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Rinuncia al ricorso: no al doppio contributo unificato

In una causa ereditaria, i ricorrenti in Cassazione hanno presentato una rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, chiarendo un principio fondamentale: in caso di rinuncia al ricorso, non si applica il raddoppio del contributo unificato, poiché tale misura sanzionatoria è prevista solo per rigetto, inammissibilità o improcedibilità e non può essere interpretata estensivamente.

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Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce quando non si paga il doppio contributo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale di grande rilevanza pratica: l’applicazione del cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’. Il caso in esame, sebbene nasca da una controversia ereditaria, offre l’occasione per ribadire un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Analizziamo la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso: una Disputa Ereditaria

La vicenda trae origine da una causa di successione. Due fratelli citavano in giudizio la sorella per chiedere la nullità del testamento del padre. A loro avviso, il testatore aveva disposto di beni che non erano interamente di sua proprietà, essendo in parte caduti nella successione della madre, premorta anni prima. Chiedevano quindi una nuova divisione dell’eredità o, in subordine, l’accertamento della lesione della loro quota di legittima.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello rigettavano le domande, ritenendo il testamento valido. I giudici di merito avevano interpretato la volontà del padre nel senso di voler disporre unicamente della sua quota effettiva dei beni, commettendo solo un ‘errore formale’ nell’indicazione degli stessi. Di fronte a questa doppia sconfitta, i due fratelli decidevano di presentare ricorso per Cassazione.

L’Epilogo in Cassazione e la Rinuncia al Ricorso

Poco prima della decisione della Suprema Corte, si verifica il colpo di scena: i ricorrenti depositano un atto di rinuncia al ricorso, prontamente accettato dalla sorella (controricorrente). Questo atto processuale ha cambiato radicalmente l’esito del procedimento, spostando il focus dalla questione ereditaria a una puramente procedurale.

Le Motivazioni della Corte: Interpretazione Restrittiva della Norma Sanzionatoria

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia e della relativa accettazione, ha dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile. La parte più significativa della decisione riguarda però il contributo unificato. La Corte ha stabilito che non vi era luogo all’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, che prevede l’obbligo per il ricorrente soccombente di versare un ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso.

Le motivazioni sono chiare e si fondano su un’interpretazione rigorosa della legge. La norma, spiega la Corte, ha una natura eccezionale e sostanzialmente sanzionatoria. Pertanto, la sua applicazione è limitata esclusivamente ai casi tassativamente previsti: il rigetto dell’impugnazione, la sua declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità. Poiché la rinuncia al ricorso non rientra in questo elenco, la norma non può essere applicata.

La Corte ha ribadito che, data la sua natura ‘lato sensu’ sanzionatoria, la disposizione non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica. In altre parole, non si può estendere la ‘punizione’ del doppio contributo a situazioni non espressamente contemplate dal legislatore. Le spese del giudizio di Cassazione, in assenza di una specifica richiesta, sono state lasciate a carico delle parti che le hanno anticipate.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Avvocati e Parti

L’ordinanza in commento offre un importante chiarimento per chiunque si trovi a gestire un contenzioso in Cassazione. La decisione conferma che la rinuncia al ricorso rappresenta una ‘via d’uscita’ che, se concordata tra le parti, non solo pone fine alla lite ma evita anche l’aggravio di costi legato al raddoppio del contributo unificato. Questo principio garantisce certezza del diritto e permette alle parti e ai loro legali di valutare con maggiore serenità l’opportunità di abbandonare un’impugnazione, senza il timore di incorrere in sanzioni economiche non espressamente previste per tale ipotesi.

Se si presenta una rinuncia al ricorso per Cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica in caso di rinuncia al ricorso, poiché questa ipotesi non è espressamente prevista dalla legge.

In quali casi si applica il raddoppio del contributo unificato?
Il raddoppio del contributo unificato si applica solo nei casi tipici di esito negativo dell’impugnazione, ovvero quando il ricorso viene respinto (rigetto), dichiarato inammissibile o improcedibile.

Perché la norma sul raddoppio del contributo non si applica alla rinuncia?
Perché si tratta di una misura eccezionale con natura sanzionatoria. Come tale, deve essere interpretata in modo restrittivo e non può essere estesa per analogia a casi non esplicitamente menzionati dal legislatore, come appunto la rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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