Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23637 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23637 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4643 – 2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di procuratore generale di NOMECOGNOME NOME e NOMECOGNOME quali eredi di COGNOME
COGNOME NOME e COGNOME, quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso, ad eccezione dei primi due difesi per procura notarile, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale sono
rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrenti –
e contro
COGNOME
-intimata – avverso la sentenza n. 3374/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 5/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/3/2025 dal consigliere NOME COGNOME letta la memoria delle parti ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione, notificato in data 21/1/1999, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Nola, i germani NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni appartenuti in vita al padre NOME COGNOME e alla madre NOME COGNOME.
Dedusse che i beni del padre, deceduto il 19/12/1970, erano loro pervenuti per testamento pubblico, mentre i beni della madre, deceduta il 27/8/93, per successione legittima; rappresentò pure che il padre aveva disposto una donazione in favore di NOME, in conto di legittima e per l’esubero sulla disponibile e , per testamento, in favore di NOME, pure in conto di legittima e per l’esubero sulla disponibile.
1.1. Costituendosi, NOME COGNOME eccepì l’intervenuta prescrizione del diritto di accettare l’eredità delle germane NOME e NOME COGNOME che non erano mai state nel possesso dei beni ereditari, disinteressandone; chiese, pertanto, la conseguente declaratoria di nullità o di annullabilità dell’atto di compravendita per
atto del notaio COGNOME del 5/10/1995, con cui NOME aveva venduto i beni ricevuti per testamento dal padre a NOME COGNOME e a sua moglie NOME COGNOME chiedendo la chiamata in causa di quest’ultima; eccepì pure l’intervenuto acquisto per usucapione di tutte le unità immobiliari cadute in successione ma da lui occupate continuativamente, subito dopo il decesso del padre; chiese, infine, che si procedesse alla divisione dei beni relitti soltanto tra lui e suo fratello NOME.
Con sentenza n. 1684/2015, nel contraddittorio con la terza chiamata NOME COGNOME e nella contumacia della sola NOME COGNOME il Tribunale di Nola dichiarò l’apertura della successione di NOME COGNOME e rigettò l’eccezione di prescrizione del diritto di accettazione dell’eredità delle germane NOME e NOMECOGNOME perché «estremamente generica e comunque priva di qualsivoglia riscontro probatorio», atteso che un testimone, non considerato de relato , aveva riferito che le germane avevano contribuito al pagamento delle spese relative ai beni ereditari e che queste dichiarazioni erano state confermate in interrogatorio da NOME in conseguenza, rigettò la domanda di nullità dell’ atto di compravendita dei cespiti ereditari; rigettò pure la domanda riconvenzionale di usucapione.
Avverso questa sentenza proposero appello NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi dell’originario convenuto NOME COGNOME rappresentando che il termine per accettare l’eredità decorre sempre e comunque dalla data di apertura della successione, che il primo giudice non aveva esaminato le singole posizioni di NOME, NOME e NOMECOGNOME che, a fronte del decesso del de cuius in data 19/12/1970 e della pubblicazione del testamento il 19/6/1971, nessuna delle sorelle si era costituita nei giudizi instaurati
nel 1981 a iniziativa di NOME e nel 1988 a iniziativa di NOME, che NOME aveva compiuto il primo atto implicito di accettazione dell’eredità nel 1995 con l’alienazione a NOME dei propri diritti, NOME aveva espresso la propria volontà di accettare l’eredità solo con la comparsa di costituzione in giudizio del 7/12/2020 e NOME non si era mai interessata dei beni ereditari e, infine, che il giudice aveva utilizzato per giungere al rigetto dell’eccezione di prescrizione le una testimonianza de relato actoris e le dichiarazioni a sé favorevoli di un interrogando.
4. Costituitisi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di procuratore generale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi della defunta NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quali eredi della defunta NOME COGNOME e nella contumacia di NOME COGNOME, con sentenza non definitiva n.3374/2020, qui impugnata, la Corte di appello di Napoli accolse parzialmente l’impugnazione e riformò la sentenza appellata, dichiarando prescritto il diritto di accettare l’eredità da parte delle germane NOME (e per lei dei suoi eredi) e NOME COGNOME e disponendo il prosieguo del giudizio per la redazione di un nuovo progetto di divisione con la formazione di sole due quote.
