LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: spese legali e conseguenze

Un gruppo di medici, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa per il risarcimento danni da tardiva attuazione di direttive comunitarie, ha presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, prima dell’udienza, hanno presentato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio ma ha condannato i medici a pagare una parte delle spese legali, motivando la decisione con la tardività della rinuncia, che non ha esonerato la controparte dal preparare le proprie difese.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Attenzione alle Spese Legali

Decidere di interrompere un’azione legale, specialmente in Cassazione, può sembrare una via d’uscita per porre fine a un lungo contenzioso. Tuttavia, una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda che la rinuncia al ricorso non è sempre a costo zero. L’analisi del provvedimento evidenzia come la tempistica della rinuncia sia un fattore determinante per la condanna alle spese legali, anche quando il processo si estingue.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda trae origine da una causa intentata nel 2017 da un gruppo di medici contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri Ministeri. I professionisti chiedevano il risarcimento del danno per la mancata corresponsione di un’adeguata retribuzione durante gli anni della loro specializzazione, frequentata tra il 1979 e il 1990. Secondo i ricorrenti, lo Stato italiano aveva recepito in ritardo alcune direttive comunitarie che imponevano tale remunerazione.

Il Tribunale di Roma, in primo grado, respinse le domande a causa della prescrizione del diritto. La decisione fu confermata in appello, dove il gravame fu dichiarato inammissibile. Non dandosi per vinti, i medici proposero ricorso per cassazione. Tuttavia, a pochi giorni dalla data fissata per la camera di consiglio, depositarono un atto di rinuncia.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso

Di fronte alla rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La questione principale, però, si è spostata sulla gestione delle spese processuali. La parte resistente (l’Avvocatura dello Stato) non aveva accettato la rinuncia, e la Corte ha quindi dovuto decidere se condannare i rinuncianti al pagamento.

La decisione è stata chiara: i ricorrenti sono stati condannati a rifondere una parte delle spese legali alla controparte. Questa scelta si basa su un’attenta valutazione delle circostanze e delle norme procedurali che regolano la materia.

Le Motivazioni: la Condanna alle Spese nonostante la Rinuncia

Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 391 del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce che, in caso di rinuncia, la Corte può decidere sulle spese. L’uso del verbo ‘potere’ indica una discrezionalità del giudice, che deve essere esercitata tenendo conto del contesto.

Nel caso specifico, la rinuncia è stata depositata solo tre giorni prima della camera di consiglio. Secondo la Corte, questo deposito tardivo non ha sollevato la controparte dall’onere di preparare le proprie difese, come la verifica di eventuali memorie depositate dai ricorrenti e la predisposizione delle proprie. Pertanto, la desistenza non ha prodotto l’effetto di evitare un’attività processuale alla parte resistente.

Per questi motivi, pur apprezzando la volontà di porre fine al giudizio, la Corte ha ritenuto ingiusto non riconoscere alcun ristoro per il lavoro svolto dall’Avvocatura. Ha quindi optato per una soluzione intermedia: la compensazione parziale delle spese. Tre quarti delle spese sono stati compensati, mentre il restante quarto è stato posto a carico dei medici ricorrenti, in solido tra loro.

È interessante notare come la Corte abbia calcolato il valore della causa per liquidare le spese. Partendo dalla richiesta iniziale per il danno patrimoniale, ha sommato gli interessi e la rivalutazione monetaria maturati per oltre trent’anni, portando il valore della controversia in uno scaglione tariffario ben più elevato (da 52.001 a 520.000 euro).

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza offre un importante insegnamento pratico: la rinuncia al ricorso è uno strumento che va utilizzato con consapevolezza e tempismo. Rinunciare a un’impugnazione non garantisce automaticamente l’esenzione dal pagamento delle spese legali. Se la rinuncia avviene a ridosso dell’udienza, è molto probabile che il giudice decida di condannare il rinunciante a rifondere, almeno in parte, i costi sostenuti dalla controparte per l’attività difensiva già svolta. Questa decisione rafforza il principio di responsabilità processuale, invitando le parti a una gestione più ponderata e tempestiva delle proprie scelte procedurali per evitare conseguenze economiche inattese.

Rinunciare a un ricorso in Cassazione esonera sempre dal pagamento delle spese legali?
No. Come chiarito dall’ordinanza, se la rinuncia non è accettata dalla controparte, la Corte può comunque decidere sulle spese. In questo caso, essendo stata depositata solo tre giorni prima dell’udienza, la rinuncia non ha evitato alla controparte l’onere di prepararsi, giustificando una condanna (seppur parziale) alle spese.

Come viene calcolato il valore di una causa per determinare le spese legali?
Il valore si determina in base al petitum, cioè a quanto richiesto dall’attore. L’ordinanza specifica che al capitale richiesto (€55.519,1) vanno aggiunti gli interessi e la rivalutazione monetaria maturati fino all’introduzione del giudizio, portando il valore complessivo a quasi €250.000 e determinando lo scaglione di riferimento per le tariffe forensi.

Perché la Corte ha compensato solo parzialmente le spese e non integralmente?
La Corte ha ritenuto che la rinuncia, sebbene tardiva, rappresentasse una positiva desistenza dal giudizio. Tuttavia, per non lasciare la controparte senza ristoro per il lavoro svolto, ha optato per una soluzione intermedia: compensare le spese per tre quarti e porre a carico dei ricorrenti il restante quarto, bilanciando così le esigenze di entrambe le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati