LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

La Cassazione dichiara estinto un giudizio per rinuncia al ricorso da parte di un erede contro un’università. Si stabilisce che la rinuncia non comporta il pagamento del doppio del contributo unificato, misura applicabile solo in caso di rigetto o inammissibilità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Rinuncia al Ricorso: Quando Non si Paga il Raddoppio del Contributo Unificato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un chiarimento cruciale in materia processuale, specificando le conseguenze economiche della rinuncia al ricorso. La vicenda, nata da una controversia di diritto del lavoro tra l’erede di un ex lettore universitario e un prestigioso ateneo, si è conclusa con una decisione che distingue nettamente la rinuncia dall’esito negativo del giudizio. Il principio affermato è di grande rilevanza pratica: chi rinuncia al ricorso non è tenuto a versare il cosiddetto ‘raddoppio del contributo unificato’.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine dalla domanda dell’erede di un ex lettore di madrelingua straniera, il quale chiedeva il riconoscimento del diritto del suo dante causa a percepire un trattamento economico equiparato a quello di un ricercatore confermato. La richiesta, relativa all’attività svolta per diversi anni accademici, era stata respinta sia in primo grado sia dalla Corte d’Appello.

Non soddisfatto della decisione di secondo grado, l’erede aveva proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure contro la sentenza impugnata. L’università, dal canto suo, si era costituita in giudizio per resistere al ricorso.

La Rinuncia al Ricorso e l’Effetto sull’Esito del Giudizio

Il colpo di scena è avvenuto quando, prima della discussione, il ricorrente ha depositato un atto formale di rinuncia al ricorso. Tale atto, ritualmente comunicato alla controparte, ha cambiato radicalmente le sorti del procedimento.

La Corte di Cassazione, prendendo atto della volontà della parte, non ha potuto fare altro che applicare l’articolo 391 del codice di procedura civile, il quale prevede che la rinuncia porti all’estinzione del giudizio. Di conseguenza, il processo si è concluso senza una decisione sul merito delle questioni sollevate. La Corte ha inoltre disposto l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, tenendo conto delle motivazioni addotte nell’atto di rinuncia.

Le Motivazioni: L’Inapplicabilità del Doppio Contributo nella Rinuncia al Ricorso

Il punto di diritto più significativo affrontato dall’ordinanza riguarda l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato (il cosiddetto ‘raddoppio’).

La Cassazione ha stabilito in modo inequivocabile che questa disposizione non si applica in caso di rinuncia al ricorso. La motivazione si fonda su due pilastri argomentativi:

1. Tassatività dei casi: La norma elenca specificamente le ipotesi in cui scatta l’obbligo del raddoppio: rigetto, inammissibilità o improcedibilità. La rinuncia non è inclusa in questo elenco.
2. Natura sanzionatoria: La misura è considerata eccezionale e con una natura lato sensu sanzionatoria. Come tutte le norme di questo tipo, essa è di stretta interpretazione e non può essere applicata per analogia o in via estensiva a casi non espressamente previsti dal legislatore.

Citando un proprio precedente (Cass. n. 34025/2023), la Corte ha ribadito che estendere l’obbligo del doppio contributo alla rinuncia significherebbe operare un’interpretazione analogica non consentita per norme di carattere eccezionale.

Conclusioni

La decisione in commento offre un’importante lezione pratica per avvocati e parti processuali. La scelta di rinunciare a un ricorso per cassazione, magari a seguito di una rivalutazione delle probabilità di successo o di un accordo stragiudiziale, ha conseguenze procedurali ed economiche ben precise e diverse da quelle di una sconfitta ‘sul campo’. L’ordinanza conferma che la rinuncia è un istituto che determina la semplice estinzione del giudizio, senza le conseguenze sanzionatorie, come il raddoppio del contributo unificato, che il legislatore ha riservato esclusivamente agli esiti negativi determinati da una pronuncia del giudice.

La rinuncia al ricorso per cassazione comporta sempre l’estinzione del giudizio?
Sì, secondo l’art. 391 del codice di procedura civile, alla rinuncia al ricorso, tempestivamente depositata e comunicata, consegue l’estinzione del giudizio di cassazione.

Se si effettua una rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato non si applica in caso di rinuncia, ma solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di rinuncia al ricorso?
Perché la norma che prevede il raddoppio (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002) è considerata una misura eccezionale con carattere sanzionatorio. In quanto tale, deve essere interpretata in modo restrittivo e non può essere estesa per analogia a casi non espressamente previsti, come appunto la rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati