Rinuncia al ricorso: la Cassazione esclude il raddoppio del contributo unificato
La rinuncia al ricorso per Cassazione rappresenta una modalità di chiusura del contenzioso che, oltre a definire la lite, comporta specifiche conseguenze sul piano delle spese processuali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi rinuncia all’impugnazione non è tenuto a versare il cosiddetto “doppio contributo unificato”, una sanzione prevista per chi vede il proprio ricorso respinto. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dalla Lite Societaria all’Accordo in Cassazione
La vicenda trae origine da una controversia di natura societaria. Un socio di una S.n.c. aveva avviato un’azione legale per ottenere l’accertamento del valore della propria quota nei confronti di un altro socio e di un terzo soggetto. Dopo una sentenza di primo grado, la questione era approdata in Corte d’Appello, che aveva respinto le richieste dell’appellante.
Non soddisfatto, quest’ultimo aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, nel corso del giudizio di legittimità, le parti principali raggiungevano un accordo. Con un atto formale, il ricorrente manifestava la propria rinuncia al ricorso e il controricorrente accettava tale rinuncia, concordando anche sulla compensazione delle spese legali.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso e il Contributo Unificato
Preso atto dell’accordo tra le parti, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile. La parte più significativa della pronuncia, però, riguarda l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede che la parte il cui ricorso è stato respinto integralmente, o dichiarato inammissibile o improcedibile, debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.
La Corte ha stabilito chiaramente che questa disposizione non trova applicazione nel caso di rinuncia al ricorso, poiché la misura si applica solo ai casi tipici espressamente menzionati dalla legge.
Le Motivazioni della Corte
Il ragionamento dei giudici si fonda sulla natura stessa della norma sul raddoppio del contributo. Si tratta di una misura eccezionale e, “lato sensu”, sanzionatoria, che punisce l’abuso del processo attraverso impugnazioni infondate. Proprio per questa sua natura, la norma è soggetta a stretta interpretazione.
Non è possibile, quindi, applicarla in via estensiva o analogica a situazioni non previste, come la rinuncia. La rinuncia al ricorso è un atto dispositivo delle parti che conduce all’estinzione del processo, un esito ben diverso dal rigetto o dalla declaratoria di inammissibilità, che invece presuppongono una valutazione negativa del merito o del rito da parte del giudice. La Corte, richiamando un suo precedente consolidato (Cass. n. 23175/2015), ha confermato che la volontà del legislatore è quella di sanzionare solo gli esiti negativi “imposti” dal giudice, non quelli “concordati” dalle parti.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza conferma un punto fermo di grande rilevanza pratica per avvocati e parti processuali. La rinuncia al ricorso si configura come un’uscita “sicura” dal giudizio di Cassazione, che consente di evitare il rischio di una condanna al pagamento del doppio contributo unificato. Questo principio incentiva la ricerca di soluzioni transattive anche in fase di legittimità, sapendo che l’accordo che porta alla rinuncia non comporterà oneri sanzionatori aggiuntivi. La decisione ribadisce la netta distinzione tra una sconfitta processuale, che attiva la sanzione, e una chiusura concordata del contenzioso, che invece ne è esente, premiando di fatto il comportamento collaborativo delle parti.
Cosa succede a un processo in Cassazione se le parti si accordano e il ricorrente rinuncia all’impugnazione?
Il processo si estingue. La Corte di Cassazione prende atto della rinuncia e della relativa accettazione e dichiara formalmente la fine del giudizio, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile.
In caso di rinuncia al ricorso per Cassazione, si deve pagare il raddoppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002, non si applica in caso di rinuncia. Tale norma ha natura sanzionatoria e si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso.
Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica alla rinuncia al ricorso?
Perché è una misura eccezionale e con finalità sanzionatorie che, secondo la Corte, deve essere interpretata in modo restrittivo. Non può essere estesa per analogia a casi non espressamente previsti dalla legge, come la rinuncia, che è un atto volontario delle parti che pone fine alla lite.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16599 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16599 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33032/2019 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’a vvocato COGNOMEricorrente- contro COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché
contro
NOME FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE SNC DI COGNOMEALFONSO DEL SORDO NOME, FALLIMENTO DI COGNOMEALFONSO DEL SORDO NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1844/2019 depositata il 02/09/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni dele procura Generale, in persona del dottor NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi estinto il giudizio Premesso che:
1.NOME COGNOME COGNOME ricorreva, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 1844 del 2019, con cui era stato rigettato l’appello di esso ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Foggia che aveva riconosciuto il diritto di NOME COGNOME COGNOME ad ottenere, nei confronti di esso ricorrente e di NOME COGNOME l’accertamento del valore della sua quota della snc Sitas di COGNOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ;
a l ricorso si opponeva NOME COGNOME COGNOME mentre gli altri soggetti indicati in epigrafe rimanevano intimati;
il ricorrente e il controricorrente, con atto sottoscritto il 16 marzo 2025, hanno rinunciato e, rispettivamente, accettato la rinuncia al ricorso significando di volere che le spese del giudizio siano compensate;
4.i n ragione di ciò che precede deve dichiararsi l’estinzione del presente giudizio ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ. ;
5.n on vi è luogo ad applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012. Come la Corte ha innumerevoli volte affermato, la norma ‘che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi tipici -del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria
d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica’ (per tutte, Cass. 12 novembre 2015, n. n.23175);
PQM
la Corte dichiara estinto il giudizio con compensazione delle spese. Così deciso in Roma il 12 giugno 2025.