Per quel che qui rileva, la Corte d’appello escluse che l’ eccezione potesse considerarsi «generica», in quanto era stata evidenziata la mancanza di una qualsiasi forma di accettazione tacita; rilevò, quindi, che il primo atto tacito di accettazione risaliva al 1995 per NOME con l’alienazione a NOME dei propri diritti e addirittura al 2020 per NOME, quando oramai era abbondantemente decorso il termine di prescrizione decennale, anche nuovamente decorso dopo l’«interruzione» causata dalla loro citazione in divisione nel 1981; accertò , di conseguenza, la nullità dell’atto di compravendita.
Per la cassazione della sentenza non definitiva di appello NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di procuratore generale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi della defunta NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi della defunta NOME COGNOME hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME, hanno resistito mediante controricorso. NOME COGNOME, ritualmente intimata, non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto che la prescrizione del diritto ad accettare della chiamata NOME COGNOME resta accertata con efficacia di giudicato, non avendo ella impugnato la sentenza della Corte d’appello.
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 e n.5 del co. 1 dell’art 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di procuratore generale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali eredi della defunta NOME COGNOME nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quali eredi della defunta NOME COGNOME hanno sostenuto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 480 e 2937 cod. civ. per avere la Corte d’appello, nell’accogliere l’eccezione di intervenuta prescrizione del diritto di accettazione dell’eredità, dapprima ravvisato nell’atto di citazione di div isione notificato dall’originario attore nel 1981 una manifestazione di volontà di rinuncia alla prescrizione maturata dal 1970 (anno del decesso del de cuius ), per poi valutarlo alla stregua di un atto interruttivo della stessa, facendo decorrere nuovamente il termine decennale.
1.1. Il motivo è fondato. Deve innanzitutto rimarcarsi che nella sentenza impugnata la Corte d’appello inverte, in fatto, in alcune argomentazioni, i nomi di NOME e NOME. Sul punto, pertanto, è necessario fare chiarezza in fatto nei termini che seguono.
La Corte d’appello ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione, dopo averne escluso la genericità, rilevando che:
incombe sul coerede chiamato all’eredità, nei cui confronti un altro coerede abbia eccepito la prescrizione del diritto ad accettarla, l’onere di dimostrare di avere, invece, esercitato quel diritto con atti idonei a manifestare la volontà di accettazione;
-il termine per l’accettazione dell’eredità decorre a norma dell’art. 480 cod. civ. dal giorno dell’apertura della successione e la condotta complessivamente mantenuta delle germane NOME e NOME COGNOME evidenzia che le stesse si sono completamente disinteressate dei beni ereditari, «al punto da non costituirsi nei giudizi di divisione instaurati nel 1981 ad istanza di NOME e nel 1988 di NOME»;
il primo atto tacito di accettazione risale al 1995 per NOME con l’alienazione a NOME dei propri diritti e addirittura al 2020 per NOME, quando oramai era abbondantemente decorso il termine di prescrizione;
un chiamato all’eredità può acquistare la qualità di erede per accettazione espressa o tacita dell’eredità anche dopo il decorso del termine di prescrizione decennale del diritto di accettare quando nessuno degli interessati sollevi tempestivamente l’eccezione di prescrizione;
-può ritenersi che la notificazione dell’atto di divisione nel 1981 potesse configurare per l’attore NOME ( rectius NOME, atteso che è quest’ultimo ad aver convenuto in divisione i germani nel 1981 –
n.d.r.) un atto di rinuncia a far valere la prescrizione fino a quel momento maturata;
-successivamente, tuttavia, «fino al 1995 e al 2020, è abbondantemente decorso un ulteriore termine decennale»; la circostanza che NOME ( rectius NOME) si sia costituito nel giudizio instaurato da NOME ( rectius NOME) nel 1988, senza eccepire la prescrizione maturata non può condurre a conclusioni differenti, atteso che a quella data alcun termine di prescrizione poteva ritenersi decorso dal 1981;
NOME e NOME COGNOME non compivano alcun atto dal quale potesse desumersi l’accettazione tacita dell’eredità e addirittura si disinteressavano dei giudizi instaurati dai fratelli; l’assunzione in giudizio della qualità di erede avrebbe costituito accettazione tacita dell’eredità qualora NOME e NOME COGNOME si fossero costituite, dichiarando tale qualità, senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa, compiendo così un’attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede.
