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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il processo

Una società S.r.l. impugna un decreto del Tribunale. Tuttavia, prima della decisione, presenta una rinuncia al ricorso, che viene accettata dalla controparte. La Corte di Cassazione, di conseguenza, dichiara l’estinzione del processo. Viene chiarito che, in caso di rinuncia accettata, non si applica il raddoppio del contributo unificato e le spese legali vengono compensate come concordato tra le parti.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce gli effetti su spese e contributo unificato

La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che consente alla parte che ha promosso un’impugnazione di porre fine al giudizio prima che questo giunga a una decisione di merito. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulle conseguenze di tale atto, in particolare per quanto riguarda la regolamentazione delle spese di lite e l’obbligo del versamento del doppio del contributo unificato. La decisione offre importanti spunti pratici per le parti coinvolte in un contenzioso.

La vicenda processuale: dal reclamo al ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un contenzioso sorto nell’ambito di una procedura fallimentare. Una società a responsabilità limitata aveva presentato un reclamo avverso un provvedimento del Giudice Delegato che le negava il trasferimento di una liquidità residua. Il Tribunale di merito respingeva il reclamo, confermando la decisione del primo giudice.

Contro tale decreto, la società proponeva ricorso per cassazione, lamentando vizi nella decisione del Tribunale. La procedura fallimentare, costituitasi in giudizio, presentava un controricorso per resistere alle pretese della ricorrente.

L’atto che cambia il corso del giudizio

Prima che la Suprema Corte potesse esaminare il merito della questione, la società ricorrente, tramite il proprio legale, notificava alla controparte un atto di rinuncia al ricorso. Successivamente, la procedura fallimentare, debitamente autorizzata dal Giudice Delegato, dichiarava formalmente di accettare tale rinuncia.

Questo scambio di atti processuali ha spostato l’attenzione della Corte dalla questione di merito agli effetti procedurali della rinuncia stessa.

Gli effetti della rinuncia al ricorso secondo la Corte

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia e della sua accettazione, ha dichiarato l’estinzione del processo. Questa decisione si fonda su precise disposizioni del codice di procedura civile e chiarisce due aspetti fondamentali: la gestione delle spese processuali e l’applicabilità della sanzione del ‘doppio contributo’.

Le motivazioni

Il fondamento giuridico della decisione risiede nell’articolo 391, comma 1, del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce che la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, determina l’estinzione dell’intero processo. La Corte ha quindi applicato direttamente questo principio.

Un punto cruciale della motivazione riguarda le spese di lite. I giudici hanno specificato che, poiché le parti avevano convenuto per la compensazione delle spese, e dato che l’accettazione della rinuncia preclude alla Corte una statuizione autonoma sul punto, non era necessario emettere alcun provvedimento di condanna. In sostanza, l’accordo tra le parti sulla compensazione ha prevalso, e ognuna ha sostenuto i propri costi legali.

Infine, la Corte ha affrontato la questione del raddoppio del contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma impone alla parte impugnante, la cui impugnazione sia respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile, di versare un ulteriore importo pari a quello del contributo già pagato. Richiamando un proprio precedente (Cass. n. 25485/2018), la Suprema Corte ha affermato che la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia esclude l’applicabilità di tale obbligo. La ratio è che l’estinzione non equivale a una soccombenza nel merito.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una chiara guida sulle conseguenze pratiche della rinuncia al ricorso nel giudizio di Cassazione. Le conclusioni principali sono due:

1. Gestione delle spese: La rinuncia accettata, se accompagnata da un accordo tra le parti per la compensazione, neutralizza il potere del giudice di decidere sulle spese. Questo strumento può essere utilizzato strategicamente per chiudere un contenzioso evitando i costi e l’incertezza di una condanna alle spese.
2. Esclusione del doppio contributo: La rinuncia al ricorso è una via d’uscita ‘sicura’ dal processo, in quanto evita il rischio di dover pagare il raddoppio del contributo unificato, sanzione prevista solo per i casi di esito negativo dell’impugnazione. Questa interpretazione favorisce la deflazione del contenzioso, incentivando le parti a trovare soluzioni conciliative anche nella fase finale del giudizio.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso e la controparte accetta?
Il processo si estingue, come previsto dall’art. 391, comma 1, del codice di procedura civile. La Corte prende semplicemente atto della volontà delle parti e dichiara la fine del procedimento senza una decisione nel merito.

In caso di rinuncia al ricorso, la parte ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicazione dell’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto solo per i casi di soccombenza.

Come vengono gestite le spese legali quando c’è una rinuncia al ricorso accettata?
La Corte non emette alcun provvedimento sulle spese se le parti hanno convenuto per la loro compensazione. L’accettazione della rinuncia preclude al giudice di decidere autonomamente su questo punto, lasciando valido l’accordo tra i contendenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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