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Rinuncia al ricorso per cassazione: no doppio contributo

Una società cooperativa, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza d’appello sfavorevole in materia di azione revocatoria, ha rinunciato al ricorso. La Corte Suprema, nel dichiarare estinto il giudizio, ha stabilito un principio fondamentale: in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, l’appellante non è tenuto al pagamento del doppio del contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità. Le spese legali sono state compensate.

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Rinuncia al ricorso per cassazione: quando si evita il raddoppio del contributo?

La rinuncia al ricorso per cassazione rappresenta una delle possibili uscite dal giudizio di legittimità, ma quali sono le sue conseguenze economiche, in particolare riguardo al temuto raddoppio del contributo unificato? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale, offrendo importanti chiarimenti per chi si trova a valutare l’opportunità di abbandonare un’impugnazione. L’ordinanza in esame chiarisce che la sanzione del pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica in caso di rinuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una controversia tra una cooperativa tessile in liquidazione coatta amministrativa e un istituto bancario. La cooperativa aveva avviato un’azione revocatoria per recuperare delle somme versate alla banca prima della dichiarazione di insolvenza, sostenendo che l’istituto fosse a conoscenza dello stato di difficoltà economica della società (la cosiddetta scientia decoctionis).

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla cooperativa, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, escludendo la consapevolezza dello stato di insolvenza da parte della banca e, di conseguenza, la revocabilità dei pagamenti. Contro questa sentenza, la cooperativa aveva proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, nel corso del giudizio di legittimità, la stessa società ricorrente decideva di fare un passo indietro, depositando un atto di rinuncia al ricorso per cassazione.

La questione del contributo unificato dopo la rinuncia

Nonostante la rinuncia, la banca controricorrente non l’ha accettata. Questo ha richiesto comunque una pronuncia della Corte per definire formalmente il giudizio e statuire sulle spese e sugli oneri accessori. Il punto giuridico più rilevante affrontato dalla Corte riguarda l’applicabilità dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede che la parte che ha visto il proprio ricorso respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.

La domanda era: questa sorta di ‘sanzione’ si applica anche quando il giudizio si estingue per rinuncia?

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha risposto negativamente, dichiarando estinto il giudizio e compensando le spese legali tra le parti, data l’anzianità della causa e la presenza di giustificate ragioni.

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione della norma sul raddoppio del contributo unificato. I giudici hanno ribadito, richiamando propri precedenti consolidati, che tale obbligo di pagamento aggiuntivo costituisce una misura dal carattere eccezionale e sanzionatorio. In quanto tale, essa è di stretta interpretazione e non può essere applicata per analogia a casi non espressamente previsti dalla legge.

La legge elenca tassativamente le ipotesi in cui scatta il raddoppio: rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. La rinuncia al ricorso, che porta all’estinzione del processo, non rientra in questo elenco. Pertanto, chi rinuncia non può essere condannato al pagamento dell’ulteriore importo, anche se la controparte non accetta la rinuncia stessa.

Le Conclusioni

Questa pronuncia conferma un importante principio di certezza del diritto e offre una chiara indicazione strategica. La rinuncia al ricorso per cassazione si configura come una via d’uscita dal processo che, a differenza di un esito negativo nel merito, mette al riparo dalla sanzione economica del raddoppio del contributo unificato. Per le parti e i loro legali, ciò significa poter valutare con maggiore serenità l’opportunità di abbandonare un ricorso le cui probabilità di successo appaiono ridotte nel corso del tempo, senza temere un aggravio di costi oltre a quelli già sostenuti.

Se si rinuncia a un ricorso per cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi tassativamente previsti dalla legge, ovvero rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.

Cosa succede se la controparte non accetta la rinuncia al ricorso?
Anche se la controparte non accetta la rinuncia, il giudice dichiara comunque l’estinzione del processo. In questo specifico caso, la Corte ha inoltre deciso di compensare le spese legali tra le parti, stabilendo che ognuna dovesse sostenere i propri costi.

Perché la norma sul raddoppio del contributo unificato è di ‘stretta interpretazione’?
Perché si tratta di una misura con una natura ‘lato sensu’ sanzionatoria. Secondo i principi generali del diritto, le norme che impongono sanzioni o oneri eccezionali non possono essere applicate a casi simili (analogia) ma solo alle fattispecie esplicitamente descritte dal legislatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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