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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

La Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della rinuncia al ricorso. Con l’ordinanza n. 3543/2024, ha dichiarato estinto un processo a seguito della rinuncia dei ricorrenti. La Corte ha stabilito che, anche in assenza di accettazione della controparte, può disporre la compensazione delle spese legali, esercitando il proprio potere discrezionale in presenza di posizioni processuali omogenee tra i rinuncianti.

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Rinuncia al ricorso: quando le spese legali vengono compensate?

La rinuncia al ricorso per Cassazione è un atto che determina l’estinzione del processo, ma quali sono le conseguenze sulle spese legali? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su come viene gestita la condanna alle spese, specialmente quando la rinuncia non è accettata da tutte le controparti. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata pratica.

I Fatti del Caso

Tre soggetti, due professionisti e una società di consulenza, avevano visto respinte le loro domande di insinuazione al passivo nel fallimento di una società energetica. I crediti vantati riguardavano compensi per l’attività di collegio sindacale e per servizi di revisione e assistenza. Ritenendo ingiusta la decisione del Tribunale, i tre creditori avevano proposto distinti ricorsi per Cassazione, successivamente riuniti in un unico procedimento. La curatela fallimentare si era costituita in giudizio per difendersi.

Durante il processo, tutti e tre i ricorrenti hanno depositato atti di rinuncia al ricorso. Tuttavia, solo la rinuncia presentata dalla società di consulenza è stata formalmente accettata dalla curatela fallimentare, con un accordo per la compensazione integrale delle spese legali. Per gli altri due professionisti, invece, non è pervenuta alcuna accettazione formale della rinuncia.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo per tutti i ricorrenti, ma ha dovuto affrontare in modo distinto la questione delle spese legali, data la differente situazione procedurale.

La Rinuncia Accettata e le Spese

Per quanto riguarda la società ricorrente, la cui rinuncia è stata accettata con un accordo sulle spese, la Corte ha stabilito che l’adesione della controparte preclude qualsiasi statuizione giudiziale sui costi del giudizio. L’accordo tra le parti sulla compensazione è vincolante e chiude la questione.

La Rinuncia non Accettata e il Potere Discrezionale della Corte

Più complesso è stato il caso dei due professionisti. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la rinuncia al ricorso, se ritualmente proposta, causa l’estinzione del giudizio a prescindere dall’accettazione della controparte. Questo comporta il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. In tale scenario, la Corte mantiene il potere di decidere sulle spese.

Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ha esercitato il potere discrezionale conferitole dall’articolo 391, secondo comma, del codice di procedura civile. Valutando la “sostanziale omogeneità” tra le posizioni di tutti i ricorrenti, ha deciso di estendere la compensazione delle spese anche ai due professionisti, accogliendo la richiesta formulata nei loro stessi atti di rinuncia.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una lettura combinata delle norme processuali. L’articolo 391 c.p.c. stabilisce che la rinuncia, anche se non accettata, estingue il processo. Ciò non toglie alla Corte il potere di condannare il rinunciante alle spese. Tuttavia, il secondo comma della stessa norma attribuisce alla Corte un potere discrezionale per decidere diversamente. In questo caso, l’omogeneità delle posizioni processuali e la richiesta esplicita dei rinuncianti hanno giustificato una decisione uniforme per tutti, allineando il trattamento a quello della parte la cui rinuncia era stata accettata. La Corte ha ritenuto equo assecondare la richiesta di compensazione, evitando disparità di trattamento in una situazione sostanzialmente identica.

Infine, la Corte ha precisato che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002. Questa norma prevede il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per la parte che ha impugnato senza successo. Poiché il processo si estingue per rinuncia e non per una decisione di rigetto, tale obbligo non sorge.

Le conclusioni

L’ordinanza offre due importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso è un atto efficace per chiudere un contenzioso, anche senza il consenso della controparte. In secondo luogo, evidenzia il potere discrezionale della Corte di Cassazione nella gestione delle spese, che può portare alla compensazione anche in assenza di un accordo, qualora sussistano ragioni di equità e omogeneità tra le posizioni delle parti. Questa flessibilità permette di adattare la decisione alle specificità del caso concreto, promuovendo una soluzione equilibrata.

Cosa succede se si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La presentazione di una rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del processo. Questo significa che il procedimento si chiude senza una decisione nel merito e la sentenza precedentemente impugnata diventa definitiva.

Se la controparte non accetta la rinuncia, il rinunciante deve sempre pagare le spese legali?
Non necessariamente. Sebbene la regola generale preveda la condanna alle spese per la parte rinunciante, la Corte di Cassazione ha il potere discrezionale di decidere diversamente, ad esempio disponendo la compensazione delle spese, come avvenuto in questo caso, se lo ritiene opportuno in base alle circostanze.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, è dovuto il pagamento del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio per rinuncia esclude l’obbligo per la parte impugnante di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato, poiché tale obbligo sorge solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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