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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo

Una società immobiliare, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza d’appello sfavorevole relativa all’occupazione di un posto auto, ha effettuato una rinuncia al ricorso. La controparte ha accettato la rinuncia. La Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, chiarendo un principio fondamentale: in caso di rinuncia, la parte ricorrente non è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: la Cassazione Chiude il Caso Senza Raddoppio del Contributo

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale che consente di porre fine a una lite in modo definitivo. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione non solo prende atto della volontà delle parti di chiudere il contenzioso, ma chiarisce anche un importante aspetto fiscale: chi rinuncia non è tenuto al pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne i dettagli e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: da un Posto Auto alla Cassazione

La vicenda trae origine da una controversia immobiliare. Una società era stata condannata dalla Corte d’Appello a cessare l’utilizzo di un posto auto di proprietà di un’altra azienda e a rimuovere qualsiasi oggetto da esso. Oltre a ciò, era stata condannata al pagamento di un’indennità annuale per l’indebita occupazione.

Sentendosi lesa da tale decisione, la società soccombente aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, portando la disputa al massimo grado di giudizio.

La Svolta Processuale: la Rinuncia al Ricorso

Durante il giudizio in Cassazione, si è verificato un evento decisivo: la società ricorrente ha cambiato strategia e ha deciso di notificare alla controparte un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto, firmato dal difensore munito di apposita procura, manifestava la volontà di non proseguire oltre con l’impugnazione.

La società controricorrente, a sua volta, ha depositato un atto di accettazione, concordando di fatto sulla chiusura del procedimento. A questo punto, la palla è passata alla Suprema Corte, chiamata a formalizzare la fine della lite.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della ritualità della rinuncia e della sua accettazione, ha dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione. La parte più significativa della decisione, tuttavia, riguarda le conseguenze economiche di tale atto.

Il punto centrale è l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Questa norma prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione poi respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: questa norma ha una natura eccezionale e sanzionatoria. Essa è volta a scoraggiare le impugnazioni pretestuose o palesemente infondate. Proprio per questa sua natura, non può essere interpretata in modo estensivo o analogico.

Di conseguenza, la misura si applica solo ed esclusivamente ai casi tipici previsti dalla legge: rigetto, inammissibilità o improcedibilità. La rinuncia al ricorso non rientra in questo elenco. Pertanto, la parte che rinuncia, anche se potenzialmente ‘non vittoriosa’, non è obbligata a pagare il raddoppio del contributo unificato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la rinuncia al ricorso è un’opzione strategica con precise conseguenze. Permette alle parti di porre fine a una controversia in modo controllato, evitando l’incertezza di una decisione finale e ulteriori costi legali. La chiarezza sul non assoggettamento al ‘doppio contributo’ rende questa scelta ancora più ponderabile per chi, dopo aver iniziato un’impugnazione, valuta che non sia più conveniente o opportuno proseguire. Per avvocati e assistiti, è una conferma importante: la rinuncia è un istituto processuale neutro dal punto di vista sanzionatorio-fiscale, una via d’uscita dalla lite che non comporta l’applicazione di penalità economiche aggiuntive.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione e l’altra accetta?
Il giudizio si estingue. La Corte di Cassazione prende atto della volontà concorde delle parti e dichiara la chiusura del procedimento senza emettere una decisione sul merito della controversia.

La parte che rinuncia a un ricorso è tenuta a pagare il doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica in caso di rinuncia al ricorso.

Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di rinuncia?
Perché la norma che prevede tale raddoppio ha carattere eccezionale e sanzionatorio. Si applica solo nei casi espressamente previsti dalla legge (rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso) e non può essere estesa ad altre ipotesi, come la rinuncia, che non sono contemplate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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