Rinuncia al ricorso: la Cassazione chiarisce quando non si paga il doppio contributo
Intraprendere un percorso giudiziario fino all’ultimo grado di giudizio comporta rischi e costi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale di grande importanza pratica: gli effetti della rinuncia al ricorso e, in particolare, l’esclusione dell’obbligo di versare un ulteriore contributo unificato. Questa decisione offre uno spunto strategico fondamentale per le parti che desiderano porre fine a una controversia senza subire ulteriori oneri economici.
I fatti di causa
La vicenda trae origine da una controversia legata alla restituzione di somme versate durante le trattative precontrattuali per la compravendita di un immobile. Dopo una sentenza di primo grado, la Corte di Appello di Roma aveva riformato la decisione. La parte soccombente in appello aveva quindi deciso di presentare ricorso per Cassazione, articolando le proprie doglianze in quattro motivi.
Tuttavia, prima che la Corte si pronunciasse nel merito, si è verificato un colpo di scena procedurale: il ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso. Pochi giorni dopo, la controparte (il controricorrente) ha formalizzato la propria adesione a tale rinuncia, accettandola.
La gestione della rinuncia al ricorso in Cassazione
Di fronte alla rinuncia del ricorrente e all’accettazione del controricorrente, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà delle parti di porre fine alla lite. La conseguenza giuridica diretta di questa situazione è l’estinzione del giudizio. In questi casi, il processo si chiude senza che i giudici entrino nel merito dei motivi del ricorso. Inoltre, essendo la rinuncia stata accettata, la Corte non ha emesso alcun provvedimento sulle spese legali, che si intendono compensate tra le parti salvo diverso accordo.
Le motivazioni della Corte
Il punto cruciale e più interessante dell’ordinanza risiede nella precisazione relativa al cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002 stabilisce che quando un’impugnazione è respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello già pagato come contributo unificato al momento dell’iscrizione a ruolo.
La Corte Suprema, richiamando un proprio precedente (Cass. 25485/2018), ha chiarito che questa norma non si applica in caso di estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso. La logica è stringente: l’obbligo del pagamento aggiuntivo scatta solo per la “parte impugnante non vittoriosa”. Nel caso di estinzione, non c’è una parte vittoriosa e una soccombente; il giudizio semplicemente si conclude senza una decisione sul merito. Pertanto, il ricorrente che rinuncia non può essere qualificato come “non vittorioso” ai fini dell’applicazione di questa sanzione pecuniaria.
Conclusioni
Questa ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio di notevole importanza pratica. La rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, rappresenta uno strumento efficace per chiudere definitivamente una controversia, evitando non solo una possibile condanna alle spese, ma anche il certo esborso del doppio contributo unificato in caso di esito negativo. Per le parti e i loro legali, si tratta di una valutazione strategica da considerare attentamente, poiché permette di controllare i costi e i rischi associati all’ultimo grado di giudizio, favorendo una risoluzione concordata del contenzioso.
Cosa succede se si rinuncia al ricorso in Cassazione e la controparte accetta?
Il giudizio di cassazione viene dichiarato estinto. Questo significa che il processo si conclude senza una decisione nel merito e, di norma, senza una pronuncia sulle spese legali.
In caso di rinuncia al ricorso accettata, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia accettata esclude l’obbligo per il ricorrente di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Perché la rinuncia al ricorso esclude il pagamento del doppio contributo?
Perché l’obbligo di versare il doppio contributo è previsto dalla legge solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. L’estinzione del giudizio non rientra in queste categorie, in quanto non implica una valutazione negativa sull’esito del ricorso ma ne sancisce solo la fine anticipata per volontà delle parti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14554 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14554 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ordinanza
sul ricorso n. 2056/2019 proposto da: COGNOME NOME, difeso da ll’ avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3850/2018 del 6/6/2018.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
–NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione (con quattro motivi) nei confronti di NOME COGNOME per l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma di riforma della sentenza di primo grado in una causa concernente la restituzione somme versate nel corso dello svolgimento di trattative precontrattuali per la compravendita di immobile.
-Il ricorrente ha depositato atto del 23/2/2024 di rinuncia al ricorso in cassazione , cui ha fatto seguito il deposito dell’adesione del 26/2/2024 da parte del controricorrente.
– Ne segue l’estinzione del giudizio di cassazione per rinuncia al ricorso, senza provvedimento sulle spese, precluso dall’adesione della controparte. Inoltre, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo (ex art. 13 co. 1-quater d.p.r. 115/2002) della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (cfr. Cass 25485/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione. Così deciso a Roma il 10/4/2024.