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Rinuncia al ricorso: le spese legali secondo Cassazione

Un gruppo di medici specializzandi ha presentato rinuncia al ricorso in Cassazione riguardante il loro diritto a una retribuzione per gli anni di specializzazione non pagati. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio ma, a causa della presentazione tardiva della rinuncia (solo tre giorni prima dell’udienza), ha esercitato il suo potere discrezionale previsto dall’art. 391 c.p.c., condannando i medici a rimborsare una parte delle spese legali sostenute dallo Stato, motivando la decisione con la mancata possibilità per la controparte di evitare l’attività difensiva.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Attenzione alle Spese Legali

La decisione di presentare una rinuncia al ricorso in Cassazione può sembrare una via d’uscita per porre fine a un lungo contenzioso, ma non sempre esonera dal pagamento delle spese legali. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sul potere discrezionale del giudice nel decidere sulla ripartizione dei costi, soprattutto quando la rinuncia avviene a ridosso dell’udienza. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: La Lunga Attesa dei Medici Specializzandi

La vicenda trae origine da una causa intentata da un gruppo di medici contro lo Stato italiano. I professionisti chiedevano il risarcimento del danno per la tardiva attuazione di direttive comunitarie che, fin dagli anni ’70 e ’80, imponevano agli Stati membri di garantire un’adeguata retribuzione ai medici durante il periodo di specializzazione. Molti di loro avevano frequentato le scuole di specializzazione tra il 1979 e il 1990 senza percepire alcuna remunerazione.

Il Processo: Dalla Prescrizione alla Rinuncia in Cassazione

Il percorso giudiziario è stato complesso. In primo grado, il Tribunale di Roma aveva respinto le domande, ritenendo il diritto al risarcimento ormai prescritto. La sentenza era stata appellata, ma la Corte d’Appello aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile.
Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, i medici, a soli tre giorni dalla data fissata per la camera di consiglio, hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso, ponendo di fatto fine alla loro battaglia legale.

Le conseguenze della rinuncia al ricorso tardiva

Il punto centrale dell’ordinanza non è il merito della richiesta dei medici, ma la gestione delle conseguenze processuali della loro rinuncia. L’articolo 391 del Codice di Procedura Civile stabilisce che, se la rinuncia non viene accettata dalla controparte (come in questo caso), la Corte può provvedere sulle spese.
La Cassazione ha interpretato questo “può” come un potere discrezionale particolarmente ampio, che le consente di decidere sulle spese anche in deroga al principio della soccombenza. La Corte ha osservato che la rinuncia, essendo stata depositata solo tre giorni prima dell’udienza, non aveva sollevato la controparte (l’Avvocatura dello Stato) dall’onere di preparare le proprie difese. Pertanto, un’integrale compensazione delle spese sarebbe stata ingiusta.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando diversi punti chiave. In primo luogo, ha sottolineato come il ricorso dei medici fosse, in ogni caso, manifestamente inammissibile. La giurisprudenza su questo specifico tema è ormai consolidata da anni, e l’esito del ricorso sarebbe stato quasi certamente negativo per i ricorrenti. Questo ha contribuito a escludere una condanna per responsabilità aggravata (art. 96 c.p.c.) a loro carico.
Tuttavia, il momento scelto per la rinuncia è stato decisivo. Poiché la controparte aveva già svolto un’attività difensiva, la Corte ha ritenuto equo non addossarle interamente i costi. Di conseguenza, ha optato per una soluzione intermedia: ha compensato le spese per tre quarti e ha condannato i medici ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento del restante quarto. Per calcolare l’importo, la Corte ha determinato il valore della causa includendo non solo il capitale richiesto, ma anche gli interessi e la rivalutazione monetaria maturati per decenni, arrivando a uno scaglione di valore compreso tra 260.001 e 520.000 euro, liquidando il quarto residuo in 4.522 euro.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica: la rinuncia al ricorso non è una garanzia di immunità dalle spese legali. La scelta dei tempi è fondamentale. Una rinuncia presentata con largo anticipo ha maggiori probabilità di portare a una compensazione totale delle spese. Al contrario, una rinuncia tardiva, che non evita alla controparte di sostenere costi per la propria difesa, espone il rinunciante al rischio concreto di una condanna, seppur parziale, al pagamento delle spese processuali. La decisione finale spetta sempre al potere discrezionale della Corte, che valuta le circostanze specifiche del caso.

Se si rinuncia a un ricorso in Cassazione, si devono pagare le spese legali della controparte?
Non sempre, ma è molto probabile. L’ordinanza chiarisce che la Corte di Cassazione ha il potere discrezionale di decidere sulle spese. Se la rinuncia non è accettata e avviene a ridosso dell’udienza, come in questo caso, la Corte può condannare il rinunciante a pagare una parte o la totalità delle spese della controparte.

Perché la Corte ha condannato i ricorrenti a pagare solo una parte delle spese?
La Corte ha deciso per una compensazione parziale (per tre quarti), condannando al pagamento del restante quarto, perché la rinuncia al ricorso è stata depositata solo tre giorni prima dell’udienza. Questo non ha permesso alla controparte di evitare il lavoro di preparazione. La Corte ha bilanciato il fatto della rinuncia con il tardivo momento in cui è avvenuta.

Cosa significa che un ricorso è ‘manifestamente inammissibile’?
Significa che l’impugnazione è palesemente priva dei requisiti di legge per essere esaminata nel merito. In questo caso, la Corte ha specificato che, anche senza la rinuncia, il ricorso sarebbe stato comunque respinto in via preliminare perché si basava su principi già ampiamente consolidati dalla giurisprudenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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