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Rinuncia al ricorso: quando il giudizio si estingue

Un lavoratore, dopo aver impugnato un licenziamento per giusta causa, ha presentato una rinuncia al ricorso in Cassazione. La società datrice di lavoro ha accettato la rinuncia. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, stabilendo che, data l’accettazione della controparte, non vi era luogo a provvedere sulle spese processuali e non sussistevano i presupposti per il pagamento di un ulteriore contributo unificato.

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Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando il Giudizio si Estingue Senza Spese

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale decisivo che consente di porre fine a una controversia legale in modo definitivo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra chiaramente le conseguenze di tale atto, in particolare per quanto riguarda l’estinzione del giudizio e la gestione delle spese processuali. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa scelta.

I Fatti del Caso: Dal Licenziamento alla Cassazione

La vicenda trae origine da una controversia di lavoro. Un dipendente aveva impugnato il proprio licenziamento per giusta causa e la revoca della qualifica di dirigente, chiedendo il reintegro e il risarcimento del danno. Dopo che sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, il lavoratore aveva deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

Tuttavia, prima che la Corte potesse decidere nel merito, si è verificato un evento che ha cambiato il corso del processo: il difensore del lavoratore ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Contestualmente, la società datrice di lavoro ha formalmente accettato tale rinuncia. Questo accordo tra le parti è diventato il fulcro della decisione della Suprema Corte.

La Decisione e le Conseguenze della Rinuncia al Ricorso

Di fronte alla rinuncia del ricorrente e all’accettazione della controparte, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto. La decisione è stata netta: il giudizio è stato dichiarato estinto. Questo significa che il processo si è concluso senza una sentenza che decidesse chi avesse ragione o torto nel merito della controversia originaria.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su precise disposizioni normative e principi procedurali.

1. Estinzione del Giudizio: Ai sensi dell’articolo 391 del Codice di Procedura Civile, quando la rinuncia al ricorso è formalizzata e accettata regolarmente dalla controparte, il processo si estingue. La Corte ha verificato che entrambi gli atti fossero stati sottoscritti dai rispettivi difensori, rendendo la procedura pienamente valida ed efficace.

2. Spese Processuali: Lo stesso articolo 391 c.p.c., al suo ultimo comma, prevede che se la parte resistente aderisce alla rinuncia, non si debba disporre nulla in merito alle spese processuali. In questo caso, l’accettazione esplicita dell’azienda ha fatto sì che ciascuna parte si facesse carico delle proprie spese legali, evitando una condanna a carico del rinunciante.

3. Esclusione del ‘Doppio Contributo Unificato’: Un punto cruciale della motivazione riguarda il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. L’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 impone alla parte che ha visto respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile la propria impugnazione di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. La Corte ha specificato che questa norma ha una natura eccezionale e, lato sensu, sanzionatoria. Pertanto, non può essere applicata per analogia a casi diversi da quelli espressamente previsti. Poiché la rinuncia al ricorso non rientra tra le ipotesi di rigetto o inammissibilità, il ricorrente non è stato tenuto a pagare questa somma aggiuntiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. La rinuncia al ricorso, se strategicamente concordata e accettata dalla controparte, si rivela un efficace strumento per chiudere definitivamente una lite pendente in Cassazione. Permette di evitare i rischi e i costi di una decisione finale potenzialmente sfavorevole. La chiave del successo di questa operazione risiede nell’accordo tra le parti, che consente di neutralizzare la condanna alle spese legali. Inoltre, la pronuncia conferma un principio fondamentale: le norme sanzionatorie, come quella sul doppio contributo unificato, sono di stretta interpretazione e non possono essere estese a situazioni, come la rinuncia, che la legge non contempla esplicitamente.

Cosa succede se una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia è formalizzata correttamente e, come in questo caso, viene accettata dalla controparte, il processo si conclude con una dichiarazione di estinzione del giudizio, senza che la Corte si pronunci sul merito della questione.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese processuali?
Secondo l’art. 391, ultimo comma, c.p.c., se la controparte accetta la rinuncia, la Corte non emette alcuna statuizione sulle spese. Ciò significa che, di norma, ogni parte sostiene i costi dei propri legali.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. Essendo una norma di carattere sanzionatorio, non può essere estesa per analogia al caso della rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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