Questa motivazione non è interamente conforme ai principi di diritto elaborati da questa Corte in materia di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità.
1.2. Deve premettersi, innanzitutto, che nelle cause di scioglimento della comunione ereditaria, legittimati passivi sono coloro che abbiano accettato l’eredità, espressamente o tacitamente, nonché i chiamati il cui diritto di accettare non sia stato dichiarato prescritto con sentenza passata in giudicato, per i quali ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
L’art. 480 cod. civ., infatti, stabilendo il principio che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni, richiama la causa di estinzione dei diritti prevista dall’art. 2934 cod. civ., disponendo, quindi, che il chiamato, per il solo fatto della sua inerzia durante quel
determinato periodo di tempo, perde definitivamente la possibilità di accettare.
Ciò non toglie, tuttavia, che altro soggetto, interessato al vantaggio prodotto dalla prescrizione e quindi legittimato alla relativa eccezione, possa decidere di non avvalersi di tale causa estintiva del diritto, manifestando – in forma espressa o in modo tacito – l’inequivoca volontà di rinunciare alla prescrizione già maturata e quindi di considerare come tuttora integro ed operante l’altrui diritto ad accettare l’eredità.
Orbene, l’effetto giuridico della rinunzia si risolve, sul piano processuale, nella perdita, a carico del rinunziante, del potere di opporre l’eccezione di prescrizione; sul piano sostanziale, produce quindi una situazione in cui il diritto colpito dalla prescrizione, indebolito nella sua tutela dalla possibilità dell’eccezione (dato che la prescrizione non opera ipso iure ), riacquista invece il suo vigore, come se il termine di prescrizione non avesse ancora compiuto il suo corso (così Cass. Sez. 2, n. 263 del 15/01/1996; Sez. 2, n. 2411 del 17/03/1999; Sez. 2, n. 19257 del 2021, non mass.; Sez. 2, n. 18547 del 2022, non mass.).
La rinuncia alla prescrizione che, a norma dell’art. 2937 terzo comma cod. civ. opera proprio quando il relativo termine è decorso cioè quando la prescrizione è già compiuta, è un negozio unilaterale non recettizio, la cui validità ed efficacia prescinde dalla conoscenza che ne abbia il soggetto interessato, essendo necessario soltanto che la volontà del rinunciante risulti in modo inequivocabile (Cass. Sez. 2, n. 13870 del 15/06/2009).
In tal senso, la rinuncia può risultare anche soltanto da un comportamento incompatibile con la volontà di opporre la causa estintiva dell’altrui diritto, e, cioè, non altrimenti interpretabile se non
nel senso di considerare attualmente esistente il diritto medesimo (Sez. 2, n. 263/1996 cit.).
In particolare, la rinuncia tacita da parte di un coerede all ‘eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità di altro chiamato rimasto «inerte» è stata ravvisata proprio nel riconoscimento del diritto di quest’ultimo a partecipare alla divisione dell’eredità. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1228 del 26/02/1982, con indicazione dei precedenti).
Nella specie, dunque, è accaduto in fatto che lo stesso NOME che, nel presente giudizio, instaurato da suo fratello NOME nel gennaio 1999, ha proposto e visto accolta la sua eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità del padre da parte delle germane, aveva invece e ancor prima, nel 1981, convenuto in divisione i fratelli e, in particolare, proprio le stesse germane, quando il termine decennale di prescrizione del diritto di accettare l’eredità del padre era certamente decorso: la notifica alle germane della citazione in giudizio di divisione, in data successiva al compimento del decennio dalla morte del padre, ha implicato allora, necessariamente, la rinuncia alla prescrizione del loro diritto ad accettare, ex art. 2937 cod. civ.
1.3. La Corte d’appello, pur riconoscendo che nel la notificazione dell’atto di divisione nel 1981 potesse configurarsi per G iovanni un atto di rinuncia a far valere la prescrizione, ha in realtà considerato quella rinuncia come atto meramente interruttivo e non abdicativo, ritenendo che, successivamente, cioè fino al 1995 e al 2020, quando sarebbero stati posti in essere gli atti di accettazione tacita, fosse «abbondantemente decorso un ulteriore termine decennale» sicché il diritto di accettare risultava comunque prescritto.
Così decidendo, la Corte d’appello non ha correttamente applicato i principi elaborati da questa Corte in materia di rinuncia alla prescrizione.
