ‘esaminato prioritariamente il primo motivo di appello attinente alla questione, rimasta assorbita in primo grado, se le somme richieste agli aderenti al RAGIONE_SOCIALE dovute anche se le aree oggetto delle autorizzazioni provvisorie non state effettivamente occupate ed utilizzate -subordinando l’esame degli altri motivi all’accoglimento (e non già al mancato accoglimento) del primo ‘ (così sentenza d’app ello, pagg. 9 -10) .
Premetteva inoltre che le appellanti, in sede di precisazione delle conclusioni, avevano ribadito che in caso di mancato accoglimento del primo motivo la corte d’appello ‘non proced all’esame delle restanti censure (tranne l’ultima), dichiarando espressamente di rinunziarvi’ (così sentenza d’appello, pag. 1 0) .
Indi -la corte -evidenziava che il primo motivo d’appello non attingeva né l’una né l’altra delle due ‘ rationes decidendi ‘ sulla cui scorta il tribunale aveva
reputato fondata la domanda di accertamento negativo e respinto la domanda riconvenzionale (cfr. sentenza d’appello, pag. 1 0) .
Evidenziava in particolare che con il primo motivo di gravame si sollecitava la disamina di questioni di merito non rilevabili d’ufficio rimaste assorbite nell’esame delle questioni di merito in ordine alle quali il tribunale si era pronunciato (cfr. sentenza d’appello, pag. 10) e che agli ulteriori motivi di gravame (ad eccezione del quinto) involgenti il duplice ordine di ragioni atto a sorreggere il primo dictum , le Amministrazioni appellanti avevano dichiarato esplicitamente di rinunciare, qualora il pr imo motivo d’appello non fosse stato accolto (cfr. sentenza d’appello, pagg. 10 11) .
Evidenziava dunque che il primo motivo d’appello doveva reputarsi inammissibile, siccome non recante censura delle ‘ rationes decidendi ‘ cui era ancorato il primo dictum (cfr. sentenza d’appello, pag. 11) .
Evidenziava per altro verso la corte – in ordine al quinto motivo d’appello, con il quale l’Agenzia del Demanio aveva addotto il proprio difetto di legittimazione passiva, siccome estranea alla pretesa oggetto di causa -che l’ ‘ Agenzia ‘ doveva ‘ritenersi legittimata a contraddire in ragione del fatto che, come allegato e documentato dai convenuti, l’ente si affermato titolare del credito dedotto in giudizio, sottoscrivendo, a mezzo del proprio Direttore, la prima richiesta di pagamento comunicata con nota prot. 4391-14 del 17.04.2014’ (così sentenza d’appello, pag. 13) .
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili -Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino/Alto Adige e Friuli/Venezia Giulia nonché
l’Agenzia del Demanio ; ne hanno chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
La ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese di lite.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112 e 306 cod. proc. civ.
Deducono che la Corte di Venezia ha omesso la valutazione dei motivi subordinati d’appello (cfr. ricorso, pag. 10) ed ha assunto sussistente una rinunzia che non era mai stata formulata (cfr. ricorso pag. 11) .
Deducono dunque che la corte d’appello ha violato il principio dispositivo in senso sostanziale (cfr. ricorso, pag. 11) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per omessa pronuncia.
Deducono che la Corte di Venezia ha omesso di pronunciarsi in ordine ad una domanda ritualmente formulata dalle appellanti ovvero in ordine al secondo, al terzo ed al quarto motivo d’appello sul presupposto di una rinuncia insussistente (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono evidentemente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso i medesimi mezzi di impugnazione sono destituiti di fondamento e vanno respinti.
Si è premesso che la Corte di Venezia ha dato atto che le Amministrazioni appellanti avevano espressamente subordinato la disamina del secondo, del terzo e del quarto motivo ‘all’accoglimento (e non già al mancato accoglimento) del primo’ (così sentenza d’appello, pag. 10) .
Ulteriormente, la corte distrettuale ha dato atto che le appellanti, in sede di precisazione delle conclusioni, avevano ribadito che ‘in caso di mancato accoglimento del primo motivo (…) la Corte non proceda all’esame delle restanti censure (tranne l’ultima), dichiarando espressamente di rinunziarvi’ (così sentenza d’appello, pag. 1 0) .
