Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue
Nel complesso mondo del diritto processuale, esistono atti che possono determinare la fine di una controversia in modo inaspettato, senza che il giudice si pronunci sul merito della questione. Uno di questi è la rinuncia al ricorso, un istituto che, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, ha l’effetto di chiudere definitivamente il contenzioso. Analizziamo un caso pratico per capire meglio come funziona e quali sono le sue conseguenze.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una lunga controversia tra un istituto bancario e una società farmaceutica, legata a rapporti di conto corrente e conti anticipi intercorsi dagli anni ’80 fino al 1996. La società correntista aveva lamentato l’illegittimità di alcune pratiche bancarie, tra cui la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori (anatocismo), l’applicazione di tassi di interesse superiori a quelli legali e l’addebito di commissioni di massimo scoperto e spese non dovute.
La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione alla società, ricalcolando il saldo del conto e condannando la banca al pagamento di una somma a credito del cliente. Insoddisfatto della decisione, l’istituto di credito aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, basandolo su quattro distinti motivi di diritto.
La strategica Rinuncia al Ricorso
Il percorso del giudizio in Cassazione ha però subito una svolta decisiva. In prossimità dell’udienza fissata per la discussione, la banca ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale manifesta la volontà della parte impugnante di non proseguire nel giudizio, abbandonando le proprie pretese.
Affinché la rinuncia possa produrre il suo effetto principale, ovvero l’estinzione del processo, è necessario che essa venga accettata dalla controparte. Nel caso di specie, la società farmaceutica, costituitasi come controricorrente, ha formalmente accettato la rinuncia presentata dalla banca.
La Decisione della Corte: Estinzione del Giudizio
A fronte di questi eventi procedurali, il ruolo della Corte di Cassazione è stato circoscritto. I giudici non sono entrati nel merito dei quattro motivi di ricorso sollevati dalla banca, né hanno valutato la correttezza della sentenza della Corte d’Appello. La loro funzione si è limitata a prendere atto della volontà concorde delle parti di porre fine al contenzioso.
Di conseguenza, la Suprema Corte ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio. Questa declaratoria non è una decisione sulla ragione o sul torto, ma una constatazione che il processo non ha più ragione di proseguire.
Le Motivazioni
La motivazione alla base dell’ordinanza è puramente processuale. Il Codice di procedura civile prevede che, se la parte che ha proposto l’impugnazione vi rinuncia e le altre parti costituite accettano tale rinuncia, il processo si estingue. La Corte Suprema non ha fatto altro che applicare questa regola.
La decisione è quindi fondata esclusivamente sulla constatazione di due atti formali: la rinuncia del ricorrente e l’accettazione del controricorrente. Le ragioni sostanziali che hanno spinto la banca a rinunciare (ad esempio, un accordo transattivo raggiunto privatamente o una rivalutazione delle probabilità di successo) restano estranee alla motivazione del provvedimento, che si concentra unicamente sulla correttezza della procedura seguita per porre fine al giudizio.
Le Conclusioni
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. Con l’estinzione del giudizio di Cassazione, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bari diventa definitiva e inappellabile. Ciò significa che quanto statuito dai giudici di secondo grado acquista forza di legge tra le parti. L’istituto di credito sarà quindi tenuto a dare esecuzione a quella sentenza, pagando alla società farmaceutica l’importo rettificato a suo credito.
Questo caso evidenzia come la rinuncia al ricorso sia uno strumento strategico a disposizione delle parti per gestire l’esito di una lite, consentendo di evitare i rischi e i costi di un giudizio di legittimità e di rendere definitiva una decisione precedente, chiudendo il sipario sulla controversia legale.
Cosa accade quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se la parte che ha promosso il ricorso vi rinuncia e la controparte accetta formalmente tale rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio senza pronunciarsi nel merito della questione.
Qual è l’effetto principale dell’estinzione del giudizio di Cassazione?
L’effetto principale è che la sentenza impugnata, in questo caso quella della Corte d’Appello, diventa definitiva e passa in giudicato. Ciò significa che non può più essere contestata e deve essere eseguita dalle parti.
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso della banca?
No. A seguito della rinuncia accettata, la Corte non ha esaminato i motivi del ricorso, poiché il suo compito si è limitato a prendere atto della volontà delle parti di terminare il processo e a dichiararne formalmente l’estinzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5266 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5266 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1587/2020 R.G. proposto da:
DEUTSCHE BANK SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1676/2019 depositata il 25/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto, sulla base di quattro motivi, cassarsi la sentenza con la quale la corte d’appello di Bari, in riforma della decisione del tribunale, ha rideterminato il saldo di un rapporto di conto corrente e di collegati conti anticipi intercorsi da gli anni ’80 al 1996 con la RAGIONE_SOCIALE, all’esito della ritenuta illegittimità della capitalizzazione degli interessi debitori, dell’applicazione di interessi in misura superiore al tasso legale e della maggiorazione dei medesimi per commissioni di massimo scoperto e addebiti per spese, con conseguente condanna della banca al pagamento dell’importo rettificato a credito della correntista;
l ‘intimata ha replicato con controricorso ;
in prossimità dell’adunanza camerale la parte ricorrente ha rinunciato al ricorso;
la rinuncia è stata accettata;
p.q.m.
La Corte dichiara estinto il giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione