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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

L’ordinanza analizza il caso di eredi che, dopo aver perso in due gradi di giudizio una causa di usucapione contro un Comune per un terreno, presentano ricorso in Cassazione. Successivamente, effettuano una rinuncia al ricorso per mancanza di interesse. La Corte Suprema, prendendo atto della rinuncia, dichiara l’estinzione del giudizio e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese legali a favore del Comune, sottolineando come la condanna segua la rinuncia anche in assenza di accettazione da parte della controparte.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio delle conseguenze procedurali derivanti dalla rinuncia al ricorso presentato in Corte di Cassazione. Sebbene la controversia originaria riguardasse un’interessante questione di usucapione su un bene pubblico, la decisione finale si concentra esclusivamente sull’atto di rinuncia e sulla conseguente regolamentazione delle spese di lite. Questo provvedimento ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: chi decide di abbandonare la via del giudizio di legittimità deve farsi carico dei costi sostenuti dalla controparte.

La vicenda processuale: dalla richiesta di usucapione alla Cassazione

La controversia trae origine dalla richiesta di alcuni eredi di veder riconosciuto il loro acquisto per usucapione di una porzione di terreno. Anni prima, il loro dante causa aveva ceduto al Comune diversi terreni per la realizzazione di opere di urbanizzazione. Tuttavia, una parte di questi terreni, sebbene formalmente trasferita, non era mai stata utilizzata per gli scopi pubblici previsti, rimanendo di fatto nella disponibilità esclusiva dei venditori.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda degli eredi. I giudici di merito avevano ritenuto che il bene fosse entrato a far parte del patrimonio indisponibile dell’ente e che gli attori non avessero fornito prova del possesso utile all’usucapione, ma solo di una mera detenzione.

Insoddisfatti, gli eredi hanno proposto ricorso per cassazione, articolando cinque distinti motivi di censura contro la sentenza d’appello.

I motivi del ricorso originario

Prima di giungere alla rinuncia, i ricorrenti avevano basato la loro impugnazione su diverse argomentazioni, tra cui:

1. Nullità della sentenza per difetto di motivazione.
2. Violazione di norme processuali (art. 342 c.p.c.), contestando la presunta inammissibilità dell’appello.
3. Errata applicazione della disciplina sui beni pubblici (art. 826 c.c.), sostenendo che il bene non fosse mai stato effettivamente destinato all’uso pubblico.
4. Violazione delle norme sul possesso e l’usucapione (artt. 1140, 1141, 1158 c.c.), poiché i giudici avrebbero erroneamente qualificato la loro situazione come mera detenzione.
5. Violazione delle regole sull’onere della prova in materia di possesso (artt. 1141 e 2697 c.c.).

Questi motivi, tuttavia, non sono mai stati esaminati nel merito a causa della successiva evoluzione processuale.

L’epilogo: la Rinuncia al ricorso e i suoi effetti

In una fase avanzata del giudizio di legittimità, i ricorrenti hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse. Questo atto processuale, disciplinato dall’art. 390 del codice di procedura civile, determina una precisa conseguenza: l’estinzione del giudizio.

La Corte di Cassazione, ricevuta la rinuncia, non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare chiuso il processo. L’aspetto cruciale della decisione riguarda la gestione delle spese legali.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni dell’ordinanza sono concise e strettamente procedurali. La Corte rileva che l’atto di rinuncia è stato depositato conformemente alle disposizioni di legge. Di conseguenza, l’unica decisione possibile è la declaratoria di estinzione del giudizio.

Il punto centrale della motivazione riguarda le spese. La Corte chiarisce che, anche in assenza di un’accettazione formale della rinuncia da parte del controricorrente (il Comune), la parte che rinuncia è tenuta a rimborsare le spese legali alla controparte. Questo principio serve a garantire che la parte che ha dovuto difendersi in giudizio non subisca un danno economico a causa dell’iniziativa processuale altrui, successivamente abbandonata.

La Corte ha quindi proceduto a liquidare le spese, condannando i ricorrenti al pagamento di una somma a titolo di compensi, oltre a spese forfettarie, esborsi e accessori di legge.

Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza, pur non decidendo nel merito una complessa questione di diritto immobiliare, offre importanti spunti di riflessione sul piano processuale. La rinuncia al ricorso è uno strumento a disposizione della parte per porre fine a una lite che non ritiene più utile o conveniente proseguire. Tuttavia, questa scelta non è priva di conseguenze. La decisione conferma che l’abbandono del giudizio comporta l’automatica assunzione della responsabilità per le spese processuali sostenute dalla controparte. Si tratta di un monito per chi intraprende un’azione legale: la decisione di desistere ha un costo che il sistema processuale pone a carico di chi ha originato e poi interrotto il contenzioso.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo fine al processo senza una decisione sul merito dei motivi presentati.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
La parte che rinuncia al ricorso è condannata a pagare le spese legali sostenute dalla controparte. L’ordinanza specifica che ciò avviene anche se la controparte non accetta formalmente la rinuncia.

La rinuncia al ricorso necessita dell’accettazione della controparte per essere efficace?
No, in base all’ordinanza, l’atto di rinuncia è di per sé sufficiente a determinare l’estinzione del giudizio. La principale conseguenza, anche senza accettazione, è la condanna alle spese a carico di chi rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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