Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
Oggetto
Contratto a tempo determinato Poste
R.G.N.9108/2022
COGNOME
Rep.
Ud.03/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 9108-2022 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1064/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/03/2021 R.G.N. 579/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 7 agosto 2014, rigettava il ricorso per revocazione proposto, a norma dell’art. 395 n. 4 cpc da Poste Italiane S.p.a. avverso la pronuncia n. 5035/2008 della stessa Corte territoriale che aveva accertato la nullità del termine del contratto di lavoro subordinato stipulato tra le parti (COGNOME Carmela e Poste Italiane S.p.a.) per il periodo 13 febbraio – 30 aprile 2002 (con le conseguenti pronunce di conversione del rapporto a tempo indeterminato, ripristinatorie e risarcitorie) sul presupposto di genericità della causale di assunzione per necessità del servizio in concomitanza di assenze per ferie, ai sensi dell’art. 8 CCNL 1994 (anziché per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario ai sensi dell’art. 1 D.lgs. n. 368/2001, pure in riferimento agli accordi sindacali 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002).
Poste RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ricorreva per cassazione con cinque motivi e questa Corte, con la ordinanza n. 7989/2018, superate le possibili interferenze tra il presente giudizio e l’altra decisione resa con riferimento allo stesso contratto a termine, accoglieva le prime due censure rilevando che la Corte territoriale aveva omesso l’esame del contenuto degli accordi suindicati in ordine alla concreta ricorrenza delle ragioni previste dall’art. 1 D.lgs. n. 368/2001, che ben potevano risultare dall’atto scritto non solo per indicazione diretta ma anche per relationem di altri testi, richiamati nel contratto di lavoro e, pertanto, anche ad accordi sindacali su processi di mobilità aziendale legittimanti le assunzioni a termine, quale strumento di riequilibrio territoriale e funzionale delle risorse umane, come appunto gli accordi sindacali in oggetto.
La Corte di appello di Roma, quale giudice di rinvio, con la sentenza oggi gravata, rilevato che nel giudizio di riassunzione COGNOME NOME non aveva versato la domanda di accertamento dell’illegittimità del termine già oggetto dei precedenti gradi di merito, che doveva pertanto ritenersi rinunciata ex art. 346 cpc, avendo concluso solo in punto di indennità risarcitoria e che, in assenza di tale domanda venivano meno i presupposti logico-giuridici per accedere al vaglio relativo alla liquidazione della indennità risarcitoria o, in subordine, ex art. 32 legge n. 183/2010, considerava fondata la richiesta restitutoria avanzata dalla società di euro 98.174,00, oltre interessi legali dalla data di pagamento (8.6.2009) al saldo.
Avverso detta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resisteva con controricorso Poste Italiane S.p.a.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte territoriale rilevato che, nella memoria difensiva in riassunzione, il tema della nullità del contratto a termine, oggetto del presente procedimento, era stato più di una volta trattato e che la domanda relativa all’accertamento della illegittimità del termine non era stata abbandonata in quanto erano state contestate le avverse pretese con le quali veniva chiesto di regolare le spettanze di natura economica ex art. 32 legge n. 183/2010.
Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 112, 132, 277, 346 cpc, 1362 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere la Corte territoriale valutato l’atto giudiziario di essa COGNOME NOME nel suo insieme, emergendo da questo la volontà di fare accertare la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato.
Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 329 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere considerato la Corte di appello che, riproposta dalla società la problematica sugli aspetti risarcitori della illegittimità del contatto a termine, ciò impediva il passaggio in giudicato della sentenza relativa alla nullità della clausola.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per l’errata statuizione della Corte territoriale in tema di computo degli interessi delle somme da restituire non potendosi applicare i criteri di liquidazione previsti dall’art. 2033 cod. civ.
I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono fondati nei limiti che seguono.
Il principio di legittimità da tenere presente è quello affermato da questa Corte (Cass. n. 12065/2024; Cass. n. 8773/2022) secondo cui, in tema di rinvio prosecutorio, la riassunzione, anche ad opera di una sola delle parti, ponendo le stesse nella medesima posizione originaria, impone al giudice del rinvio di decidere la controversia sulla base delle conclusioni già formulate nelle precedenti fasi di merito, sicché, fatta salva l’ipotesi di un eventuale giudicato interno, egli è chiamato, anche nella contumacia di una delle parti, a pronunciarsi su tutte le domande ed eccezioni di merito a suo
tempo proposte, a prescindere dalla loro formale espressa riproposizione.
Orbene, nella fattispecie in esame, in primo luogo va escluso che si sia formato un giudicato interno sulla questione della nullità della clausola del termine, atteso che proprio ciò costituiva oggetto del giudizio di rinvio.
Inoltre, la formazione della cosa giudicata su un capo della sentenza per mancata impugnazione può verificarsi solo con riferimento ai capi che siano completamente autonomi perché fondati su distinti presupposti di fatto e di diritto, sicché l’acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata non si verifica quando queste si pongano in nesso consequenziale con altra e trovino in essa il suo presupposto (Cass. n. 18713/2016; Cass. n. 12649/2020).
In secondo luogo, in ordine ad una asserita sussistenza di una rinuncia della Bova alla domanda di nullità del termine apposto al contratto, va rilevato che la rinuncia (o abbandono) delle domande è ravvisabile quando vi sia una condotta processuale della parte da cui possa desumersi inequivocabilmente il venir meno del relativo interesse (Cass. n. 3593/2010; Cass. n. 4794/2010; Cass. 12416/2004).
Tale indagine deve, altresì, tenere conto della stretta connessione tra la domanda non riproposta con quelle specificamente formulate (Cass. n. 1603/2012; Cass. n. 22626/2013; Cass. n. 15860/2014).
Nella fattispecie in esame, come si evince dalla stessa pronuncia impugnata, avendo Poste Italiane S.p.a. chiesto la regolazione delle spettanze economiche facendo applicazione della disposizione di cui all’art. 32 legge n. 183/2010 ed essendosi la Bova difesa su tale richiesta non ritenendo applicabile tale norma o, in via subordinata, chiedendo la
applicabilità della stessa nella misura massima prevista quanto alla determinazione della indennità risarcitoria, è agevole rilevare che alcun giudicato interno, in senso negativo per la lavoratrice, può ritenersi formato sulla questione presupposta che si poneva in uno stretto nesso consequenziale con quella sollevata; né può dirsi che sia ravvisabile una rinuncia o abbandono della domanda di nullità della clausola del termine, sempre che sia ammissibile una tale evenienza, perché tale opzione si dimostrava, sotto un profilo logico-giuridico, incompatibile con la tutela risarcitoria richiesta e con la contestazione, da parte della Bova, del criterio di calcolo prospettato dalla società.
Alla stregua di quanto esposto, pertanto, i primi tre motivi vanno accolti nei limiti di cui sopra mentre resta assorbita la trattazione del quarto.
La gravata sentenza deve essere cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo