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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Un’appellante, condannata in primo e secondo grado al risarcimento danni, presenta ricorso in Cassazione. Prima dell’udienza, deposita un atto di rinuncia al ricorso a seguito di un accordo transattivo tra le parti. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del giudizio e, in virtù dell’accordo, dispone la compensazione integrale delle spese legali, derogando al principio generale che le addebita alla parte rinunciante.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Estinzione del Giudizio e Compensazione delle Spese

La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento processuale che consente di porre fine a una controversia in modo definitivo. Tuttavia, le sue conseguenze, specialmente per quanto riguarda la ripartizione delle spese legali, possono non essere immediate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come un accordo tra le parti possa influenzare la decisione del giudice sulla condanna alle spese, anche in presenza di una rinuncia. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Dal Risarcimento del Danno alla Rinuncia in Cassazione

La vicenda trae origine da una causa per responsabilità da fatto illecito. Una persona, erede del soggetto originariamente coinvolto, veniva condannata dal Tribunale al risarcimento di un danno di oltre 41.000 euro in favore degli eredi della controparte. La decisione veniva confermata integralmente dalla Corte d’Appello.

Non arrendendosi, la parte soccombente decideva di presentare ricorso per cassazione, basandolo su tre distinti motivi di impugnazione. Le controparti si difendevano depositando un controricorso congiunto.

Tuttavia, prima che la Corte Suprema potesse esaminare il merito della questione, si verificava un colpo di scena: il difensore della ricorrente depositava un atto di rinuncia al ricorso. Tale atto era motivato da una scrittura privata, sottoscritta da tutte le parti in causa, con la quale le stesse avevano deciso di risolvere transattivamente la lite. Elemento cruciale di questo accordo era la clausola che prevedeva la completa compensazione delle spese legali del giudizio di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la gestione delle spese

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Il punto focale della decisione, però, non è stata la semplice presa d’atto della fine del processo, bensì la gestione delle spese legali.

La Corte ha deciso di compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti, accogliendo di fatto quanto stabilito nel loro accordo privato. Questa decisione si discosta dalla regola generale, che vedremo nel dettaglio nelle motivazioni.

Le Motivazioni: La Discrezionalità del Giudice e il Peso dell’Accordo Transattivo

Il Codice di procedura civile, all’art. 391, stabilisce che la parte che rinuncia al ricorso debba essere condannata a pagare le spese legali alla controparte, a meno che quest’ultima non accetti la rinuncia senza pretese sulle spese. Questo si basa sul cosiddetto principio di causalità: chi ha dato inizio a un giudizio e poi lo abbandona, deve farsi carico dei costi che ha generato.

Tuttavia, la Corte ha sottolineato che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 40/2006, la condanna alle spese in caso di rinuncia non è più un automatismo. Il giudice ha un potere discrezionale e può decidere di non condannare il rinunciante se sussistono ragioni idonee a superare il principio di causalità.

Nel caso specifico, la ragione idonea è stata individuata proprio nell’accordo transattivo intervenuto tra le parti. La Corte ha ritenuto che la volontà comune, espressa nella scrittura privata, di considerare le spese interamente compensate, costituisse un elemento giustificativo sufficiente per derogare alla regola generale. Il Collegio ha quindi deciso di allinearsi alla volontà delle parti, compensando le spese come da loro convenuto.

Un’ulteriore importante precisazione riguarda il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato (richiamando la sentenza Cass. n. 25485/2018) secondo cui la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia esclude l’obbligo per la parte impugnante di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già pagato, previsto invece in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la via della transazione è sempre percorribile, anche quando la causa è giunta all’ultimo grado di giudizio. Un accordo ben strutturato può non solo risolvere la controversia principale, ma anche regolare in modo efficace l’aspetto accessorio, ma spesso oneroso, delle spese legali. In secondo luogo, ribadisce la discrezionalità del giudice della Cassazione nel decidere sulle spese in caso di rinuncia al ricorso. La presenza di un accordo tra le parti che prevede la compensazione è un fattore che la Corte considera determinante per discostarsi dalla regola della condanna a carico del rinunciante, valorizzando così l’autonomia negoziale delle parti nel definire i loro rapporti.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione e la sentenza impugnata diventa definitiva.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Di regola, la parte che rinuncia al ricorso è condannata a pagare le spese legali alla controparte (principio di causalità). Tuttavia, il giudice può decidere diversamente, ad esempio compensando le spese, se esistono ragioni valide, come un accordo transattivo tra le parti che preveda tale compensazione.

Con la rinuncia al ricorso si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La declaratoria di estinzione del giudizio per intervenuta rinuncia esclude l’applicabilità della norma (art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002) che obbliga la parte impugnante non vittoriosa a versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già versato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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