Ben vero, dei rilievi surriferiti, cui la corte territoriale ha atteso, si ha pieno riscontro alla stregua della testuale riproduzione, alle pagine 8/9 ed alle pagine 9/10 del ricorso per cassazione, del tenore delle conclusioni dalle Amministrazioni appel lanti rassegnate nell’atto d’appello (‘in via subordinata all’accoglimento del primo motivo si propongono gli ulteriori seguenti motivi (…)’) e nel foglio di precisazione delle conclusioni depositato il 7.9.2020 (‘ne l caso di mancato accoglimento del primo motivo e/o di mancata piena dichiarazione di infondatezza nel merito delle avversarie argomentazioni di cui sopra da ad (che costituiscono fattori condizionanti), si chiede di non procedere all’esame di tutti i restanti motivi di gravame (salvo il sesto), perché, sempre in tal caso, si dichiara di non avervi più alcun interesse e quindi si dichiara espressamente di rinunziarvi’) .
In questi termini è da escludere che la corte d’appello abbia omesso di pronunciarsi in ordine al secondo, del terzo e del quarto motivo d’appello ovvero
abbia omesso la valutazione del secondo, del terzo e del quarto motivo d’appello.
Del resto, questa Corte spiega da tempo che, come si desume dal combinato degli artt. 112, 189, 1° co., e 277, 1° co., cod. proc. civ., l ‘o bbligo di decidere, la cui inosservanza dà luogo al vizio di omessa pronuncia, presuppone una istanza della parte che abbia un contenuto concreto e sia stata formulata in una specifica conclusione sulla quale il giudice debba emettere una statuizione di accoglimento o di rigetto; da tale principio, valido anche per il giudizio di appello in virtù del richiamo fatto alle citate disposizioni dall ‘ art. 359 cod. proc. civ., discende che, qualora la parte abbia precisato in modo specifico le proprie conclusioni nell ‘ apposita udienza, le domande e le eccezioni non riproposte devono presumersi abbandonate o rinunciate e il giudice deve limitare il proprio potere-dovere decisorio a quelle espressamente riproposte (cfr. Cass. 21.5.1987, n. 4630. Cfr. altresì Cass. 19.5.2004, n. 9465, secondo cui il giudice di merito che espressamente consideri abbandonata una domanda non riproposta in sede di precisazione delle conclusioni può solo limitarsi, nella motivazione, ad evidenziare che la domanda non è stata riprodotta quando non vi siano elementi dai quali possa desumersi una contraria volontà della parte) .
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112 e 306 cod. proc. civ. anche in relazione agli artt. 305, 307-309, 331 e 342 cod. proc. civ.
Deducono subordinatamente -qualora si ritenesse di non accogliere i primi due motivi di ricorso -che ha errato la Corte di Venezia a reputare inammissibile
il primo motivo d’appello, allorché ha assunto che le questioni involte dal primo motivo di gravame non fossero mai state decise dal Tribunale di Venezia (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deducono che il tribunale aveva nella sua decisione seguito un ordine logico non corrispondente a quello indicato dalla corte d’appello (cfr. ricorso, pag. 14) .
Il terzo motivo di ricorso del pari è destituito di fondamento e va respinto.
Il tribunale, in prime cure, si era limitato, ‘in forza del principio della ‘, a delibare lo si è premesso – il profilo della prescrizione nonché il profilo dell’applicabilità dell’art. 2495 cod. civ. e della susseguente responsabilità intra vires dei consorziati.
Più esattamente, il tribunale, a tal ultimo riguardo, aveva puntualizzato che ‘nel caso che ci occupa non è stato dimostrato che i singoli soci abbiano riscosso somme ma anzi risulta che le operazioni di liquidazione sono terminate registrando l’assenza di attivo patrimoniale’ (così sentenza di primo grado, pag. 3) .
Su tale scorta non possono che formularsi i rilievi che seguono.
Ineccepibilmente la Corte di Venezia ha affermato che il primo motivo d’appello con cui le Pubbliche Amministrazioni appellanti avevano chiesto ‘l’accertamento della debenza dei canoni per effetto della messa a disposizione delle aree demaniali, a prescindere alla superficie in concreto occupata e utilizzata dagli aderenti al RAGIONE_SOCIALE (così sentenza d’appello, pag. 8) -si sostanziasse nella ‘mera riproposizione di un argomento non affrontato dal giudice di prime cure’ e quindi che il mezzo di gravam e non era atto a cogliere la ‘ ratio decidendi ‘ del primo dictum (cfr. sentenza d’appello, pag. 11) .
Evidentemente le questioni involte dal primo motivo di gravame non erano state oggetto della statuizione di prime cure.
Ingiustificatamente, perciò, i ricorrenti adducono che il tribunale aveva stabilito contraddittoriamente che debitore fosse solo il ‘Consorzio’ e che i consorziati potessero ‘ vantare dei titoli speciali (non spettanti al RAGIONE_SOCIALE per abbattere il loro debito del 90%, sebbene poi di tali titoli non sia stata es posta in sentenza una reale disamina’ (così ricorso, pag. 15) .
