Rinuncia al Ricorso: Come Evitare il Doppio Contributo Unificato
La rinuncia al ricorso rappresenta un momento cruciale nel processo civile, specialmente quando interviene durante il giudizio di Cassazione. Una recente sentenza ha chiarito le conseguenze fiscali di tale atto, specificando in quali circostanze il ricorrente è esonerato dal pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Questo provvedimento offre importanti spunti di riflessione per chi valuta un accordo transattivo a causa pendente.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla domanda di una lavoratrice che chiedeva al Tribunale di accertare la nullità del termine apposto al suo contratto di lavoro subordinato con una società a partecipazione pubblica. L’obiettivo era ottenere la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato.
La sua richiesta, inizialmente respinta in appello, era approdata dinanzi alla Corte di Cassazione. La Corte d’Appello aveva motivato il rigetto non solo sulla base della legittimità del termine, ma anche sull’impossibilità di conversione del contratto per le società partecipate, in virtù di un divieto specifico previsto dalla legge.
La Rinuncia al Ricorso a Seguito di Accordo
Nelle more del giudizio di legittimità, le parti hanno raggiunto un accordo conciliativo per porre fine alla controversia. Di conseguenza, la lavoratrice ha depositato telematicamente un atto di rinuncia al ricorso, chiedendo di fatto alla Corte di chiudere il procedimento.
La Corte di Cassazione, preso atto della volontà della ricorrente, ha applicato l’articolo 390 del codice di procedura civile, che disciplina appunto la rinuncia, e ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La questione più interessante, tuttavia, riguardava le spese e l’eventuale condanna al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Le Motivazioni della Decisione sul Contributo Unificato
Il punto centrale della sentenza risiede nella motivazione con cui i Giudici hanno escluso l’obbligo per la ricorrente di versare il ‘doppio contributo’. La norma (art. 13, comma 1-quater, d.p.r. 115/2002) prevede questo versamento aggiuntivo quando l’impugnazione è respinta integralmente, dichiarata inammissibile o improcedibile.
La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato: la finalità di questa norma è sanzionatoria e mira a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o palesemente infondate. Di conseguenza, il meccanismo si attiva solo in caso di ‘inammissibilità originaria’ del gravame, cioè quando il ricorso è viziato fin dal principio.
Non si applica, invece, nei casi come quello in esame, in cui la chiusura del processo deriva da un evento ‘sopravvenuto’, quale è appunto la rinuncia al ricorso. L’estinzione del giudizio per rinuncia non equivale a un rigetto o a una declaratoria di inammissibilità e, pertanto, non fa scattare la sanzione.
Le Conclusioni
La decisione chiarisce che la scelta di transigere una lite e di procedere con la rinuncia al ricorso in Cassazione non comporta automaticamente l’applicazione di sanzioni processuali come il doppio contributo unificato. Questa interpretazione favorisce le soluzioni conciliative tra le parti, anche in fase avanzata del contenzioso, senza il timore di ulteriori oneri economici. Per le parti e i loro legali, ciò significa poter negoziare un accordo con maggiore serenità, sapendo che la rinuncia all’impugnazione, quale conseguenza della transazione, condurrà a una semplice estinzione del giudizio senza aggravi di spesa.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se una parte deposita un atto di rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al processo senza una decisione nel merito della questione.
La rinuncia al ricorso comporta sempre il pagamento di sanzioni?
No. Come chiarito dalla sentenza, la rinuncia al ricorso non fa scattare in automatico le sanzioni previste per le impugnazioni infondate, come il versamento del doppio contributo unificato.
Perché in questo caso la ricorrente non ha dovuto pagare il doppio contributo unificato?
La ricorrente non ha dovuto pagare il doppio contributo perché la sanzione è prevista per scoraggiare impugnazioni pretestuose o inammissibili sin dall’origine. La rinuncia è invece un evento sopravvenuto che porta all’estinzione del giudizio, una fattispecie diversa da quelle sanzionate dalla norma.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2501 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 2501 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 29225-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata – avverso la sentenza n. 343/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 30/05/2022 R.G.N. 617/2020;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/11/2023
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’estinzione del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Palermo, riformando la decisione del locale tribunale, aveva rigettato la originaria domanda proposta da NOME diretta all’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato dal ricorrente con RAGIONE_SOCIALE in data 21.1.2014 ed alla conversione del predetto contratto in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte di merito aveva valutato, oltre che la legittimità del termine apposto, anche l’impossibilità d i conversione del contratto attesa la natura di società partecipata della Regione RAGIONE_SOCIALE e la applicabilità alla stessa del divieto previsto dall’art. 18,co.2 bis del d.l. n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008.
Avverso detta decisione NOME COGNOME proponeva ricorso. Nelle more del giudizio il ricorrente depositava atto di rinuncia al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente evidenziarsi che il ricorrente nelle more del giudizio depositava telematicamente atto di rinuncia al ricorso in esame atteso l’accordo conciliativo intervenuto tra le parti.
In ragione di detta rinuncia e in osservanza del disposto dell’art. 390 e segg.c.p.c, deve dichiararsi estinto il giudizio. Nulla per le spese.
Va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13; ed invero, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, la ratio del citato art. 13,comma 1-quater, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame ma non, come nella specie, per quella sopravvenuta (Cass.n.2226/2014; Cass.n.13636/2015;
Cass.n.3288/2018; Cass.n.14782/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinta la causa. Così deciso in Roma il 16 novembre 2023.