È stato chiarito, infatti, che una volta maturata la prescrizione, è ipotizzabile non più un atto interruttivo (che presuppone una prescrizione in corso) e, in conseguenza, il decorso di un nuovo termine decennale, ma soltanto una rinuncia alla prescrizione ormai maturata (Cass. Sez. 2, n. 10235 del 15/07/2002; Sez. 3, n. 11882 del 22/05/2007).
Non rileva che il giudizio del 1981 si sia estinto, perché la rinuncia manifestata dal coerede NOME con il suo comportamento processuale -la citazione in divisione delle germane – ha prodotto stabilmente i suoi effetti.
Sul punto oggetto di censura, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata.
1.3.1. La suesposta ricostruzione della fattispecie necessita ancora, tuttavia, di una precisazione sistematica: l ‘intervenuta rinuncia di un coerede ad eccepire la prescrizione non corrisponde, evidentemente e per sé sola, all’ intervenuta accettazione dell’eredità da parte del chiamato inerte.
Può accadere, pertanto, che proponga l’eccezione ex art. 480 cod. civ. altro coerede che non abbia già rinunciato ex 2937 cod. civ.: in tale ipotesi, l’eccezione giova a tutti i chiamati all’ eredità.
Sul punto, infatti, questa Corte ha chiarito che l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità validamente sollevata da uno dei convenuti in divisione è operante ed efficace anche in favore degli altri convenuti, ancorché taluno di essi abbia rinunziato alla prescrizione, poiché il carattere essenzialmente unitario ed inscindibile della situazione soggettiva del chiamato all’eredità implica che il diritto all’accettazione della stessa non possa che estinguersi nei confronti di tutti gli altri chiamati (Cass. Sez. 2, n. 178 del 12/01/1996).
Ancor prima, poi, deve considerarsi che la semplice delazione, che segue all’apertura della successione, pur rappresentandone un
presupposto, non è per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante aditio , oppure per effetto di pro herede gestio , oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 cod. civ..
La prova che vi sia stata in concreto questa accettazione della eredità non è tuttavia impossibile in riferimento al termine di dieci anni di prescrizione del relativo diritto e della forma della sua manifestazione espressa o tacita, perché l’ordinamento consente a chiunque vi abbia interesse, con l’esercizio dell’ actio interrogatoria ex art. 481 cod. civ., di acquisire in qualsiasi momento la certezza dell’intervenuta accettazione o non della eredità da parte del chiamato (Cass. Sez. L, n. 2489 del 10/03/1987; Sez. 2, n. 3696 del 12/03/2003; Sez. L, n. 10525 del 30/04/2010).
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento dei restanti motivi concernenti l’omessa valutazione degli atti di accettazione tacita e delle prove raccolte sul punto e, cioè, il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 e n.5 del comma I dell’art 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno sostenuto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 476 e 477 cod. civ. per avere la Corte d’appello erroneamente dichiarato l’intervenuta prescrizione senza considerare gli atti di accettazione tacita, «quanto meno» l’atto di disposizione del patrimonio ereditario compiuto da NOME COGNOME consistito nella vendita (risalente al 1995) al germano NOME COGNOME e al coniuge COGNOME NOME di quanto ricevuto dal de cuius per testamento, nonché il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno sostenuto la violazione e la falsa applicazione dell’art 115 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto decorso il termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità, in difetto di prova da parte dell’appellante NOME COGNOME del fatto
estintivo e, comunque, omettendo di motivare sul punto, nonché infine del quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno sostenuto la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2730, 2733 e 2697 cod. civ., per avere la Corte d’appello omesso di considerare che le dichiarazioni rese da NOME COGNOME in sede di interrogatorio formale, volte ad evidenziare l’intervenuta accettazione tacita dell’eredità da parte delle sorelle per avere le stesse contribuito alla gestione della massa ereditaria, costituivano comunque, quanto meno per le germane NOME e NOME, confessioni di fatti a sé sfavorevoli, perché comportanti come risultato la riduzione dei beni ereditari allo stesso spettanti.
Il ricorso è perciò accolto limitatamente al primo motivo, assorbiti i restanti e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione perché provveda alla trattazione della domanda di divisione in applicazione dei principi esposti ai punti precedenti.
Decidendo in rinvio, la Corte d’appello statuirà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa l a sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli , in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda