Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando si Evita il Raddoppio del Contributo Unificato
L’esito di un giudizio in Cassazione non è sempre una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il processo si conclude prima, come nel caso di una rinuncia al ricorso. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le importanti conseguenze di questa scelta, soprattutto sotto il profilo dei costi, escludendo l’applicazione del temuto raddoppio del contributo unificato. Analizziamo insieme questa interessante decisione.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da una controversia commerciale tra due società. Una società, che chiameremo Alfa S.r.l., era stata condannata dalla Corte d’Appello a pagare alla controparte, la Beta S.p.A., una somma di denaro. Tale somma rappresentava la differenza tra il prezzo di acquisto di una fornitura di vetro e il prezzo di vendita di alcuni impianti fotovoltaici, tenendo conto anche dei vizi riscontrati nelle rispettive forniture.
Sentendosi lesa da questa decisione, Alfa S.r.l. ha presentato ricorso per cassazione. A sua volta, Beta S.p.A. ha risposto con un ricorso incidentale, impugnando la sentenza per le parti a lei sfavorevoli.
L’Accordo e la Conseguente Rinuncia al Ricorso
Il colpo di scena è arrivato quando il processo era già pendente davanti alla Suprema Corte. Le due società hanno raggiunto un accordo transattivo per porre fine alla lite. Conseguentemente, hanno depositato un atto congiunto in cui Alfa S.r.l. dichiarava la propria rinuncia al ricorso principale e Beta S.p.A. accettava tale rinuncia, rinunciando a sua volta al proprio ricorso incidentale. Le parti hanno inoltre concordato di compensare interamente le spese legali sostenute fino a quel momento.
La Decisione della Corte di Cassazione
Preso atto dell’accordo e della volontà espressa dalle parti, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio, conformemente a quanto previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile. La decisione, tuttavia, offre un chiarimento fondamentale su un aspetto economico di grande rilevanza: l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.
le motivazioni
La Corte ha spiegato in modo inequivocabile le ragioni per cui il raddoppio del contributo non è dovuto in caso di rinuncia al ricorso. Il punto centrale della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.
Secondo la Cassazione, questa disposizione ha una natura eccezionale e sostanzialmente sanzionatoria. Essa è volta a scoraggiare le impugnazioni pretestuose o palesemente infondate. Proprio per questo motivo, la sua applicazione deve essere limitata esclusivamente ai casi tassativamente elencati dalla legge: rigetto, inammissibilità e improcedibilità. La rinuncia al ricorso non rientra in questo elenco. Pertanto, estendere l’applicazione della norma anche a questa ipotesi rappresenterebbe un’interpretazione analogica non consentita per le norme di carattere sanzionatorio. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha ribadito che la misura si applica solo quando il ricorrente rimane ‘soccombente’, una condizione che non si verifica in caso di estinzione del giudizio per rinuncia.
le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio di notevole importanza pratica. La rinuncia al ricorso, spesso frutto di un accordo transattivo tra le parti, è uno strumento efficace per porre fine a una controversia legale in modo definitivo e consensuale. La decisione della Cassazione offre una garanzia aggiuntiva: chi sceglie questa strada non rischia di incorrere nella sanzione del raddoppio del contributo unificato. Questa chiarezza incentiva le parti a trovare soluzioni negoziate, riducendo il carico di lavoro dei tribunali e permettendo alle imprese di chiudere le pendenze legali con maggiore certezza sui costi da affrontare.
Cosa succede se le parti in un giudizio di Cassazione rinunciano ai rispettivi ricorsi?
Il giudizio si estingue, come previsto dall’articolo 391 del codice di procedura civile. La Corte non emette una decisione sul merito della questione, ma si limita a prendere atto della volontà delle parti di porre fine alla controversia.
In caso di rinuncia al ricorso, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nell’ipotesi di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso.
Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica alla rinuncia al ricorso?
Perché la norma che prevede tale raddoppio (art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002) ha natura sanzionatoria ed è di stretta interpretazione. Si applica solo nei casi specifici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, e non può essere estesa per analogia ad altre ipotesi come la rinuncia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8111 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8111 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18443/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO I8, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 396/2020 depositata il 05/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.la srl RAGIONE_SOCIALE ricorreva per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 396 del 2020 con cui essa ricorrente era stata condannata a pagare alla spa RAGIONE_SOCIALE la differenza tra il prezzo di acquisito di vetro dedotto il prezzo di vendita di impianti fotovoltaici, al netto del valore dei vizi riscontrati nelle reciproche forniture. La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso incidentale;
2.le parti hanno presentato atto, datato 15 gennaio 2025, contenente rinuncia al ricorso principale e relativa accettazione, e rinuncia al ricorso incidentale e la relativa accettazione, significando anche di essersi accordate per la compensazione delle spese della lite;
3.in ragione di ciò che precede deve dichinarsi l’estinzione del presente giudizio ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
4. non vi è luogo ad applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012. Come la Corte ha innumerevoli volte affermato, la norma, ‘che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi tipici -del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica’ (per tutte, Cass. 12 novembre 2015, n. n.23175);
PQM
dichiara estinto il giudizio.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2025.