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Rinuncia al ricorso: niente raddoppio del contributo

Una banca aveva impugnato in Cassazione una sentenza che revocava un’ipoteca concessa da una società poi fallita. Durante il processo, la stessa banca ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte ha quindi dichiarato estinto il giudizio, chiarendo un importante principio: in caso di rinuncia, non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, ma la parte rinunciante è comunque tenuta a pagare le spese legali del procedimento.

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Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando si Evita il Raddoppio del Contributo Unificato

L’ordinanza in esame offre un’importante chiarificazione sulle conseguenze procedurali ed economiche della rinuncia al ricorso in Cassazione. Spesso, durante un lungo contenzioso, una delle parti può decidere di interrompere l’azione legale. Questa decisione, se formalizzata correttamente, porta all’estinzione del processo. Ma quali sono i costi associati? La Corte Suprema, con questa pronuncia, stabilisce che la sanzione del raddoppio del contributo unificato non si applica in questi casi, delineando un confine netto tra la rinuncia e altre forme di chiusura del giudizio.

Il Contesto del Caso: Dalla Revocatoria alla Cassazione

La vicenda nasce da una procedura fallimentare. Un istituto di credito si era opposto alla decisione del giudice delegato di ammettere un proprio credito come chirografario, ovvero non assistito da garanzie, dopo aver revocato un’ipoteca. L’ipoteca era stata iscritta a garanzia di un contratto di consolidamento di debiti preesistenti e già scaduti.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato torto alla banca. I giudici di merito avevano ritenuto sussistenti i presupposti per la revocatoria dell’ipoteca, sia secondo le norme del codice civile (azione revocatoria ordinaria) sia secondo quelle della legge fallimentare. In particolare, era stato evidenziato che il piano di risanamento presentato dalla società, poi fallita, non possedeva le caratteristiche necessarie per escludere la revocabilità degli atti e che, anzi, le incongruenze del piano non permettevano alle banche di confidare ragionevolmente nel superamento dello stato di insolvenza.

Di fronte a queste decisioni sfavorevoli, l’istituto di credito aveva proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Giudizio

Il colpo di scena arriva durante il giudizio di legittimità. Il difensore della banca ricorrente deposita un atto di rinuncia al ricorso, ritualmente notificato alla controparte (la curatela fallimentare). Di fronte a tale atto, la Corte di Cassazione non può fare altro che prendere atto della volontà della parte di non proseguire il giudizio.

La conseguenza processuale diretta è la dichiarazione di estinzione del processo. La causa si chiude, quindi, senza che la Corte entri nel merito dei sette motivi di doglianza sollevati dalla banca. Tuttavia, la chiusura del processo comporta delle conseguenze sulle spese.

La Corte condanna la banca rinunciante al rimborso delle spese legali sostenute dalla curatela fallimentare, liquidate in € 7.200, oltre accessori. La questione più interessante, però, riguarda un’altra potenziale spesa: il raddoppio del contributo unificato.

Le Motivazioni: Perché la Rinuncia al Ricorso Esclude il Raddoppio del Contributo

Il punto centrale e più rilevante dell’ordinanza risiede nella motivazione con cui la Corte esclude il raddoppio del contributo unificato. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002 prevede che, quando un’impugnazione è respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione stessa.

La Corte di Cassazione chiarisce che questa norma ha una natura eccezionale e sanzionatoria. Essa si applica solo nei ‘casi tipici’ espressamente elencati: rigetto, inammissibilità o improcedibilità. Trattandosi di una misura sanzionatoria lato sensu, essa è di stretta interpretazione e non può essere applicata per analogia o in via estensiva a casi non previsti.

La rinuncia al ricorso non rientra in nessuna di queste categorie. È un atto dispositivo della parte che determina l’estinzione del processo, una fattispecie del tutto diversa dalla decisione negativa del giudice. Pertanto, la sanzione del raddoppio del contributo non può essere applicata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Parti

Questa ordinanza consolida un principio di grande importanza pratica. La rinuncia al ricorso si conferma come uno strumento strategico a disposizione delle parti. Quando le probabilità di successo di un’impugnazione appaiono ridotte, rinunciare al ricorso permette di chiudere la controversia evitando il rischio di subire la sanzione del raddoppio del contributo unificato. Sebbene la parte rinunciante debba comunque farsi carico delle spese legali maturate fino a quel momento, evita un esborso aggiuntivo che può essere anche molto consistente. La scelta di rinunciare, quindi, deve essere attentamente ponderata, bilanciando i costi certi (le spese legali da rimborsare) con i rischi di una soccombenza piena (spese legali più il raddoppio del contributo).

Cosa succede al processo se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciare?
Il processo viene dichiarato estinto. Questo significa che si chiude anticipatamente senza che il giudice emetta una decisione sul merito della questione contestata.

In caso di rinuncia al ricorso per cassazione, si deve pagare il raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato è una misura sanzionatoria prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso. Essendo una norma di stretta interpretazione, non si applica alla rinuncia.

Chi paga le spese legali quando c’è una rinuncia al ricorso?
La parte che rinuncia al ricorso è tenuta a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte nel giudizio fino al momento della rinuncia, come liquidate dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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