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Rinuncia diritto di precedenza: la firma è valida?

Un cuoco ha citato in giudizio il suo ex datore di lavoro per non averlo riassunto, nonostante il suo diritto di precedenza per il lavoro stagionale. Il lavoratore aveva precedentemente firmato un documento di transazione rinunciando a questo diritto. I tribunali, fino alla Corte di Cassazione, hanno respinto la richiesta del lavoratore. La questione chiave era la validità di questa rinuncia. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il documento era una dichiarazione valida e non un accordo transattivo che risolveva una controversia. Questo caso evidenzia la distinzione giuridica e le conseguenze di una rinuncia al diritto di precedenza.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia Diritto di Precedenza: Quando è Valida la Firma su una Quietanza?

La firma di un documento a fine rapporto può avere conseguenze significative, specialmente quando include una rinuncia diritto di precedenza, un istituto fondamentale per i lavoratori stagionali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un cuoco che, dopo aver firmato una quietanza liberatoria, ha contestato la validità della sua rinuncia, chiedendo un risarcimento per la mancata riassunzione. Analizziamo la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Un cuoco, impiegato con un contratto di lavoro stagionale presso una struttura alberghiera, si vedeva terminare il rapporto di lavoro in anticipo rispetto alla scadenza prevista. Al momento della cessazione, il lavoratore firmava una dichiarazione nella quale attestava di essere stato soddisfatto di tutti i suoi diritti e, contestualmente, rinunciava al diritto di precedenza per essere riassunto nella successiva stagione invernale.

Successivamente, il cuoco adiva il tribunale, sostenendo che la mancata riassunzione per la stagione invernale 2019/2020 violasse il suo diritto di precedenza sancito dall’art. 24 del D.Lgs. 81/2015. A suo dire, la rinuncia firmata era invalida in quanto parte di un accordo più ampio imposto dal datore di lavoro per ottenere il pagamento delle competenze finali. Chiedeva quindi un risarcimento pari alle retribuzioni che avrebbe percepito.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano la sua domanda, confermando la piena validità della rinuncia. Il caso è quindi giunto all’attenzione della Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte e la Validità della Rinuncia Diritto di Precedenza

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione basato su quattro motivi, incentrati sulla presunta errata valutazione del documento firmato, che a suo avviso doveva essere considerato un negozio transattivo nullo, e sulla violazione di norme procedurali.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si è basato su principi procedurali e sostanziali di grande rilevanza.

La Distinzione tra Quietanza e Transazione

Il punto centrale della controversia era la natura giuridica del documento firmato. Secondo i giudici di merito, non si trattava di un negozio transattivo, ma di una semplice dichiarazione di scienza. Un negozio transattivo, per essere tale, presuppone l’esistenza di una res litigiosa, ovvero una lite, anche solo potenziale, che le parti intendono comporre attraverso reciproche concessioni. Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che non vi era alcuna prova di una controversia in atto o imminente al momento della firma. Il documento era, piuttosto, una dichiarazione con cui il lavoratore esprimeva la propria soddisfazione e, in una clausola distinta e autonoma, disponeva di un suo diritto futuro ma già esistente e disponibile: la rinuncia al diritto di precedenza.

Il Limite della “Doppia Conforme”

La Corte ha inoltre applicato il principio della “doppia conforme” previsto dall’art. 348-ter c.p.c. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti alla stessa conclusione basandosi sulle medesime ragioni di fatto, era preclusa al ricorrente la possibilità di contestare in Cassazione la valutazione dei fatti stessi. Il lavoratore non è riuscito a dimostrare che le motivazioni delle due sentenze fossero basate su ricostruzioni fattuali differenti, rendendo così il suo primo motivo di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili tutti i motivi del ricorso. In primo luogo, ha evidenziato come la critica alla qualificazione del documento come quietanza invece che come transazione fosse una censura di merito, non ammissibile in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una “doppia conforme”.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la doglianza relativa alla mancata ammissione di prove, chiarendo che tale omissione non costituisce un errore procedurale che rende nulla la sentenza, ma al massimo un vizio di motivazione, anch’esso precluso dalla “doppia conforme”.

Infine, i motivi relativi alla violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti e sulla transazione sono stati giudicati inammissibili perché non pertinenti. La decisione dei giudici di merito si fondava sul radicale difetto del presupposto della res litigiosa, rendendo irrilevante ogni discussione sul grado di determinatezza delle pretese da comporre in una transazione.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre importanti spunti pratici. Conferma che una rinuncia a un diritto, come quello di precedenza, inserita in una quietanza a saldo e stralcio, può essere considerata pienamente valida se si configura come un atto dispositivo autonomo di un diritto già determinato e disponibile. Affinché tale documento venga qualificato come transazione, e quindi potenzialmente impugnabile ai sensi dell’art. 2113 c.c., è indispensabile la presenza di una lite, attuale o potenziale, tra le parti. In assenza di questo presupposto, la rinuncia è efficace e preclude al lavoratore la possibilità di rivendicare in futuro il diritto a cui ha abdicato.

Una quietanza liberatoria che contiene una rinuncia al diritto di precedenza è sempre valida?
Sì, secondo questa ordinanza può essere considerata valida se la rinuncia è una clausola autonoma e dispositiva di un diritto attuale e disponibile del lavoratore, e non è parte di un accordo transattivo volto a risolvere una controversia esistente (res litigiosa).

Cosa distingue una semplice quietanza da un accordo transattivo?
La differenza fondamentale risiede nella presenza della “res litigiosa”. Un accordo transattivo serve a porre fine a una lite, attuale o potenziale, tramite reciproche concessioni. Una quietanza, invece, è una dichiarazione con cui si attesta di aver ricevuto il dovuto e può contenere rinunce a diritti specifici senza che vi sia una lite da comporre.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti se sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato torto?
Generalmente no. Quando le sentenze di primo e secondo grado giungono alla stessa conclusione sulla base delle medesime ragioni di fatto (c.d. “doppia conforme”), il ricorso in Cassazione per riesaminare la ricostruzione dei fatti è precluso, salvo che il ricorrente dimostri che le basi fattuali delle due decisioni erano diverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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