LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

Una società di servizi ambientali, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza relativa al rimborso della tariffa di igiene ambientale, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, chiarendo un punto fondamentale: in caso di rinuncia, non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, poiché tale misura sanzionatoria si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando si Evita il Raddoppio del Contributo Unificato

L’ordinanza n. 16502/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale della procedura civile: le conseguenze della rinuncia al ricorso. Questa decisione sottolinea una distinzione fondamentale tra la rinuncia volontaria e l’esito negativo di un’impugnazione, con significative implicazioni economiche per le parti coinvolte, in particolare riguardo all’obbligo del versamento del cosiddetto “doppio contributo unificato”.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale trae origine da un decreto ingiuntivo emesso a favore di un cittadino per ottenere il rimborso di somme versate a una società di gestione dei servizi ambientali a titolo di tariffa di igiene ambientale (TIA 1 e TIA 2), per un importo di circa 550 euro.
La società si opponeva al decreto, ma la sua opposizione veniva respinta sia dal Giudice di Pace sia, in sede di appello, dal Tribunale. Non soddisfatta dell’esito, la società decideva di proseguire la battaglia legale presentando ricorso presso la Corte di Cassazione.

Tuttavia, prima che la Suprema Corte potesse pronunciarsi nel merito, la stessa società ricorrente depositava un atto di rinuncia al ricorso, ponendo di fatto fine alla controversia.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Rinuncia al Ricorso

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha agito in conformità con l’art. 391 del codice di procedura civile, dichiarando l’estinzione del giudizio. La Corte ha inoltre disposto la compensazione delle spese legali tra le parti, data la natura della conclusione del procedimento.
Il punto più significativo della decisione, però, risiede nella statuizione relativa al contributo unificato.

Le Motivazioni

La Corte ha affrontato la questione se, a seguito della rinuncia, la società ricorrente fosse tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come previsto dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma impone il pagamento di una somma pari a quella già versata per l’impugnazione quando questa viene respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile.

La Cassazione ha stabilito che i presupposti per tale versamento aggiuntivo non sussistevano. La motivazione si fonda sulla natura eccezionale e sanzionatoria della norma. I giudici hanno chiarito che l’obbligo del raddoppio del contributo è strettamente legato a tre specifici esiti processuali: il rigetto, l’inammissibilità e l’improcedibilità. La rinuncia al ricorso è un atto volontario della parte che non rientra in nessuna di queste categorie.

Secondo la Corte, applicare la sanzione anche al caso della rinuncia costituirebbe un’estensione interpretativa non consentita per una norma di carattere eccezionale. Citando precedenti consolidati (Cass. n. 23175/2015, n. 10140/2020, n. 19071/2018), si è ribadito che la misura ha lo scopo di scoraggiare le impugnazioni pretestuose o infondate, sanzionando chi perde la causa in sede di legittimità, non chi decide volontariamente di porre fine alla lite.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di grande rilevanza pratica. La rinuncia al ricorso si conferma come uno strumento processuale che permette di chiudere una controversia in modo definitivo senza incorrere nelle conseguenze economiche negative previste per le impugnazioni fallimentari. Questa decisione offre una maggiore certezza giuridica alle parti che, per ragioni di opportunità o a seguito di una riconsiderazione della propria posizione, decidono di non proseguire un giudizio di impugnazione. In sintesi, la scelta di rinunciare non viene equiparata a una sconfitta processuale e, pertanto, non attiva il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato.

Cosa succede se si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
In base all’art. 391 del codice di procedura civile, la Corte dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al processo.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un importo ulteriore pari al contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non in caso di rinuncia.

Perché la rinuncia al ricorso non è equiparata al rigetto ai fini del contributo unificato?
Perché la norma che prevede il raddoppio del contributo ha natura eccezionale e sanzionatoria. Pertanto, non può essere interpretata in modo estensivo per includere casi non espressamente previsti dalla legge, come la rinuncia volontaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati