Rinuncia al Ricorso: Come Evitare il Raddoppio del Contributo Unificato
La decisione di presentare una rinuncia al ricorso per Cassazione può avere importanti conseguenze non solo sull’esito del processo, ma anche sul piano economico. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi rinuncia all’impugnazione non è tenuto a versare il doppio del contributo unificato. Analizziamo questa pronuncia per capire le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Dal Licenziamento all’Appello in Cassazione
La vicenda trae origine da una controversia di lavoro. Una società aveva licenziato una dipendente per giustificato motivo oggettivo. La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento e sia il Tribunale che la Corte d’Appello le avevano dato ragione, dichiarando l’illegittimità del recesso e condannando l’azienda alla reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità.
Ritenendo errata la decisione dei giudici di merito, la società ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della sentenza d’appello.
La Svolta: La Rinuncia al Ricorso e l’Accettazione
Prima che la Corte Suprema potesse decidere nel merito, è intervenuto un fatto decisivo: la società ricorrente ha depositato un “atto di rinuncia al ricorso per cassazione”. Questo atto, fondamentale per la chiusura del contenzioso, è stato sottoscritto non solo dal legale rappresentante della società e dal suo avvocato, ma anche, per adesione, dalla lavoratrice e dal suo difensore. Tale accordo ha manifestato la volontà comune di porre fine alla lite.
La Decisione della Corte: Estinzione del Processo
Preso atto della volontà concorde delle parti, la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile, non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del processo. Poiché la rinuncia è stata accettata, la Corte ha inoltre stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese legali, che si intendono compensate tra le parti.
Le Motivazioni: Perché la Rinuncia al Ricorso esclude il Doppio Contributo
Il punto più significativo dell’ordinanza risiede nella precisazione relativa al cosiddetto “doppio contributo unificato”. L’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002 prevede che, quando un’impugnazione viene respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.
La Corte ha chiarito che questa norma non si applica in caso di rinuncia al ricorso. La motivazione è di natura strettamente giuridica: la norma che impone il raddoppio del contributo ha un carattere eccezionale e una funzione sanzionatoria. Essa si applica solo nei casi tassativamente previsti dalla legge (rigetto, inammissibilità, improcedibilità), che rappresentano un esito negativo del giudizio subito dalla parte.
La rinuncia, invece, è un atto volontario che previene una decisione nel merito. Pertanto, estendere la sanzione anche a questa ipotesi rappresenterebbe un’interpretazione estensiva o analogica non consentita per norme di questo tipo, come già affermato in precedenti pronunce (es. Cass. n. 23175 del 2015).
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Avvocati e Parti
La decisione della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura strategica nella gestione delle impugnazioni. La rinuncia al ricorso, quando le circostanze lo consentono (ad esempio, a seguito di una transazione o di una rivalutazione delle probabilità di successo), non solo pone fine al contenzioso, ma mette anche la parte ricorrente al riparo dal rischio di dover pagare il doppio del contributo unificato. Questa pronuncia conferma che le norme con finalità sanzionatorie devono essere interpretate in modo rigoroso, senza estenderne l’applicazione oltre i casi specificamente previsti dal legislatore.
Cosa succede al processo se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciarvi?
Se la parte ricorrente presenta una rinuncia, e questa viene accettata dalla controparte, la Corte dichiara l’estinzione del processo, ponendo fine alla causa senza una decisione sul merito.
In caso di rinuncia al ricorso per Cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nell’ipotesi di rinuncia al ricorso.
Per quale motivo la rinuncia al ricorso esclude il pagamento del doppio contributo?
Perché la norma che prevede il raddoppio del contributo è una misura eccezionale con carattere sanzionatorio, applicabile solo ai casi specifici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. Essendo una norma di stretta interpretazione, non può essere estesa per analogia alla rinuncia, che è un atto volontario di chiusura del contenzioso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33148 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33148 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12907-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1134/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/03/2022 R.G.N. 3353/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G.N. 12907/2022
COGNOME
Rep.
Ud.08/11/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato il giudizio di prime cure che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato a NOME NOME dalla RAGIONE_SOCIALE in data 22 marzo 2018, condannando la società alla reintegrazione della lavoratrice e a corrisponderle una indennità risarcitoria, pari a dodici mensilità, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società soccombente con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimato; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
risulta depositato ‘atto di rinuncia al ricorso per cassazione’ sottoscritto dalla rappresentante legale della società e dal suo procuratore nonché, per adesione, dalla controparte e dal suo procuratore;
pertanto, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., deve essere dichiarata l’estinzione del processo e non occorre provvedere sulle spese; in tema di impugnazioni, poi, l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di
rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, ” lato sensu ” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (tra le altre, Cass. n. 23175 del 2015);
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo; nulla per le spese. Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’8 novembre