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Rinuncia al ricorso: niente doppia tassa se c’è accordo

Un lavoratore aveva impugnato il rigetto della sua domanda di conversione di un contratto a termine. Nelle more del giudizio in Cassazione, le parti hanno raggiunto un accordo, portando alla rinuncia al ricorso. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio, specificando che in caso di rinuncia al ricorso per accordo sopravvenuto, non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, poiché la sanzione è prevista solo per le impugnazioni pretestuose o dilatorie.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso e contributo unificato: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2488/2024, affronta una questione procedurale di grande rilevanza pratica: le conseguenze della rinuncia al ricorso a seguito di un accordo tra le parti, con particolare riferimento all’obbligo di versare il doppio del contributo unificato. La decisione chiarisce che, se la controversia si chiude per un accordo, non scatta la sanzione pensata per le impugnazioni pretestuose.

La Vicenda Giudiziaria: dalla Conversione del Contratto all’Appello

Il caso nasce dalla domanda di un lavoratore che chiedeva l’accertamento della nullità del termine apposto al suo contratto di lavoro con una società a partecipazione pubblica e la conseguente conversione in un rapporto a tempo indeterminato. Mentre il tribunale di primo grado aveva accolto la sua richiesta, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione. I giudici di secondo grado avevano ritenuto impossibile la conversione del contratto, data la natura di società partecipata del datore di lavoro e il divieto imposto da specifiche normative (art. 18, co. 2 bis del d.l. n. 112/2008) che mirano a garantire il reclutamento tramite procedure concorsuali pubbliche. Di fronte a questa decisione, il lavoratore aveva deciso di presentare ricorso in Cassazione.

L’Accordo e la Conseguente Rinuncia al Ricorso

Il colpo di scena si è verificato durante il giudizio di legittimità. Le parti, infatti, hanno trovato un’intesa extragiudiziale per porre fine alla controversia, raggiungendo un accordo conciliativo. A seguito di tale accordo, il lavoratore ha depositato un atto telematico di rinuncia al ricorso, chiedendo di fatto alla Corte di chiudere il procedimento.

La Decisione della Corte: Estinzione del Giudizio senza Sanzioni

La Suprema Corte ha preso atto della volontà delle parti e, in applicazione dell’art. 390 del codice di procedura civile, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Il punto cruciale della sentenza, tuttavia, risiede nell’analisi sull’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002. Questa norma prevede che la parte il cui ricorso viene respinto integralmente o dichiarato inammissibile o improcedibile debba versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato (il cosiddetto ‘raddoppio del contributo’).

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che la ratio di questa norma sanzionatoria è quella di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o palesemente infondate. Il meccanismo si applica quindi ai casi di ‘inammissibilità originaria’, ovvero quando il ricorso presenta dei vizi fin dal principio. Al contrario, non si applica nelle ipotesi di ‘inammissibilità sopravvenuta’, come nel caso di specie, dove la chiusura del processo deriva da un atto volontario (la rinuncia al ricorso) conseguente a un accordo conciliativo. La Corte, richiamando un orientamento consolidato, ha sottolineato che un accordo tra le parti non può essere equiparato a un’impugnazione pretestuosa e, pertanto, non giustifica l’applicazione della sanzione.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce un principio fondamentale: la rinuncia al ricorso che segue un accordo transattivo non comporta il pagamento del doppio contributo unificato. Questa decisione ha un’importante implicazione pratica: incentiva le parti a cercare soluzioni conciliative anche in fase di giudizio di Cassazione, senza il timore di incorrere in sanzioni economiche. Viene così valorizzata la funzione deflattiva degli accordi, premiando la volontà delle parti di porre fine alla lite in modo costruttivo anziché attendere una decisione imposta dall’alto.

Cosa succede al processo se la parte che ha fatto ricorso decide di rinunciarvi?
La Corte dichiara estinto il giudizio. Questo significa che il processo si chiude definitivamente senza una sentenza che decida nel merito della questione contestata.

La rinuncia al ricorso comporta sempre il pagamento di una sanzione?
No. Se la rinuncia al ricorso è la conseguenza di un accordo conciliativo raggiunto tra le parti, non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, come chiarito in questa sentenza.

Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di accordo?
Perché la norma che prevede tale sanzione ha lo scopo di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o palesemente infondate (inammissibilità originaria). La rinuncia a seguito di un accordo, invece, è un evento sopravvenuto che non indica che il ricorso fosse, in origine, pretestuoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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