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Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue

Un istituto di credito aveva impugnato in Cassazione una sentenza d’appello sfavorevole in materia di conti correnti, che contestava la capitalizzazione degli interessi e le commissioni. Tuttavia, prima della decisione, l’istituto ha presentato una rinuncia al ricorso. La controparte ha accettato, portando la Suprema Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio e rendendo definitiva la sentenza di secondo grado.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: quando il processo si estingue

Nel complesso mondo del diritto processuale, esistono atti che possono determinare la fine di una controversia in modo inaspettato, senza che il giudice si pronunci sul merito della questione. Uno di questi è la rinuncia al ricorso, un istituto che, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, ha l’effetto di chiudere definitivamente il contenzioso. Analizziamo un caso pratico per capire meglio come funziona e quali sono le sue conseguenze.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una lunga controversia tra un istituto bancario e una società farmaceutica, legata a rapporti di conto corrente e conti anticipi intercorsi dagli anni ’80 fino al 1996. La società correntista aveva lamentato l’illegittimità di alcune pratiche bancarie, tra cui la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori (anatocismo), l’applicazione di tassi di interesse superiori a quelli legali e l’addebito di commissioni di massimo scoperto e spese non dovute.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione alla società, ricalcolando il saldo del conto e condannando la banca al pagamento di una somma a credito del cliente. Insoddisfatto della decisione, l’istituto di credito aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, basandolo su quattro distinti motivi di diritto.

La strategica Rinuncia al Ricorso

Il percorso del giudizio in Cassazione ha però subito una svolta decisiva. In prossimità dell’udienza fissata per la discussione, la banca ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale manifesta la volontà della parte impugnante di non proseguire nel giudizio, abbandonando le proprie pretese.

Affinché la rinuncia possa produrre il suo effetto principale, ovvero l’estinzione del processo, è necessario che essa venga accettata dalla controparte. Nel caso di specie, la società farmaceutica, costituitasi come controricorrente, ha formalmente accettato la rinuncia presentata dalla banca.

La Decisione della Corte: Estinzione del Giudizio

A fronte di questi eventi procedurali, il ruolo della Corte di Cassazione è stato circoscritto. I giudici non sono entrati nel merito dei quattro motivi di ricorso sollevati dalla banca, né hanno valutato la correttezza della sentenza della Corte d’Appello. La loro funzione si è limitata a prendere atto della volontà concorde delle parti di porre fine al contenzioso.

Di conseguenza, la Suprema Corte ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio. Questa declaratoria non è una decisione sulla ragione o sul torto, ma una constatazione che il processo non ha più ragione di proseguire.

Le Motivazioni

La motivazione alla base dell’ordinanza è puramente processuale. Il Codice di procedura civile prevede che, se la parte che ha proposto l’impugnazione vi rinuncia e le altre parti costituite accettano tale rinuncia, il processo si estingue. La Corte Suprema non ha fatto altro che applicare questa regola.

La decisione è quindi fondata esclusivamente sulla constatazione di due atti formali: la rinuncia del ricorrente e l’accettazione del controricorrente. Le ragioni sostanziali che hanno spinto la banca a rinunciare (ad esempio, un accordo transattivo raggiunto privatamente o una rivalutazione delle probabilità di successo) restano estranee alla motivazione del provvedimento, che si concentra unicamente sulla correttezza della procedura seguita per porre fine al giudizio.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. Con l’estinzione del giudizio di Cassazione, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bari diventa definitiva e inappellabile. Ciò significa che quanto statuito dai giudici di secondo grado acquista forza di legge tra le parti. L’istituto di credito sarà quindi tenuto a dare esecuzione a quella sentenza, pagando alla società farmaceutica l’importo rettificato a suo credito.

Questo caso evidenzia come la rinuncia al ricorso sia uno strumento strategico a disposizione delle parti per gestire l’esito di una lite, consentendo di evitare i rischi e i costi di un giudizio di legittimità e di rendere definitiva una decisione precedente, chiudendo il sipario sulla controversia legale.

Cosa accade quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se la parte che ha promosso il ricorso vi rinuncia e la controparte accetta formalmente tale rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio senza pronunciarsi nel merito della questione.

Qual è l’effetto principale dell’estinzione del giudizio di Cassazione?
L’effetto principale è che la sentenza impugnata, in questo caso quella della Corte d’Appello, diventa definitiva e passa in giudicato. Ciò significa che non può più essere contestata e deve essere eseguita dalle parti.

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso della banca?
No. A seguito della rinuncia accettata, la Corte non ha esaminato i motivi del ricorso, poiché il suo compito si è limitato a prendere atto della volontà delle parti di terminare il processo e a dichiararne formalmente l’estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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