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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Una società di trasporti, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole sulla retribuzione feriale dei dipendenti, presenta una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del processo e, applicando il principio della soccombenza virtuale, condanna la società a rifondere le spese legali ai lavoratori, basandosi sull’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: Estinzione del Processo e Condanna alle Spese

La decisione di presentare una rinuncia al ricorso in Cassazione è una mossa strategica che chiude definitivamente un contenzioso, ma non è priva di conseguenze. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce come, anche in caso di estinzione del processo, la parte rinunciante sia tenuta a pagare le spese legali in base al principio della soccombenza virtuale, soprattutto quando l’esito del giudizio appariva già segnato da un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da un’azione legale promossa da un gruppo di lavoratori di una grande società di trasporti ferroviari, con mansioni di macchinista e capotreno. I dipendenti avevano ottenuto in primo e secondo grado una sentenza favorevole che dichiarava la nullità di alcune clausole dei contratti collettivi nazionali. Tali clausole limitavano ingiustamente il calcolo della retribuzione da corrispondere durante i periodi di ferie, escludendo alcuni emolumenti.

La società datrice di lavoro, non accettando la decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, in una fase successiva del procedimento, la stessa società ha depositato un atto di rinuncia, chiedendo di fatto la chiusura del giudizio.

La Rinuncia al Ricorso e l’Estinzione del Processo

La rinuncia è un atto unilaterale che non necessita dell’accettazione della controparte per essere efficace. La sua presentazione determina automaticamente l’estinzione del processo, come previsto dall’art. 390 c.p.c. Questo comporta una conseguenza fondamentale: la sentenza impugnata passa in giudicato, diventando definitiva e non più contestabile. I lavoratori, pur prendendo atto della rinuncia, hanno insistito per la liquidazione delle spese processuali sostenute per difendersi in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte e la Soccombenza Virtuale

La Corte di Cassazione, accogliendo la richiesta dei lavoratori, ha dichiarato l’estinzione del processo e ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda sul principio della soccombenza virtuale, delineato dall’art. 391, secondo comma, c.p.c.

Gli Ermellini hanno spiegato che, sebbene il processo si sia estinto senza una decisione nel merito, è necessario valutare quale parte avrebbe verosimilmente perso la causa. In questo caso, la Corte ha rilevato l’esistenza di un “univoco orientamento espresso” su ricorsi analoghi, che vedeva costantemente soccombente la società di trasporti su questioni identiche. La stessa società, nel suo atto di rinuncia, aveva ammesso di essere a conoscenza di questo orientamento consolidato.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il ricorso della società sarebbe stato con ogni probabilità respinto. Questa valutazione ha giustificato la condanna al pagamento delle spese, poiché la rinuncia, seppur legittima, non può vanificare il diritto della controparte a vedersi rimborsati i costi sostenuti per una difesa che si sarebbe rivelata vittoriosa. Inoltre, la Corte ha chiarito che l’estinzione per rinuncia esonera la parte dal versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato, previsto invece per i casi di rigetto o inammissibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: la rinuncia al ricorso è una scelta che cristallizza la situazione giuridica esistente, ma non cancella le responsabilità processuali. La condanna alle spese basata sulla soccombenza virtuale serve a tutelare la parte che, pur avendo ragione, è stata costretta a difendersi in un ulteriore grado di giudizio. Questa decisione sottolinea l’importanza per le parti di valutare attentamente non solo le probabilità di successo di un’impugnazione, ma anche gli orientamenti giurisprudenziali già consolidati, per evitare di intraprendere iniziative processuali destinate all’insuccesso e gravate da ulteriori oneri economici.

Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia produce l’estinzione del processo. Di conseguenza, la sentenza che era stata impugnata diventa definitiva e non può più essere modificata.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Le spese sono poste a carico della parte che rinuncia, sulla base del principio della “soccombenza virtuale”. Il giudice valuta quale sarebbe stato l’esito probabile del giudizio e condanna la parte che avrebbe perso a pagare le spese legali della controparte.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del processo per rinuncia esonera la parte ricorrente dal versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, che è invece dovuto in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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