Né in pari tempo le questioni veicolate dal primo motivo di appello possono reputarsi delibate dal tribunale alla stregua del rilievo finale di cui al dictum di prima istanza.
Più esattamente, il tribunale, quanto alla domanda riconvenzionale delle Amministrazioni convenute, volta al rimborso delle somme eventualmente percepite medio tempore dalle attrici, si era limitato al lapidario assunto per cui la medesima domanda era senz’altro da respingere ‘per indeterminatezza e mancanza di prova’ (così sentenza di primo grado, pag. 3) .
Evidentemente, il riscontro dell’indeterminatezza della domanda riconvenzionale delle Pubbliche Amministrazioni, riscontro di certo assorbente pur in ordine all’aggiuntiva affermazione del difetto di prova, non implica alcuna statuizione né circa l’ an né circa il quantum del credito invocato dalle Amministrazioni convenute, poi appellanti.
D’altronde lo si è detto -il tribunale aveva premesso -nel quadro dell’assunta applicabilità dell’art. 2495 cod. civ. -che le operazioni di liquidazione si erano concluse senza che i soci avessero percepito alcunché.
Ingiustificatamente, perciò, i ricorrenti adducono, altresì, che il tribunale ‘a chiosa della decisione’ aveva aggiunto che molteplici sarebbero stati i motivi per i quali i crediti pretesi dalle Pubbliche Amministrazioni sarebbero stati insussistenti, ‘implicitamente ritenendo di calcolarli nella stessa misura ind icata dai consorziati (…) e pertanto estinti per compensazione come effetto dell’escussione delle garanzie da fidejussione’ (così ricorso, pag. 15) .
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 81 e 100 cod. proc. civ. e dell’art. 29 legge n. 366/1963.
Deducono che ha errato la Corte di Venezia a rigettare il quinto motivo.
Deducono che la legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio soggiace ai limiti che ineriscono alla sua competenza istituzionale (cfr. ricorso, pag. 16) ; in particolare, che l’Agenzia del Demanio non è titolare del diritto di incassare le somme di esclusiva spettanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze (cfr. ricorso, pag. 16) .
Il quarto motivo di ricorso parimenti è privo di fondamento e va respinto.
Al riguardo non viene in rilievo il profilo della legitimatio ad causam .
Invero, con il mezzo in disamina si contesta non già la legittimazione ad agire, recte la legittimazione a resistere dell’Agenzia del Demanio a fronte dell’accertamento negativo ex adverso invocato, bensì la concreta titolarità in capo alla medesima ‘Agenzia’ delle ragioni creditorie reclamate con la nota del 17.4.2014 e con l’atto del 14.7.2015 .
Evidentemente si tratta di un profilo di ‘merito’, afferente al giudizio ‘di fatto’ cui la Corte di Venezia ha atteso (cfr. Cass. sez. un. 16.2.2016, n. 2951 (Rv.
638371-01), secondo cui la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione) .
Conseguentemente, il quarto motivo di ricorso va, rectius , qualificato ai sensi del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. nonostante la diversa indicazione, ai sensi del n. 3 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ., di cui alla relativa rubrica. Del resto, è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054)
20. Su tale scorta si reputa ulteriormente quanto segue.
Da un cant o, è da escludere recisamente che taluna delle figure di ‘anomalia motivazionale’ destinate ad acquisire significato alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, possa scorgersi in ordine alle motivazioni cui la corte d’appello ha -in parte qua – ancorato il suo dictum .
Segnatamente, la Corte veneziana ha -lo si è anticipato -intellegibilmente e congruamente esplicitato il proprio ineccepibile iter argomentativo.
D’ altro canto, i ricorrenti censurano l’asserita omessa, erronea valutazione delle risultanze di causa.
Invero, hanno prospettato ch e l’Agenzia del Demanio non si è mai assunta titolare del credito oggetto del giudizio, in quanto aveva firmato la doppia richiesta di pagamento, in cui il creditore era indicato nel M.E.F., in forza di atti di disposizione del demanio lagunare adottati unicamente dal Ministero delle Infrastrutture in qualità di Magistrato delle Acque (cfr. ricorso, pagg. 18 – 19) .
Co sicché sovviene l’insegnamento di questa Corte di legittimità a tenor del quale con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare alle controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo e tiene conto del mancato deposito di memoria da parte delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna in solido i ricorrenti, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili -Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino/Alto Adige e Friuli/ Venezia Giulia nonché l’Agenzia del Demanio , a rimborsare alle controricorrenti, ‘RAGIONE_SOCIALE e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in euro 10.700,00, di cui euro 200,00
per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte