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Rinuncia al ricorso: quando si pagano le spese legali

Un debitore, dopo aver impugnato un’ordinanza, presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione. La Corte dichiara estinto il giudizio ma, data l’originaria inammissibilità del ricorso, lo condanna a pagare le spese legali alla controparte, respingendo la richiesta di compensazione.

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Rinuncia al Ricorso: Conseguenze sulle Spese Legali in Caso di Inammissibilità

La rinuncia al ricorso per Cassazione è uno strumento processuale che consente di porre fine a un giudizio. Tuttavia, le sue conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le spese legali, non sono sempre scontate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: rinunciare a un ricorso originariamente inammissibile non esonera dalla condanna al pagamento delle spese legali della controparte. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un procedimento di esecuzione forzata. Un debitore si opponeva all’esecuzione e chiedeva la sospensione della procedura. Il Tribunale rigettava la sua richiesta. Contro questa decisione, il debitore proponeva ricorso per Cassazione. La società creditrice, a sua volta, si costituiva in giudizio presentando un controricorso per difendere le proprie ragioni.

In una fase successiva, veniva formulata una proposta di definizione accelerata del giudizio, evidenziando la probabile inammissibilità del ricorso. Nonostante una iniziale richiesta di decisione, il ricorrente decideva infine di notificare a tutte le parti una rinuncia al ricorso, chiedendo al contempo la compensazione delle spese di lite.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha preso atto della rinuncia e ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Tuttavia, ha respinto la richiesta di compensazione delle spese e ha condannato il ricorrente a rifondere le spese legali sostenute dalla società controricorrente. La Corte ha inoltre precisato che, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto “doppio contributo”).

Le conseguenze della rinuncia al ricorso manifestamente inammissibile

Il punto cruciale della decisione risiede nella valutazione del comportamento processuale delle parti e della fondatezza originaria dell’impugnazione. La rinuncia, sebbene ponga fine al contenzioso, non cancella il fatto che un’azione legale sia stata intrapresa. Se tale azione era priva dei presupposti di ammissibilità fin dall’inizio, la parte che l’ha promossa non può sottrarsi alle proprie responsabilità in termini di costi.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due principi cardine:

1. La richiesta di compensazione delle spese richiede l’adesione della controparte: La semplice richiesta di compensare le spese da parte di chi rinuncia non è sufficiente. Se la controparte non accetta, il giudice deve decidere secondo le regole generali.

2. L’inammissibilità originaria del ricorso: Il fattore decisivo è stato che il ricorso era ab origine manifestamente inammissibile. La Corte ha ritenuto che la rinuncia non potesse sanare questa situazione. Intraprendendo un’azione legale infondata, il ricorrente ha costretto la controparte a sostenere dei costi per difendersi. Pertanto, è giusto che sia il ricorrente a farsene carico. La rinuncia, in questo contesto, non modifica la sostanza: il ricorrente è la parte soccombente virtuale e, come tale, deve pagare le spese secondo il principio della soccombenza.

La Corte ha anche chiarito un aspetto tecnico relativo all’applicazione dell’art. 380-bis c.p.c., specificando che le sanzioni per lite temeraria non si applicano quando il giudizio si estingue per rinuncia, anziché essere definito in conformità alla proposta accelerata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un insegnamento pratico di grande importanza: la rinuncia al ricorso non è una via di fuga per evitare il pagamento delle spese legali quando l’impugnazione era palesemente infondata. Prima di intraprendere un’azione legale, è fondamentale una valutazione attenta e realistica delle sue probabilità di successo. Un ricorso inammissibile, anche se ritirato, genera comunque dei costi per la controparte, e il sistema giudiziario prevede che chi ha dato causa a tali costi se ne faccia carico. La decisione sottolinea come il principio di responsabilità processuale prevalga sulla semplice volontà di porre fine alla lite tramite rinuncia.

Se presento una rinuncia al ricorso in Cassazione, devo sempre pagare le spese legali?
Non automaticamente. Tuttavia, se il ricorso era fin dall’inizio ‘manifestamente inammissibile’, la Corte può condannare chi rinuncia a pagare le spese. La rinuncia non cancella la responsabilità per aver avviato un’azione legale infondata che ha costretto la controparte a difendersi.

Posso chiedere la compensazione delle spese quando rinuncio a un ricorso?
Sì, è possibile chiederla, ma la sua concessione non è automatica. Come stabilito in questa ordinanza, la richiesta di compensazione può essere respinta se la controparte non vi aderisce e se il ricorso era originariamente inammissibile.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia non rientra tra i presupposti processuali che obbligano il ricorrente al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a differenza di una decisione di rigetto o di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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