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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di un ex amministratore di una banca sanzionato da un’autorità di vigilanza. L’ordinanza chiarisce che la rinuncia comporta la condanna del rinunciante al pagamento delle spese legali, anche in assenza di accettazione da parte della controparte. Questo caso sottolinea le conseguenze procedurali ed economiche della rinuncia al ricorso.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: Estinzione del Giudizio e Condanna alle Spese

La decisione di impugnare un provvedimento sfavorevole e, successivamente, di fare un passo indietro, può avere conseguenze procedurali ed economiche significative. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la rinuncia al ricorso porti inevitabilmente all’estinzione del giudizio e alla condanna alle spese legali, un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sanzione amministrativa pecuniaria di 22.000 euro inflitta dall’Autorità di Vigilanza bancaria a un ex componente del consiglio di amministrazione di una Banca di Credito Cooperativo. Le contestazioni riguardavano carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi, oltre a mancate segnalazioni all’Organismo di Vigilanza.

L’amministratore sanzionato aveva inizialmente proposto opposizione davanti alla Corte d’Appello, chiedendo l’annullamento del provvedimento sanzionatorio. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto l’opposizione, confermando la legittimità della sanzione.

Contro questa decisione, l’amministratore aveva quindi proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, in una fase successiva del giudizio, lo stesso ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, cambiando le sorti del procedimento.

La Decisione della Corte: La Rinuncia al Ricorso e le sue Conseguenze

Di fronte all’atto di rinuncia, la Corte di Cassazione ha applicato rigorosamente le norme del codice di procedura civile. L’ordinanza ha dichiarato estinto il giudizio, ponendo fine alla controversia prima di un esame nel merito dei motivi di ricorso.

La Corte ha constatato che l’atto di rinuncia possedeva tutti i requisiti formali richiesti dall’articolo 390 del codice di procedura civile. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 391 dello stesso codice, non vi erano alternative alla dichiarazione di estinzione del processo.

Elemento cruciale della decisione è la statuizione sulle spese. La Corte ha condannato il ricorrente, che aveva rinunciato all’impugnazione, a rimborsare all’Autorità di Vigilanza le spese legali del giudizio di cassazione, liquidate in 2.600,00 euro, oltre accessori. È stato inoltre chiarito che non sussisteva l’obbligo per il ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come invece accade in caso di rigetto del ricorso.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la rinuncia è un atto unilaterale che determina l’immediata estinzione del giudizio. La legge non richiede, per la sua efficacia, l’accettazione da parte della controparte (la controricorrente).

L’effetto automatico della rinuncia è la cessazione della materia del contendere. Tuttavia, il processo ha comunque avuto un costo per la parte che si è dovuta difendere. Per questo motivo, la legge pone a carico del rinunciante le spese sostenute dalla controparte fino a quel momento. La Corte specifica, infatti, che le spese sono a carico del ricorrente ‘in difetto di adesione alla rinuncia da parte della Banca d’Italia’. Questo significa che, anche se la controparte non ha formalmente accettato la rinuncia, il rinunciante è comunque tenuto a pagare le spese legali. La logica è quella di ristorare la parte convenuta in giudizio per l’attività difensiva svolta inutilmente a causa del ripensamento dell’attore.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce una regola fondamentale per chiunque intenda intraprendere un percorso giudiziario: la decisione di rinunciare a un ricorso ha conseguenze precise e inevitabili. Comporta, da un lato, l’estinzione del procedimento, ma, dall’altro, l’obbligo di farsi carico delle spese legali sostenute dalla controparte. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente non solo l’avvio di un’azione legale, ma anche la sua eventuale interruzione, essendo le implicazioni economiche una componente non trascurabile della strategia processuale.

Cosa succede se un ricorrente decide di rinunciare al proprio ricorso in Cassazione?
In base all’art. 391 del codice di procedura civile, la rinuncia al ricorso comporta la dichiarazione di estinzione del giudizio da parte della Corte. Il processo si conclude senza una decisione sul merito della questione.

La parte avversaria deve accettare la rinuncia perché questa sia valida?
No. La Corte ha chiarito che le spese sono a carico del ricorrente anche in difetto di adesione alla rinuncia da parte della controparte. La rinuncia è un atto unilaterale che produce i suoi effetti a prescindere dall’accettazione.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
Le spese del giudizio di cassazione sono a carico della parte che ha rinunciato al ricorso. Questa è condannata a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte per difendersi nel procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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